Russia, il nemico indispensabile



Giuseppe Ladetto    21 Maggio 2021       6

Dario Fabbri, un paio di mesi fa, aveva espresso la preoccupazione che la nuova amministrazione americana, nel tentativo di ricompattare un Paese profondamente diviso, potesse cercare di riversare all’esterno la carica di violenza in esso presente indicando un nemico contro cui mobilitarsi. Qualche tempo dopo, richiesto di un commento alle accuse del presidente americano a Vladimir Putin, Fabbri ha ribadito che, dietro tale gesto, c’è esattamente l’intenzione sopra menzionata.

Visto che il nemico scelto da Joe Biden è la Russia, dobbiamo chiederci se questo nemico possa essere anche il nostro, partendo dalla necessaria conoscenza di che cosa sia la Russia attuale.

I) Non dimentichiamo che la Russia è geograficamente una porzione dell'Europa: la sua estensione a ovest degli Urali rappresenta il 42% della superficie europea, e il 76% della sua popolazione risiede nel nostro continente. Soprattutto la Russia appartiene all’Europa culturalmente. A partire dal XVIII secolo, è stato significativo il contributo russo all'edificazione della composita mens europea che ci distingue dalle altre civiltà: basti citare i nomi di Fedor Dostoevskij e di Lev Tolstoj il cui apporto va ben oltre la dimensione letteraria.

II) I media occidentali tendono a identificare la Russia con l’URSS stabilendo una continuità fra i due soggetti nei programmi espansivi di ordine imperiale.

Fra la Russia zarista, l'Unione Sovietica e la Russia attuale non mancano aspetti di continuità: è l'onda lunga della storia che fa emergere alcune costanti geopolitiche nei percorsi secolari dei vari Paesi. Tuttavia, c'è una profonda differenza. In primo luogo, per dimensione territoriale e demografica, la Russia non ha il peso che aveva l’URSS, al cui vertice politico e militare, inoltre, ci sono state molte personalità non russe (in particolare ucraini e georgiani). Soprattutto, a sostegno di un disegno egemonico planetario, l'URSS disponeva di una ideologia universalistica, il comunismo, mentre la Russia attuale ne è priva. Limita il suo interesse ai territori che storicamente le sono appartenuti per secoli.

Oggi, si sottace quanto Ucraina e Bielorussia siano state parte non marginale del mondo russo fin dalle sue origini quando il regno della “Rus di Kiev”, culla dell’odierna Russia, comprendeva in notevole misura il territorio di questi due paesi. Fra questi e la Russia, è sempre esistito un forte legame etnico-culturale riguardante la comune appartenenza all’ortodossia e la componente linguistica: russo, ucraino e bielorusso sono varianti dello slavo orientale, lingue di mutua intelligibilità; si aggiunga che il russo è lingua ufficiale in Bielorussia, insieme al bielorusso, e che in Ucraina oltre il 30% della popolazione è di madrelingua russa. A testimoniare la comune storia culturale, ricordo, come esempio, che erano ucraini Nikolaj Gogol, Michail Bulgakov e Vasilij Grossman, importanti voci della letteratura russa.

III) Nei media occidentali, viene dato largo spazio ai timori dei Paesi dell’Europa orientale nei confronti della Russia. Sarebbe opportuno sentire l’altra campana, e considerare la situazione anche dal punto di vista russo. L'Ucraina e la Bielorussia, al di là dei legami storici e culturali prima ricordati, rappresentano, agli occhi dei russi, uno spazio difensivo strategico attraverso il quale, fin dal XII secolo, sono passate le molte aggressioni e invasioni da occidente: svedesi, ordine teutonico, lituani, polacchi, ancora svedesi, fino a Napoleone e Hitler.

