
Un’immagine, tratta dalle Sacre Scritture, simboleggia la paradossale e pericolosissima situazione nella quale l’emergenza sanitaria sta diventando tragedia sociale: la torre di Babele. In tempo di pandemia, la moltiplicazione delle task force di rinomati esperti e dei centri decisionali rende ancora più angosciosa la condizione dei cittadini, costretti a decifrare linguaggi tra loro inconciliabili che fanno sfociare la burocrazia in accanimento. Come nella Bibbia, la sovrapposizione di idiomi incomprensibili che tra loro non comunicano anzi confliggono, diventa causa ed emblema di rovina e condanna divina, così, il diluvio di carte, ordinanze, decreti, autocertificazioni ostacolano una ripresa già notevolmente difficoltosa e sempre più sofferta. Per evitare che l’intero impianto normativo crolli come la torre di Babele su un tessuto socio-economico già duramente provato da due mesi di lockdown, c’è bisogno immediatamente di un sussulto di dignità e soprattutto di concretezza. Come non smetterò mai di ripetere ovunque, il nuovo abbraccio al tempo della distanza di sicurezza deve essere un aiuto concreto da parte delle istituzioni nazionali e locali. Meno parole, più fatti. Tante persone ci descrivono il vero e proprio calvario al quale devono sottoporsi quotidianamente per richiedere i sussidi indispensabili a tenere in vita le attività e i mestieri che soli possono garantire la prosecuzione di una normale convivenza civile.
In tempi normali la burocrazia ferisce e danneggia, in questa situazione disperata la burocrazia uccide. Ne abbiamo avuto una sanguinosa testimonianza con il suicidio che a Napoli ha spezzato l’esistenza di un titolare di azienda e conseguentemente la serenità della sua famiglia e dei dipendenti. Lo sconforto culminato in un gesto così estremo e irreversibile è lo stesso che serpeggia, come il maligno nel giardino dell’Eden, tra milioni di cittadini che non sanno quanto e come potranno sopportare un’ulteriore decurtazione del proprio reddito.
In una delle ultime udienze generali, il Papa ha lanciato un accorato appello per richiamare l’attenzione dei governanti sulla dignità del lavoro che viene oggi sottoposto ad un inaudito declassamento a causa della pandemia. Non sono solo le inammissibili lungaggini burocratiche che costringono, senza alcuna ragione, a interminabili istruttorie prima di sapere se verranno concessi o no finanziamenti che risulteranno comunque tardivi e che imporranno, come una spada di Damocle, una restituzione gravosa che contrasta con la logica di una ripresa che nella migliore delle ipotesi sarà lenta e graduale.
Un muro di gomma contro il quale si scontrano e si disperano milioni di famiglie e di realtà economiche. Si favoleggia che nulla sarà più come prima. L’economia dovrà diventare più etica, la comunità sarà obbligata a maggior senso di condivisione, le singole libertà andranno modulate e in alcuni casi limitate per il superiore interesse comune, le religioni piegate alla ragione di Stato e alla realpolitik. In tutto questo c’è un unico universo che non sembra minimamente scalfito dalla rivoluzione in atto ed è quello della politica, con annessa amministrazione pubblica. Qui, nella casta rigenerata e intoccabile del potere, (che cambia forma per mantenere i contenuti) sembra che il Covid-19 sia una Giano Bifronte da tirare da un estremo all’altro a seconda delle convenienze. Un giorno torniamo a sentire che è una semplice influenza, il giorno dopo è un’apocalisse dalla quale non ci salveranno né il vaccino (chissà quando sarà pronto) né riaperture progressive che altra ragione non hanno se non quella di tentare una strada di cui si ignora lo sbocco.
