Il PD, visto da Insieme



Alessandro Risso    7 Aprile 2021       2

Non posso che ringraziare Vincenzo Ortolina per aver proposto il suo articolo pubblicato giorni fa su C3dem come replica al mio ultimo editoriale (CLICCA QUI). Il suo scritto e l'ampio commento aggiunto da Sandro Campanini, che mi erano sfuggiti, permettono di approfondire un confronto che può solo avere effetti positivi su un auspicabile nuovo protagonismo politico dei cattolici democratici.

Credo possiamo dare per nota la storia del PD, a partire dal discorso di Valter Veltroni al Lingotto di Torino sino all'ultima segreteria di Enrico Letta. Ovviamente meno scontata è la conoscenza di Insieme, il nuovo partito avviato lo scorso 4 ottobre dall'Assemblea costituente a Roma, sulla scia del cosiddetto “Manifesto Zamagni”. Essendo tra coloro che lo hanno fondato, posso definirne alcuni aspetti che dallo scritto di Ortolina escono in modo non corretto.

Innanzitutto Insieme non è, né vuole essere, un “partito cattolico” o “dei cattolici”. La sua dichiarata “ispirazione cristiana” e il riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa non hanno nulla di confessionale o integralista, ma si traducono in una proposta politica programmatica, aperta a credenti e non credenti su un piano di assoluta laicità. Un partito inclusivo per tutte le persone “di buona volontà”, che chiede adesione e consenso sulla base del proprio programma, come fece Luigi Sturzo con il suo Partito Popolare. All'iniziale documento politico-programmatico approvato in Assemblea sta proseguendo un continuo lavoro dei Dipartimenti tematici: per essere nati da pochi mesi abbiamo già prodotto molti contenuti che si possono leggere sul nostro sito (www.insieme-per.it) e altri ne definiremo nel prossimo futuro. Penso così di aver anche chiarito a Campanini che è proprio sulle proposte concrete e non “sull'appartenenza confessionale” che Insieme vuole misurarsi.

Non siamo poi nati per occupare uno spazio geometrico, quel “centro” tanto citato e ambito. Intendiamo qualificarci per il programma, e semmai ricerchiamo la “centralità dei problemi”, quelli che ci permettono di entrare in sintonia con la gente, preoccupata per il proprio futuro reso ancora più incerto dalla pandemia. Concordo con Franco Monaco quando dice che “servono scelte di valore e ricette che sanno di radicalità, non di centro moderato”: infatti, e lo dico a Ortolina, Insieme non è un ennesimo tentativo di riproporre la DC. Bastano e avanzano le otto DC citate da Nino Luciani sul “Corriere”, tutte convinte di essere quella legittima in una penosa guerra a colpi di carte bollate. Penso che la Democrazia cristiana non meriti questo, e vada consegnata alla storia con l'affidamento dello scudo crociato agli archivi dell'Istituto Sturzo.

Insieme vuole essere un partito “nuovo”: “nuovo” perché partito di programma, perché fautore di una politica per e non contro, perché usa il linguaggio del “sì sì, no no”, perché autonomo e alternativo al fallimentare sistema politico della Seconda Repubblica, perché rifiuta il leaderismo e si basa sul coinvolgimento delle persone e delle realtà associative nei territori, favorendo così la nascita di una classe dirigente di “facce nuove”.

Un partito che si ritiene politicamente “antagonista alla destra e alternativo alla sinistra”. Ortolina lamenta che così si mettono “sostanzialmente sullo stesso piano il PD e la destra di oggi, autoritaria, opportunista (...) e rozza”. Credo che gli aggettivi nella lingua italiana non siano usati a caso: antagonista significa “che è in opposizione, in contrasto”; alternativo vuole dire “che offre una possibilità di scelta” (dalla Treccani). La differenza è evidente, e non mi dilungo oltre. Così come non tratto le tante affinità, molte delle quali elencate da Ortolina stesso dopo aver letto i nostri documenti fondativi. Dovendo sceglierne una sola, direi l'ammirazione per lo straordinario magistero di papa Francesco.