Alla base dell’avversione della Polonia e della Lituania verso la Russia, c’è una lunga storia di contrasti nella quale questi due Paesi non sono sempre stati le vittime. Nei secoli passati, la Polonia, che, con la Lituania, è stata una rilevante potenza europea, approfittando della situazione critica della Russia invasa dai mongoli, si era espansa sulle terre della Bielorussia e di larga parte dell’Ucraina, imponendo il dominio di un’aristocrazia cattolica alle masse contadine ortodosse. Polacchi e lituani sono poi stati respinti progressivamente indietro dagli zar russi una volta che il proprio Paese era stato liberato dal dominio mongolo. Oggi, la Polonia sembra voler contendere alla Russia l’influenza su quelle terre che un tempo aveva dominato.

IV) La Russia è una grande potenza o un Paese in declino? Nei media occidentali, capita di ascoltare le più diverse e contrastanti risposte. Viene detto che la Russia ha una economia debole (il PIL e il reddito pro capite sono 1/7 e 1/3 di quelli USA); vive esportando materie prime (gas e petrolio in primis); le sue tecnologie sono vecchie e molti dei suoi impianti industriali sono obsoleti; il Paese, inoltre, sarebbe in declino demografico. La sua forza quindi sarebbe esclusivamente militare. Quest’ultima affermazione contraddice l’analisi che la precede. Infatti, senza un livello tecnologico adeguato e senza una solida economia, la forza militare è destinata a dissolversi in breve tempo (vedi l'impero ottomano nel XVIII secolo). Il Paese dispone di una forza militare di rilievo, che tuttavia non deve essere sopravvalutata: infatti, in materia, basta prendere in considerazione la spesa enormemente inferiore a quella americana e anche a quella del complesso dei Paesi della comunità europea. Certo possiede armi nucleari, che tuttavia costituiscono l’ultimo mezzo di difesa nel caso in cui il Paese venisse attaccata da forze soverchianti, armi tuttavia insufficienti a sostegno di una strategia aggressiva.

In realtà, la Russia non è un Paese in declino pur essendo modesto il suo ritmo di crescita. Sul piano demografico, è passata da 1,3 nati per donna dell’epoca eltsiniana ad 1,8 nati per donna oggi, un dato, in Europa, inferiore alla sola Francia (1,9), ciò che evidenzia una rinata fiducia nel futuro del Paese. Certo l'economia dipende ancora troppo dagli idrocarburi, ma il Paese è tecnologicamente avanzato in parecchi settori (industria militare, spaziale, informatica, nucleare, petrolifera ecc.) e ha una valida capacità di ricerca scientifica. Resta comunque una potenza certamente non confrontabile con gli USA e con l’Europa comunitaria per PIL, per sviluppo industriale e sul piano demografico (146 milioni di abitanti contro 446 della UE e 330 degli Usa). È quindi difficile immaginare da dove possa venire quel pericolo russo denunciato dai media occidentali. Come sempre i numeri smentiscono le parole quando usate strumentalmente.

V) La Russia, viene detto, non è un paese democratico. Certo la Russia non è una liberaldemocrazia, sistema estraneo alla sua storia e cultura. Ciò tuttavia vale per la più parte dei Paesi dell'Europa orientale e dell'area balcanica. Si evidenzia nel mondo russo la presenza (anche sul piano istituzionale) di componenti risalenti a quella radice bizantina che ha marcato la sua civiltà e il mondo ortodosso, rappresentandone una caratteristica costitutiva. Ma non aderire alla liberaldemocrazia non ne fa una dittatura o peggio un Paese totalitario. Aleksandr Solgenitzin, che ha combattuto il totalitarismo pagando un alto prezzo, non ha mai condiviso i “valori” occidentali con l’individualismo spinto che li caratterizza, e ha sempre proposto ai suoi concittadini un cammino coerente con i connotati culturali e le tradizioni del proprio Paese. Anche Michail Gorbaciov, considerato il liquidatore del sistema sovietico, è oggi molto critico con l’Occidente: lo accusa di aver approfittato del clima di distensione, che doveva aprire a una coesistenza pacifica, per estendersi a est; si schiera, pertanto, con Putin nella difesa del proprio Paese.