In tre punti il mio auspicio alla classe dirigente. Abbandonare subito i balletti stucchevoli della litigiosità partitica. Azzerare i tempi necessari a mettere nelle tasche dei cittadini le risorse, senza onerose mediazioni. Regolarizzare le posizioni lavorative nei contesti (sanità, assistenza domiciliare, agricoltura) che si sono dimostrati vitali per la filiera della nostra sopravvivenza. Con una postilla finale prima di parlare di riapertura totale predisporre per aziende e scuole l’indispensabile dotazioni di sicurezza e test diagnostici.
Se Parigi val bene una Messa, a Roma sarà difficile che tutto ciò accada nel breve volgere di una celebrazione concessa.
(Tratto da www.interris.it)
In tempi normali la burocrazia ferisce e danneggia, in questa situazione disperata la burocrazia uccide. Ne abbiamo avuto una sanguinosa testimonianza con il suicidio che a Napoli ha spezzato l’esistenza di un titolare di azienda e conseguentemente la serenità della sua famiglia e dei dipendenti. Lo sconforto culminato in un gesto così estremo e irreversibile è lo stesso che serpeggia, come il maligno nel giardino dell’Eden, tra milioni di cittadini che non sanno quanto e come potranno sopportare un’ulteriore decurtazione del proprio reddito.
In una delle ultime udienze generali, il Papa ha lanciato un accorato appello per richiamare l’attenzione dei governanti sulla dignità del lavoro che viene oggi sottoposto ad un inaudito declassamento a causa della pandemia. Non sono solo le inammissibili lungaggini burocratiche che costringono, senza alcuna ragione, a interminabili istruttorie prima di sapere se verranno concessi o no finanziamenti che risulteranno comunque tardivi e che imporranno, come una spada di Damocle, una restituzione gravosa che contrasta con la logica di una ripresa che nella migliore delle ipotesi sarà lenta e graduale.
Un muro di gomma contro il quale si scontrano e si disperano milioni di famiglie e di realtà economiche. Si favoleggia che nulla sarà più come prima. L’economia dovrà diventare più etica, la comunità sarà obbligata a maggior senso di condivisione, le singole libertà andranno modulate e in alcuni casi limitate per il superiore interesse comune, le religioni piegate alla ragione di Stato e alla realpolitik. In tutto questo c’è un unico universo che non sembra minimamente scalfito dalla rivoluzione in atto ed è quello della politica, con annessa amministrazione pubblica. Qui, nella casta rigenerata e intoccabile del potere, (che cambia forma per mantenere i contenuti) sembra che il Covid-19 sia una Giano Bifronte da tirare da un estremo all’altro a seconda delle convenienze. Un giorno torniamo a sentire che è una semplice influenza, il giorno dopo è un’apocalisse dalla quale non ci salveranno né il vaccino (chissà quando sarà pronto) né riaperture progressive che altra ragione non hanno se non quella di tentare una strada di cui si ignora lo sbocco.
In tre punti il mio auspicio alla classe dirigente. Abbandonare subito i balletti stucchevoli della litigiosità partitica. Azzerare i tempi necessari a mettere nelle tasche dei cittadini le risorse, senza onerose mediazioni. Regolarizzare le posizioni lavorative nei contesti (sanità, assistenza domiciliare, agricoltura) che si sono dimostrati vitali per la filiera della nostra sopravvivenza. Con una postilla finale prima di parlare di riapertura totale predisporre per aziende e scuole l’indispensabile dotazioni di sicurezza e test diagnostici.
Se Parigi val bene una Messa, a Roma sarà difficile che tutto ciò accada nel breve volgere di una celebrazione concessa.
