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L’epoca del surrogato
 
di Franco Maletti
 

Generalmente il surrogato è, per definizione, quel prodotto alimentare di minor valore usato al posto del prodotto genuino.
Chi è avanti con gli anni ricorda sicuramente che nella crisi dell’immediato dopoguerra il surrogato più famoso era quello del caffè: un prodotto quasi identico a vedersi, ma molto, molto differente in quanto a sapore. Però ci si accontentava. Anche perché il rito di preparazione del surrogato era del tutto simile a quello della preparazione del caffè vero: con un effetto illusorio che evaporava soltanto per quelli dal palato più raffinato che ancora ricordavano il sapore del caffè vero.
All’epoca ero troppo piccolo per bere il caffè, ma apprezzavo molto il surrogato della cioccolata prodotto dalla Ferrero (la Ferrero non me ne voglia per questa citazione, che oggi potrebbe ingenerare un dubbio sull’ottima qualità dei suoi prodotti!) che i miei genitori ogni tanto compravano nelle occasioni per le quali me ne ero reso meritevole.
Altri tempi. Ma, con la crisi che ci sta attanagliando, non troppo.
Il mondo virtuale che da alcuni anni stiamo vivendo, quello specchiato nella televisione con i suoi spettacoli di intrattenimento, nella sua realistica finzione è di una tale qualità superiore (a partire dai protagonisti di “Dallas” e “Beautiful”, per fare un esempio), che quando spegniamo il televisore abbiamo la netta impressione che la nostra vita sia soltanto un surrogato di quello che dovrebbe essere. E proprio da qui, a mio parere, è nata la predisposizione emotiva a favore dell’incantatore Berlusconi: dell’illusionista che ti fa vivere il sogno di una vita da fotoromanzo o da telenovela. E così, i dettagli noiosi della quotidianità vengono messi da parte, insieme agli affetti sicuri e duraturi, per correre dietro alle “carriere” facili: magari di divo da reality, di velina, di calciatore, o finanche di escort.
Così oggi, aprendo gli occhi, scopriamo che tutto intorno a noi è diventato il “surrogato” di quello che dovrebbe essere: la Costituzione Italiana diventa un surrogato, ignorato o diversamente interpretato a seconda delle convenienze; le tasse sono un surrogato del dovere civico di pagarle, tanto che qualcuno non le paga affatto; la giustizia è un surrogato della legalità, e viene riconosciuta soltanto se non lede i propri interessi personali; la stessa libertà diventa un surrogato, in quanto l’assenza di regole la priva di ogni suo valore.
In questo clima tremendo, il voto popolare con il sistema del “porcellum” non si può nemmeno definire un surrogato, perché si è andati oltre. Dovremo accontentarci anche in futuro dell’artifizio delle primarie per avere almeno un “surrogato” di democrazia?
“Onore” comunque al Partito Democratico per la scelta delle primarie con il coinvolgimento dei suoi elettori. Ma che non sia questa la soluzione definitiva per il futuro: meglio il preciso impegno, una volta vinte le elezioni, di fare una legge elettorale nel rispetto della democrazia e della volontà popolare.
In definitiva, la crisi che sta colpendo duro il nostro Paese è la conseguenza non di “avere vissuto al di sopra delle nostre possibilità”, ma quella di una illusione che ci è stata abilmente propinata per lunghi anni. Troppi hanno rifiutato una vita “normale” considerando quest’ultima un “surrogato” della loro vita possibile. Chi tarderà ad aprire gli occhi, temo che vedrà soltanto, aprendoli, le rovine della sua esistenza.