In Russia, Putin gode ancora di un consenso maggioritario, malgrado le manifestazioni di oppositori e nonostante che nelle ultime elezioni amministrative, a Mosca ed alcune città, il partito “Russia unita” abbia registrato un calo di consensi. Tuttavia, è ancora tutto da definire il seguito delle formazioni politiche promotrici delle manifestazioni di cui parlano con dovizia i media occidentali, tenuto conto che, nelle ultime elezioni, il secondo partito per consenso elettorale è stato quello comunista, seguito dai “nazionalisti” di Vladimir Zirinovskij.

Andiamo un po' indietro nel tempo. Nell’URSS, il partito comunista aveva nella sostanza occupato lo Stato, sovrapponendosi ad esso in tutte le sue funzioni. Con il crollo del comunismo e del partito, la Russia si è trovata senza un apparato statale funzionante. Ne hanno approfittato avventurieri e predoni che, ai tempi di Boris Eltsin, si sono impadroniti delle strutture economiche e delle ricchezze del Paese, sotto il benevolo sguardo dell’Occidente. Ciò è durato per alcuni anni. Poi il Paese ha reagito con la ricostruzione della macchina statale, che ha riguardato la burocrazia, le forze armate, la magistratura, il settore pubblico dell'economia, ecc. Sono così state tagliate in larga misura le unghie agli oligarchi, ancorché si siano fatti compromessi con la componente di questi meno legata alla gestione predatoria di Eltsin, un fatto, quest’ultimo, certamente negativo, così come lo è la corruzione ancora presente nell'amministrazione dello Stato. Comunque, per una tale trasformazione, occorreva un leader forte, quale è stato Putin, ciò che non ne fa un dittatore o peggio un tiranno.

Su un piano più generale, bisogna tenere conto che le linee politiche messe in campo dalla Russia sono dettate dalle ragioni su cui si regge il suo status di potenza, sia pure di medio peso, non certo dalla semplice volontà o dai capricci di chi ricopre posizioni di governo. Certo Putin, da venti anni al potere, dà segni di stanchezza, ma è illusorio pensare (come si auspica in certi ambienti americani) che, dopo di lui, possa affermarsi un qualche novello Eltsin, in versione liberal, pronto nuovamente a svendere il Paese all'Occidente.

VI) Perché la Russia è percepita in Occidente come un attore ostile? In realtà la domanda va capovolta, perché è l’Occidente ad essere ostile alla Russia.

Come già l'URSS di Gorbaciov, la Russia postsovietica chiedeva di essere trattata alla pari dagli Stati Uniti e dalle potenze europee. Ma ben presto Washington, nella convinzione che gli eventi avessero reso la Russia marginale, contravvenendo ad impegni presi, ha esteso la NATO verso est, fino a comprendere Paesi ex sovietici. Un passo che è stato avvertito da tutti i russi come una minaccia, mentre il tentativo attuale di portare Ucraina e Georgia nella NATO sarebbe considerato un atto di guerra contro il Paese. Il risultato di tutto ciò, è una versione su scala ridotta della guerra fredda, ma che potrebbe diventare calda se non prevarrà il buon senso, almeno in Europa, ponendo fine all’insensata corsa alle reciproche sanzioni. Una corsa, tuttavia, iniziata con le sanzioni alle Russia, per gli interventi in Ucraina, da parte di Paesi europei che avevano pesantemente interferito nelle vicende di questa nazione, contribuendo alla cacciata del legittimo governo di Victor Janucovyc, Paesi che già in precedenza avevano giocato un ruolo primario nella dissoluzione della Jugoslavia e della Serbia. Poi vengono le sanzioni per Aleksej Navalny da parte di chi non trova nulla da dire su Julian Assange, da sette anni privato della libertà nel Regno Unito senza una presentabile motivazione.

VI) Per chi la Russia è il nemico necessario?

Si è già detto dello storico contrasto con la Polonia.