Credo invece valga la pena soffermarsi sugli aspetti negativi che imputiamo al PD, in modo che siano ben chiare a chi ci legge le differenze sostanziali con Insieme. Le suddivido in punti.

1. Ortolina ha opportunamente richiamato la nostra dura critica a egoismi sociali e individualismo libertario, e ritiene che in Italia tali aspetti siano riconducibili soprattutto all'epopea televisiva e politica di Berlusconi. C'è del vero, ma non è possibile dimenticare il ruolo svolto a servizio del cosiddetto turbocapitalismo dalle élite liberal mondiali, in particolare statunitensi, cui il PD – a partire da Veltroni – ha sempre guardato come un esempio da seguire. Parlando di questi temi, domando spesso ai miei interlocutori quale presidente USA eliminò la distinzione tra banche territoriali e banche d'affari, risalente agli anni Trenta per evitare il ripetersi del crollo di Wall Street. Molti rispondono Reagan, considerato un falco liberista, Pochi sanno che fu invece il democratico Bill Clinton, nel 1999. Meno di dieci anni dopo sarebbero arrivati il fallimento di Lehman Brothers e la crisi dell'economia di carta. Quindi il ruolo dei liberal e radical-chic nella crisi dei valori e nei guasti dell'economia globalizzata non deve far sorridere, essendo un dato di fatto. Ci sarà un motivo se Trump (e meno male che ha perso...) alle ultime presidenziali ha raccolto 70 milioni di voti, e non tutti di fanatici suprematisti bianchi.

2. Il PD ha progressivamente cambiato pelle in un aspetto fondamentale per chi fa riferimento al Popolarismo: da partito delle autonomie locali, dei municipi, della rappresentanza territoriale anche delle aree più periferiche, si è scoperto via via più centralista, è diventato prima partito delle aree metropolitane, forse più redditizie elettoralmente ma espressione di un'Italia parziale, poi il “partito della ZTL” incapace di comprendere il disagio delle periferie.

3. Nato come “casa comune delle culture riformiste”, il PD da un lato ha dovuto sempre fare i conti con la mai sopita tendenza egemonica di chi proveniva dall'ex PCI (causa prima dell'amalgama mal riuscito riconosciuto dallo stesso D'Alema); dall'altro si è sempre più caratterizzato come il partito dei diritti civili e individuali (tralasciando i diritti sociali, le comunità e i corpi intermedi), che lo hanno via via trasformato in un partito radicale di massa. Il disagio di molti cattolici, anche progressisti, per le politiche PD alla Cirinnà è un dato di fatto.

4. Da “partito plurale”, evoluzione della coalizione dell'Ulivo, il PD si è trasformato in “partito del leader”, abbracciando senza remore questa caratteristica della politica degli ultimi decenni introdotta da Berlusconi. Con Renzi regnante abbiamo visto espressioni di culto della personalità non dissimili da Arcore e dintorni. I partiti personali si sono rafforzati con leggi elettorali che hanno accentrato la scelta degli eletti (i nominati) nelle mani dei capi partito, di fatto premiando il servilismo e non il merito.

5. La Seconda Repubblica si è caratterizzata per la ricerca di un sistema bipolare favorito da leggi elettorali maggioritarie, addirittura anticostituzionali. Il PD nasce a vocazione maggioritaria con Veltroni e mantiene questa linea con Letta. La crisi della rappresentanza parlamentare, la credibilità ai minimi termini dei partiti e della politica sono sotto gli occhi di tutti. Il bipolarismo ha fallito : Letta però continua a riproporlo, e anche Ortolina parla di “competizione giustamente bipolare”. Su questo, e sul resto elencato prima, siamo distanti.