(Tratto da www.interris.it)
Grazie don Buonaiuto, articolo da incorniciare. In marzo anche il sottoscritto ha vissuto l’esperienza del contagio. Per fortuna, sul piano strettamente sanitario, non ho subito conseguenze drammatiche: nessuna difficoltà respiratoria soltanto una febbre che non se ne andava con i tradizionali rimedi(un po’ come è capitato al segretario PD Zingaretti… ero in buona compagnia!). Ma il lato oscuro di tutta la vicenda è rappresentato dall’impatto con la burocrazia delle ASL. Innanzitutto quando mi sono presentato al pronto soccorso, invitato dal mio medico di base (i medici del territorio sono stati deprivati di qualsivoglia strumento per affrontare l’emergenza: e sono la nostra potenza di fuoco sul territorio!) e da altri amici medici un’arcigna signora della protezione civile incaricata del triage non voleva consentirmi l’accesso: ho dovuto ricorrere a qualche espediente per essere ammesso nel pronto soccorso. Dove sono stato visitato con cortesia e competenza e dove mi è stato consegnato un blister di Plaquenil (il farmaco antivirale che era sparito dalle farmacie); iniziata la cura, già il giorno dopo ero sfebbrato. Ma l’ASL non mi ha inviato l’ordine di quarantena (a cui mi sono sottoposto volontariamente) e soltanto più di un mese più tardi sono stato sottoposto ai tamponi di controllo risultati entrambi negativi. Dopo un’ulteriore attesa di 10 giorni (si era ormai a maggio) mi è stato recapitato il decreto che attestava la mia guarigione e… l’ordine di quarantena che volevo esibire al mio datore di lavoro risalente al 24 marzo (lo avevo richiesto più volte ma dopo il primo tampone negativo mi avevano inviato un ordine di quarantena… a partire dal 18 di aprile! Hanno riconosciuto l’errore, tardivamente). Se la ASL/SISP ha brillato per confusione burocratica e lentezza del tutto positivo è il mio giudizio sul neocostituito Centro COVID: mi telefonavano ogni mattina per informarsi delle mie condizioni generali di salute e dell’eventuale stato febbrile e mi hanno anche anticipato verbalmente la buona notizia del risultato negativo dei tamponi ( molto in anticipo rispetto alla comunicazione ufficiale dell’ASL); purtroppo al centro Covid non erano stati trasferiti i poteri normativi che sono sempre rimasti in capo all’ASL/SISP. Più in generale: vorrei che gli amici impegnati direttamente in politica e presenti nelle istituzioni comprendessero una volta per tutte che uno dei problemi principali del nostro Paese è la burocrazia; ieri come oggi il buon funzionamento di un sistema politico-amministrativo complesso dipende strettamente dall’efficienza delle burocrazie. Non sarà facile né breve. Ne so qualcosa essendomi occupato a lungo durante la mia vita professionale di organizzazione e “process reengineering” (in ambito privato). Ma dobbiamo avviare un progetto nazionale ambizioso e di vasto respiro. Vi si dedicò in passato il compianto Ermanno Gorrieri individuando lucidamente la connessione stretta fra efficienza della P.A. e giustizia sociale. Non bastano le soluzioni a macchia di leopardo generate dalle Regioni e dai Comuni più virtuosi che agiscono su ambiti locali necessariamente circoscritti.