Lo può essere per una certa Germania (quella che si è attivata per favorire la “pseudorivoluzione arancione” ucraina) che, pur avendo consistenti ragioni e interessi per andare d'accordo con la Russia (un accordo che il cancelliere Bismarck riteneva vitale per il proprio Paese), gioca equivocamente una partita su due tavoli solleticando le fobie antirusse presenti negli ex satelliti sovietici, per allargare la sua influenza ad est, trascurando tuttavia che tali Paesi sono timorosi e ostili anche nei suoi confronti.

Soprattutto lo è per gli Stati Uniti che hanno due motivazioni: 1) continuare l'opera di ridimensionamento dello status di potenza russo; 2) agitare lo spauracchio russo per tener alta la tensione in Europa e soffocare sul nascere ogni velleità europea di autonomia nella politica estera e nella difesa. Infatti, il crollo dell’Unione Sovietica e lo sfaldamento del Patto di Varsavia avevano fatto venire meno ogni ragione per la sopravvivenza della NATO. Ma questa era necessaria all’America per mantenere una forte presenza militare nell’Europa occidentale a garanzia del suo ruolo egemonico, e, a tal fine, si è messa in campo una nuova minaccia: la Russia postsovietica.

VII) La Russia è ostile al processo unitario europeo? La Russia mira a un mondo multipolare (non più dominato da un’unica potenza), in cui trovare una sua collocazione. Poiché una Europa unita e sovrana potrà realizzarsi solo con l’affermazione del multipolarismo, ci dovrebbe essere una convergenza di obiettivi tra i due soggetti. Contrasti possono invece manifestarsi se la UE, tramite la NATO, contribuisse a tenere la pistola puntata contro Mosca, o se l’Unione intendesse estendersi ulteriormente ad est per includere territori storicamente e culturalmente di interesse russo, come Ucraina, Bielorussia e Georgia.

Credo, pertanto, che non sia avveduto per l’Italia e per l’Europa assecondare le attuali iniziative antirusse americane perché noi europei non abbiamo da difendere alcuna leadership, né abbiamo bisogno di un nemico su cui scaricare i nostri problemi interni, mentre avremmo tutto da perdere da una immotivata tensione internazionale, da una nuova guerra fredda, per non parlare di una guerra vera e propria. Come ci ha detto Henry Kissinger, l’epoca di un mondo unipolare sta volgendo al termine. Il non volerne prendere atto da parte dell’amministrazione Biden apre la strada a un percorso pericoloso o comunque denso di incognite.


6 Commenti

  1. Ottima analisi. Certamente più lucida, oggettiva, e intellettualmente onesta delle stesse rintracciabili su Limes del gruppo Gedi…

  2. Nel commento di Vanni, purtroppo vi è la realtà delle cose sul come la pensano la maggior parte delle persone. Condivido ogni singola parola di questa lucida analisi, vorrei soffermarmi sul fatto che non si legge mai da nessuna parte che Polonia e Paesi Baltici non sono dei santi immacolati, ma che in realtà sono sobillatori e fonte di insicurezza, oltre alla loro voglia enorme di punire la Russia e di espandersi. Poi l’Europa e l’Occidente sono stati per davvero disonesti con Gorbaciov. Prima di dare il via libero all’unificazione della Germania, Gorbaciov chiese espressamente a Kohl di promettergli che l’Occidente non avrebbe cercato di sfondare ad est. Guardiamo cosa è successo! Disintegrazione della Jugoslavia con l’aggiunta di bombardamenti disastrosi sulla Serbia per difendere il Kosovo, rivelatosi poi uno stato fucina di terroristi islamici ed il più grande mercato di droga ed esseri umani in Europa, poi la rivoluzione arancione di Kiev con i torbidi fatti di Piazza Maidan e così via. E l’andazzo continua. Come si fa ad esser così miopi nel non vedere che portare l’Ucraina nella Nato significa attaccare al cuore la Russia?
    Già, ma ora a Washington è tornata la democrazia… bella e pronta da esportare, e il cattivissimo Donald che in 4 anni non ha fatto nessuna guerra è stato messo a cuccia.