Le nostre forti critiche al sistema bipolare e maggioritario, ai partiti personali e ai “nominati”non sono solo la voce di un partito fuori dal coro perché fuori dai giochi del Palazzo. Il preoccupante discredito della politica, e quindi delle istituzioni, viene certificato dal crescente astensionismo elettorale, salito al 47% nelle ultime elezioni di valore politico, le europee del 2019. Il noto sondaggio IPSOS sul voto dei cattolici ha rivelato che non è andato a votare addirittura il 52%. Tra i restanti che hanno scelto un partito, 16 su 100 hanno votato Lega, 13 il PD, 7 i Cinquestelle, 5 Forza Italia e 3 la Meloni. Nel PD vi sono politici affermati che si richiamano alla cultura cattolico democratica – Letta, Franceschini, Del Rio, a Torino Lepri, a Milano Pizzul (con cui mi sono confrontato in un dibattito organizzato dai Popolari di Lecco) e altri – ma la loro capacità di rappresentanza si ferma a quel deludente 13%, in una situazione di sostanziale monopolio del PD nel campo del centrosinistra. È un problema di credibilità ormai perduta, come ho cercato di spiegare in un articolo di qualche tempo fa (CLICCA QUI). C'è chi continua a farsi andare bene tutto, la “ditta” bersaniana come il partito di Renzi, passato però dal 41% sulla fiducia al 18% una volta visto all'opera. E mai che ci sia stata un'autocritica vera: basta cambiare segretario e salire tutti insieme sul suo carro...

Ma questi possono essere giudizi soggettivi. Di oggettivo resta che l'offerta politica è inadeguata se metà dell'elettorato diserta le urne. Anche Franco Monaco dovrebbe farsene una ragione.

Per ampliarla in modo credibile occorre cambiare il sistema. Cominciando col restituire al cittadino elettore il reale potere di scegliere il partito e le persone che meglio lo rappresentano. Proporzionale e preferenze. Basta bipolarismo, premi di maggioranza, “nominati", strenuamente difesi dai protagonisti del logoro teatrino della politica odierna, compreso il rientrante Enrico Letta.

Ecco spiegato, senza alcun astio ma con lucida serenità, caro Ortolina, cosa oggi ci divide dal PD. Non sappiamo se Insieme riuscirà ad essere protagonista delle elezioni politiche nel 2023. È un cammino lungo e impervio quello che abbiamo intrapreso. Vedremo cosa riusciremo a fare. Invece, chi continua ad aspettare la trasformazione del PD, ricorda un po' sia il Godot di Beckett sia il don Abbondio manzoniano, prudentemente schierato all'ombra del potere. I tempi richiedono cambiamenti, da perseguire con coraggio: quello che non dovrebbe mancare a chi si richiama ai “liberi e forti”.


2 Commenti

  1. Egr. A. Risso, condivido la sua risposta ai V. Ortolina e S. Campanini che sottolinea le differenze tra Insieme e il PD. Credo che costoro non si rendano conto che sia ormai evidente che il PD è un partito chimera, che non rappresenta nulla o meglio rappresenta il nulla, cioè quello che di volta in volta compare all’orizzonte e che è utile per la propaganda e la raccolta di consensi. Come si può condividere un partito il cui neo segretario, chimerico anche lui nel pensiero e nella storia personale, propone come valori preminenti la parità di sesso, ma non la capacità e il merito, il numero, ma non la qualità, il voto ai sedicenni, piuttosto che una scuola che ripari i gravissimi danni prodotti dalla sinistra? Un segretario che si rifà ad un passato, l’Ulivo, fallimentare e fallito? Dove sono i valori fondanti di una società libera e giusta nelle attuali proposte PD, partito ormai prigioniero dell’ “identitalismo“ (così io lo definisco), delle battaglie per piccole minoranze, diventate la loro bandiera ad excludendum: aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale, razzismo di ritorno. Dov’è la rinuncia alla ideologia comunista, liberticida ed assassina? E a tutte le altre ideologie nuove o vecchie: ecologismo, omofobia, islamofobia? Credo che Insieme debba essere l’esatto contrario del PD, fallito anche e soprattutto nella gestione del gravissimo problema della pandemia. Collaborare e esser partito laico non significa rinunciare ai valori naturali che sono a fondamento di qualunque società che voglia essere giusta e libera: famiglia, difesa del diritto alla vita, difesa del diritto alla cultura.
    Auguri
    Santo Bressani

  2. 
    