Parliamo di politica Killer, e di una PA irrispettosa e squilibrata. Alti dirigenti per non assumersi le responsabilità bloccano i progetti per anni, alcuni si sono inventati lo sciopero della firma. C’è poco senso civico ed eccessivo bizantinismo, si possono superare soltanto con i controlli ispettivi di un corpo speciale della Guardia di finanza + Magistratura ed inoltre con la nomina di manager meritevoli capaci ed intraprendenti. Ma se i ministri sono come quelli che abbiamo ora, non possiamo meravigliarci delle invasioni barbariche dai Balcani e dal sud Mediterraneo. L’Italia si salverà soltanto se ripartono i cantieri e si da corso alla riforma organizzativa maggiormente efficiente, come è stata prevista dal Piano MID 2025 – Strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese. Un documento redatto da illustri professori e scienziati. In primis si deve tenere presente che il mondo va verso l’INDUSTRIA 4.0 e l’AGRITECH, che l’Olanda pratica da già da anni facendo concorrenza all’Italia e tutti ai paesi con agricoltura economicamente insostenibile. Convengo con il recente giudizio di esperti economisti: “si assiste, ormai da alcuni decenni, ad un rilevante calo del numero di imprese agricole, aspetto accentuatosi negli ultimi anni, derivante dalla fine di un modello agricolo familiare ormai obsoleto”. Non possiamo ancora tenere in vita un sistema arcaico con migliaia di braccianti, che tra qualche anno non sapremo come e dove allocare. Una decisione politica incompatibile con l’loT, che ci permetterebbe di produrre e vendere innovazione. Sono da sempre un lapiriano cattolico osservante ed affermo senza remore che, occorre tenere distinte la Misericordia e la Carità cristiana dalle leggi dello Stato. Dobbiamo far prevalere il comportamento equilibrato insegnatoci da Paolo VI, altrimenti rischiamo di cadere nella confusione più nera. Agendo surrettiziamente agevoliamo l’opportunismo politico di piccoli partiti, che ricattano spesso lo Stato, calpestando il desiderio di milioni di italiani. A titolo d’esempio avverto che stiamo rischiando grosso, la BCE salva l’Italia dal default, ma non è ancora tutto deciso. Un altro sintomo grave è sotto gli occhi di tutti: ogni giorno, dalle prime ore, ci sono lunghe code all’ingresso dei Banchi prestito su pegno, ovunque da nord a sud. Se ci indebitiamo ulteriormente, condanniamo alla miseria i nostri figli e nipoti (No – Mes)
Allora perché aumentare i poveri con ulteriori regolarizzazioni?
Perciò sarebbe giusto un progetto organico preliminare, da sottoporre a referendum popolare!
Siamo assediati, occorre agire presto e ad ogni costo. Sono previsti milioni di nuovi arrivi! Gli italiani ragionevoli propongono una manifestazione europea. Questi presunti profughi si aiutano a casa loro insegnandogli come si pesca e non con il regalo del pesce, altrimenti l’UE non avrà avvenire! La disoccupazione è al 20%, aumenta lo spread e il debito pubblico! “Senza preliminari permessi” non è ammessa l’ACCOGLIENZA AGLI IRREGOLARI, altrimenti in futuro non potremo essere d’aiuto agli altri e salvare il Creato! Occorre armonia e non dividere con leggi pericolose e inopportune. Nel 2050 saremo 9 miliardi, l’incremento maggiore si verifica nell’Africa equatoriale, con il potenziale innesco alla terza guerra mondiale! La tecnologia è in ritardo rispetto alla crescita della popolazione globale, si deve porre in atto il rallentamento delle nascite nei Paesi del Terzo mondo e impedire la crescita smisurata delle megalopoli (Bartra all), sono fonte di delinquenza, malattie e miseria.
Solo due brevissime chiose a questo intervento complesso e articolato.
Le innovazioni tecnologiche non devono seguire imperterrite la loro strada in solitaria. E’ necessario che la politica le governi e le indirizzi al bene comune. Proprio quella politica che è stata messa in ombra un po’ in tutto l’Occidente. L’industria 4.0 promette opportunità ma anche rischi: quello della sparizione di molti mestieri e quindi delle ricadute sull’occupazione. Un economista come Gros Pietro ha avviato un ragionamento serio su questo tema. L’Agritech deve coniugarsi con la sostenibilità: non possiamo continuare a mortificare la terra irrorandola di sostanze artificiali che poi finiscono diritte nel cibo che consumiamo. E attenzione a non favorire le multinazionali (e i cinesi…) dell’agrobusiness. Io credo molto alla piccola imprenditoria che però deve essere aiutata a fare rete (integrazione con la ricerca e i dipartimenti universitari, consulenza specializzata, formazione anche “manageriale” degli agricoltori); anche questo sarebbe compito della Politica.
Verissimo il riferimento al problema troppo spesso censurato e misconosciuto, soprattutto da noi cattolici, dell’esplosione demografica.Quante volte mi sono sentito dare del malthusiano non appena mi capitava di citare la questione!