  3. Commento aggiuntivo : mai articolo fu così premonitore! Guardate come stanno già abbaiando furiosi Polonia e Paesi Baltici dopo il “dirottamento” di un aereo RyanAir da parte di Lukascenko. Noi li abbiamo vezzeggiati, inondati di risorse specie sui fondi agricoli penalizzando la nostra agricoltura e loro ci ripagano con il desiderio di portarci a fare la guerra alla Russia! P.S. …e poi ci chiediamo perchè i populisti e sovranisti sono così tanti!

  4. Gli errori dell’ Europa verso la Russia si sono aggravati al tempo della vicenda della Crimea gestita in modo pessimo o, meglio, non gestita affatto. Era l’occasione per mostrare al mondo un equilibrio attivo e non semplicemente rinunciatario. Ma del resto come richiedere una qualsivoglia strategia ad una Europa politicamente inesistente allora e solo ora in fase di graduale lento consolidamento (più per necessità che per diffusa convinzione)? Per riacciuffare una condizione di stabilità bisognerebbe che in contemporanea la Russia rinunciasse a minacciare l’integrità territoriale dell’Ucraina e l’Europa rinunciasse ad estendere la propria influenza su Ucraina e Bielorussia in chiave antirussa, ma questa mi sembra fantapolitica (almeno per ora).

  5. Semplicemente un articolo che anche il ministro degli esteri e i presidenti delle commissioni esteri di camera e senato dovrebbero leggere e al cui cospetto molti di coloro che scrivono su ordinazione articoli che distorcono i fatti al riguardo della Russia, dovrebbero arrossire. Condivido pienamente anche i commenti di Vanni e di Mila. Ma è l’osservazione iniziale di Ladetto quella più preoccupante: quale sarà il prezzo che gli Stati Uniti imporranno alla Russia, e all’Europa, pur di frenare la loro profonda crisi interna, che è anche crisi di legittimità dei meccanismi elettorali, quando tutto ciò che è stato compiuto nel 2020 emergerà? L’Italia non avrà nulla da rimproverarsi in tali vicende d’oltreoceano?

  6. Condivido totalmente questa analisi. E’ già successo , quasi è una costante, che un paese in crisi e diviso al proprio interno cerchi di agglutinare i consensi intorno alla paura e all’odio verso un nemico esterno. Ma se gli USA guidati da Biden scelgono la Russia come nemico di riferimento illudendosi di avere di fronte il vecchio orso sovietico rintanato dietro la cortina di ferro commettono un errore di valutazione drammatico. Paradossalmente appare positivo che proprio questa idiosincrasia risulti divisiva “all’interno” degli Stati Uniti: Trump e i repubblicani suoi seguaci hanno espresso una linea di politica estera confusa e spesso contraddittoria ma sulla Russia avevano idee diverse da quelle del deep state e di buona parte dell’establishment democratico; e non hanno ottenuto alle presidenziali percentuali da prefisso telefonico nonostante una delle accuse principali mosse a Trump fosse proprio il suo eccesso di accondiscendenza verso la Russia. A me ideologicamente ovviamente non piace affatto il trumpismo, ma la politica estera è fatta di paradossi all’apparenza cinici. Delude la nullità politica di un’Europa che si accoda, contro i propri interessi (non sto a ripetere le raffinate argomentazioni di Ladetto, rileggiamole), alle sanzioni. Un’ultima osservazione sulle preoccupazioni russe per la propria sicurezza: prendete l’atlante che i vostri figli e nipoti utilizzano a scuola e guardate il confine fra Russia e Ucraina: una lunghissima linea che corre in mezzo a un’immensa pianura senza montagne ed ostacoli naturali. I gazzettieri che abbaiano contro il pericolo russo forse al liceo non erano bravi in geografia.

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