    Caro direttore,

    scrivo in ritardo per dirLe che ho letto e riletto sull’agenzia “Rinascita popolare” il Suo lungo pezzo (di commento al mio sul “Partito cattolico”) intitolato “Il PD, visto da Insieme”, e ho preso atto che “Insieme”, appunto, e l’associazione “I Popolari del Piemonte” che Lei rappresenta lo vedono piuttosto male, forse troppo, questo partito. E’ pur vero che io ho forzato un poco il mio pensiero dando lo stesso significato negativo al vostro essere “antagonisti alla destra e alternativi alla sinistra”, pur consapevole che il primo termine è più escludente rispetto al secondo, ma mi permetto di segnalare che questa distinzione non è forse così ben evidente a tutti i vostri sostenitori, se vado a rivedere il primo commento al Suo pezzo di uno di essi. Il quale segnala tra l’altro che noi catto-piddini saremmo seguaci di un “partito chimera che non rappresenta nulla, o meglio rappresenta ‘il nulla”. “Un partito che propone come valori preminenti la parità di sesso ma non la capacità e il merito, il numero, ma non la qualità, il voto ai sedicenni, piuttosto che una scuola che ripari i gravissimi danni prodotti dalla sinistra”. E che ora ha “un segretario che si rifà a un passato, l’Ulivo, ‘fallimentare e fallito”. Un partito “prigioniero delle battaglie per piccole minoranze”, che sarebbero diventate le nostre bandiere ‘ad escludendum’: aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale, razzismo di ritorno(?)”.
    Insomma, i cattolici-democratici come me (io mi definisco tale, in politica, unendo sempre i due termini) starebbero in un partito che non avrebbe, nientemeno, rinunciato “…all’ideologia comunista, liberticida ed assassina”. Nonché “alle altre ideologie nuove o vecchie: ecologismo, omofobia, islamofobia (?)”. E la conclusione del “nostro” è che “Insieme” deve essere “l’esatto contrario” (‘contrario’, caro direttore, non “alternativo”) del Partito democratico”, Partito che, dulcis in fundo, avrebbe fallito anche e soprattutto nella gestione del gravissimo problema della pandemia”. Ohibò!
    Non certo per fare la mia biografia, ma per provare a capirci meglio, segnalo in argomento che la mia storia “politica”, di ormai 77enne, è stata questa: DC (“correnti” di “Base” e “Forze nuove”), Partito popolare, La Margherita (di queste due ultime formazioni sono stato tra l’altro il segretario della Provincia di Milano, ai tempi), e, infine, Partito democratico. E a proposito dei sopra accennati temi che in qualche modo riguardano la “morale”, diciamo così, preciso che sono un cattolico praticante”, pur se strenuo sostenitore dell’esigenza di coniugare sempre fede e ragione, e che solo pochi mesi fa, ormai …vecchietto, come ho segnalato, ho ottenuto il baccalaureato in teologia presso l’omonima facoltà dell’Italia settentrionale, a Milano. E, da cattolico, a riguardo della dibattito in corso sulla omotransfobia sono anch’io piuttosto perplesso sul Ddl Zan nella versione approvata alla Camera, e su come vi viene trattata in particolare la questione del “gender”. Sono altresì decisamente contrario all’“utero in affitto” e molto restio ad accettare l’idea che vengano consentite le adozioni anche a singoli o a coppie omosessuali.
    Ma come la mettiamo allora, mi direte, con le vostre Cirinnà e compagnia cantante? Come la mettiamo, cioè, con la questione in qualche misura riferibile ai cosiddetti “valori (o principi) non negoziabili”, ben noti nel nostro “mondo”? Orbene: proprio i miei recenti studi teologici -di uno che da ragazzo, all’oratorio, ha imparato a memoria o quasi il catechismo di Pio X- mi hanno fatto riscoprire, in un certo senso, il valore “dirompente” (e non mi addentro qui nella disputa se quell’evento ha rappresentato una sorta di ”rivoluzione”, per la Chiesa, o ha semplicemente riconfermato, pur con adattamenti, la “continuità“ della dottrina cattolica) delle determinazioni del Concilio vaticano II. Un concilio, in ogni caso, dalla dichiarata intenzionalità pastorale, che ha impresso un mutamento radicale alla pratica teologica, superando la teologia dei manuali di apologetica, dogmatica e morale, e il correlato atteggiamento di sospettoso risentimento e di pregiudiziale chiusura nei confronti della cultura moderna. Facendo così nascere l’esigenza di ricostruire le condizioni per rilanciare un dialogo reciproco con la cultura “contemporanea”, anche alla luce della nozione di storia, che mette in luce il carattere di “evento” della comunicazione di Dio in Gesù Cristo. Certo, la società si è intanto ulteriormente evoluta, non necessariamente in meglio, in tema di “morale”. Così da imporre di fatto alla Chiesa, proprio di questi tempi, una riflessione aggiornata sugli stessi, accennati, suoi “valori non negoziabili”, e dintorni. Così, ora, al suo interno, si arriva per esempio a discutere, …nientemeno, sulla liceità canonica o meno della “benedizione” alle coppie dello stesso sesso, con una parte del clero tedesco favorevole. E, negli Usa, la recentissima “guerra dell’Eucaristia” -ho letto- spacca in due la chiesa americana, nel senso che una parte del cattolicesimo conservatore locale, guidato da un buon numero di vescovi e dai movimenti, diciamo,integralisti, vorrebbe escludere i politici democratici dall’Eucaristia per le loro posizioni favorevoli, o comunque non contrarie, a una legislazione che consente l’aborto, ma anche per il sostegno alle unioni omosessuali, o a leggi sul fine vita per i malati terminali. Sul fronte opposto si trovano quei vescovi che si oppongono invece a una interpretazione, diciamo, ideologica e di parte della dottrina, e all’uso “politico” dei sacramenti. La domanda, allora, è: quali risposte dà, oggi, la “ispirazione cristiana”, evocata per il partito “Insieme”, su questi temi? Quale “ispirazione”? A proposito dei “valori” cari al nostro mondo, del resto, io, da vecchietto, ho preso via via atto che la “secolarizzazione” si è ormai imposta da tempo anche nel nostro Paese. Così, non dimentico i tempi del referendum del 1974 sul divorzio e di quello sull’aborto del 1981 (quaranta anni fa!), che mi videro impegnato, nel mio … piccolo, a contrastare detti istituti. Referendum il cui esito sorprese moltissimo me come buona parte dei cattolici: nella “cattolicissima” Italia di allora, con una Chiesa ancora, diciamo, forte, nella società, e il partito “d’ispirazione cristiana” con grandi posizioni di potere, l’istituto del divorzio veniva approvato da circa il 60% dei votanti, e, sette anni più tardi, l’aborto (materia ovviamente ben più delicata e problematica del divorzio) otteneva il favore del 70% dei partecipanti al referendum. Il fatto, ribadisco, è che la “secolarizzazione” (non tutta, certo, da disprezzare, anzi!) era avanzata già allora, e la gerarchia cattolica, e gli esponenti di peso della DC non se n’erano sufficientemente accorti.
    La mia storia è dunque piuttosto diversa da quella, evocata dal nostro commentatore, degli ex PCI, ora miei compagni di viaggio (una compagnia che peraltro non disdegno), i quali, ha precisato anche Lei, starebbero peraltro egemonizzando, ormai, il Partito democratico. Sempre a proposito di “morale”, mia opinione è che, da mò, per certi ambienti cattolici la relativa decadenza, nel nostro Paese, è sostanzialmente figlia dell’ideologia comunista, del ’68 e dei post sessantottini, dei radical-chic di sinistra. I quali ultimi in particolare avrebbero via via lottato più per far prevalere il diritto del singolo e l’egoismo individualista che non i valori “sociali”. Si tratta di gente che oggi vota in prevalenza il Pd e la sinistra, ci tenete a segnalarci. Pd e sinistra ai quali, pertanto, da cattolici, non si può che essere “alternativi”. Io, invece, ho quest’opinione: i “comunisti” (passati e presenti), e compagnia cantante, c’entrano poco, con questo “degrado”. E non lo dico soltanto perché, avendo fatto il sindaco DC per anni, decenni fa, con i “comunisti” all’opposizione, ho sempre registrato che, su non pochi “valori”, tra democristiani e “compagni” di allora non c’erano grandi differenze.
    Mia convinzione, semmai, è che la situazione attuale, qui e nel mondo occidentale in genere, è figlia del clima “culturale” che si è via via imposto, veicolato in particolare dai “media” e da certi “poteri” sempre alla ricerca dell’obiettivo di “far soldi”. Dagli adoratori, cioè del dio-denaro, di cui fare incetta in qualunque modo, al più presto e il più tanto possibile. Situazione figlia di una società che ha prodotto via via il predominio incontrollato della finanza sull’economia reale, provocando squilibrio e gravi danni. Una società che ha prodotto poi quel sistema capitalistico “iperconsumista” che ci sta dominando. E che, col “digitale”, col “web” (detto da me, che pure spendo ore sul cellulare, anche se …mettendoci la testa), rischia di imporsi sui nostri figli e nipoti, a …proteggere i quali non bastano certo genitori e nonni. E nemmeno la scuola. Tanto più se penso, solo per fare esempio, a fenomeni tipo quella piattaforma online tedesca per pedofili, scoperta ultimamente, che aveva 400.000 iscritti.
    Intendo dire che questi sono ahimè tempi nei quali, pensare, da cristiani, ai “valori non negoziabili” così come s’intendevano quando io ero ragazzo ha ormai poco senso. E mi domando allora, sempre per esempio, se qualche politico può davvero pensare di reintrodurre, come pure sta avvenendo da qualche parte, in Europa e non solo, il divieto di aborto, un istituto ormai considerato più o meno universalmente un “diritto”. Semmai, per quanto riguarda il nostro Paese, è giusto e serio pretendere quantomeno che la ‘194 venga applicata anche nella parte, sostanzialmente inattuata, che prevede di …non lasciare sole le donne gravide che sono alla ricerca di un aiuto.
    Il problema, oltretutto, è che oggi, ormai, le sollecitazioni a superare la “vecchia” morale sono quotidiane. Così, per esempio, tv “private” t’invitano a vedere programmi tipo “Love Island”, che il quotidiano Avvenire ha definito “l’ultima bufala sull’amore in tv, nella quale la filosofia dei concorrenti è: ‘mangia, fai l’amore e fregatene”, mentre altre arrivano a proporti programmi tipo “Alta infedeltà”, che prospettano “piacevoli tentazioni e nuovi modi di tradire (che non si sarebbero placati, anzi!, col lockdown)”.
    Ecco, allora, che gli “assoluti morali” connessi ai principi “non negoziabili” appaiono ormai roba quasi da “medioevo”.
    E che c’entra tutto ciò con i nostri ragionamenti, e col giudizio sul PD?, mi direte, precisandomi magari che la pensiamo uguale su tutto o quasi, sinora. E che condividiamo pertanto, sempre per esempio, anche la preferenza -a proposito delle recenti elezioni Usa- per Joe Biden, rispetto a Donald Trump.
    Tornando alla politica nostrana e al tema in particolare della rappresentanza e del sistema elettorale, io esprimo la mia preferenza per un sistema “bipolare maggioritario”, che costringe alle coalizioni. Lo dico perché sono convinto che nella complessa società attuale un frazionismo partitico eccessivo non serve, e che bisogna fare “sintesi”. Sono dunque per il doppio turno, da espletarsi in collegi uninominali, con candidati, certo, da scegliere con …sapienza. Un sistema che consenta, al primo turno, di scegliere il partito “del cuore”, e, al secondo, se vi si partecipa, il candidato meno lontano dalle proprie idee. Sì alle coalizioni, dunque, tra le quali, da “cattodem”, io preferisco indiscutibilmente una di “centrosinistra”. Dove si sta insieme per taluni valori di fondo, in buona parte alternativi –sì, alternativi- a quelli del centrodestra, e che come tali sono riconoscibili nella lotta alle diseguaglianze, alla povertà, per la giustizia, per la libertà e la dignità delle persone, immigrati compresi(la vita da difendere non è soltanto quella che nasce, ovviamente), per la sussidiarietà, per il lavoro, per il welfare. Un centrosinistra che punti a far fare un salto di qualità all’Europa contro ogni sovranismo dei singoli Stati. Già! E quanto ai “principi non negoziabili”? A destra sono più sensibili, sul tema, pensa una parte del mondo cattolico. Sarà, ma personalmente mi convinceró forse quando il Salvini medjugoriano e ultimamente frequentatore anche dei santuari mariani europei, oltre che abituale sventolatore di rosari e vangeli nei comizi mi avrà convinto, per esempio, che anche per lui la difesa della vita non si ferma al momento della nascita. E credo che c’intendiamo, in proposito.
    Tornando al Pd, registro la vostra tendenza a ritenere semplicemente o quasi “parole, parole” i suoi atti, documenti, eccetera. In proposito mi basterebbe segnalarvi che sarebbe interessante passare in rassegna il livello di coerenza “coerenza” e di concretezza di ogni singolo partito, oggi, in Italia. Chi vincerebbe la gara, secondo voi?
    Altra critica: il Pd soffre di leaderismo. Sul tema dico allora: avendo avuto quasi la sua stessa storia politica, tra i “democratici” sono stato un sostenitore di Renzi, che ho tra l’altro difeso a spada tratta in occasione del noto referendum del 2016, ma che non ho seguito nella scissione proprio perché contrario ai partiti …personalistici. E poi: quali sono in Italia, oggi, i partiti più leaderisti? Avendo già accennato a Italia viva, non posso che ricordare “Forza Italia” di Silvio, la “Lega” di Salvini, “Fratelli d’Italia” della Meloni. O sbaglio? Certo, nel Partito democratico è ora arrivato Enrico Letta. Finalmente, mi vien da dire. Io ho, in proposito, un motivo in più per restarci. E poi, a riguardo del tema delle “autonomie locali”: conosco bene Sturzo, oggetto della mia tesi di laurea in Scienza politiche da giovanotto, e sono stato tra l’altro per una vita o quasi un amministratore locale E conosco le difficoltà dei partiti a stare sul “territorio”, oggi. Affermare però che il Pd è diventato semplicemente o quasi il partito delle aree metropolitane mi pare un’esagerazione. Tanto più considerando che, giusto, di questi tempi, il Pd lettiano ha organizzato una poderosa consultazione di base cui hanno partecipato 2949 circoli e 39.742 iscritti. Quale altro partito ha fatto o fa altrettanto, con altrettanti numeri?
    Certo, infine, viva il partito programmatico, non “ideologico”. Tanto più se, nel nostro caso, i riferimenti sono alla dottrina sociale della Chiesa. Ma proprio qui … casca l’asino, mi viene da dire. Pensando ai documenti più recenti in proposito, alla “Laudato sì” e alla Fratelli tutti di Francesco, nel caso di “alleanze” un partito d’ispirazione cristiana, oggi, si sentirebbe più a suo agio in una coalizione di centrodestra o di centrosinistra? La mia risposta è ovvia.
    Già, ma “e i Cinquestelle”? Semplice. Io sono convinto che il tentativo di rigenerazione di Conte (“fatto fuori” da Renzi in male modo) sia un fatto assai positivo per il Paese, anche se il suo partito perderà una parte di dirigenti e avrà successo. E così il “nuovo centrosinistra” sarà fatto, come dice Letta, da Pd, M5S, Leu e sinistra non massimalista. Una coalizione capace di contrastare il nuovo centrodestra ad impronta salviniana, anche se credo che alla fine non romperà con la Meloni. Una coalizione che sosterrà Draghi, cui non conviene …scappare al Colle. Sul quale spero resista ancora un po’ il …grande Sergio Mattarella.

    Vincenzo Ortolina

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