Ormai lo chiedono tutti ed è un provvedimento, inutile nasconderlo, molto atteso dal "popolo" del centrosinistra. E non solo. Con il futuro governo di centrosinistra, allargato o meno che sia alle forze moderate, la soluzione del conflitto di interessi non potrà non essere affrontato e risolto, insieme alla riforma della RAI e della sua governance. Sono due temi strettamente intrecciati tra di loro ma che richiedono coerenza e determinazione nel risolverli.
Nessuno, credo, vuole introdurre un meccanismo di vendetta o di punizione nei confronti di Berlusconi e del suo impero finanziario e mediatico. Ma certamente la "questione" che ha dominato e condizionato per oltre vent’anni la politica italiana non puo' piu' essere rinviata. È consolidato che la vera anomalia politica italiana risiede nel conflitto di interessi impersonificato dalla figura politica, mediatica e imprenditoriale di Silvio Berlusconi.
Chi scrive non appartiene alla schiera di coloro che – con la bava alla bocca e con atteggiamenti da eterni PM contro il "Genio del male" – hanno finito, paradossalmente, per fare la fortuna politica di Berlusconi. Una ennesima conferma si è avuta nei giorni scorsi dopo la trasmissione di Servizio Pubblico con Santoro e Travaglio. Atteggiamento, questo, che da vent’anni ricompatta un ampio schieramento politico, culturale e sociale proprio attorno alla figura di Berlusconi e riduce la politica italiana a un eterno derby tra giustizialisti e garantisti.
È venuto il momento per dire "basta" e voltare pagina. Definitivamente. Anche perché se si intende proseguire su questa strada ci troveremo a gestire l'eterno passato dove prevarranno, ancora una volta e come sempre, le spinte più estremiste in entrambi gli schieramenti con risultati poco incoraggianti. Se è vero, com'è vero, che la cifra riformista non è fatta di proclami qualunquisti o di approcci moralistici e vagamente giustizialistici ma di chiare e nette scelte di cambiamento, il conflitto di interessi e la riforma della RAI possono essere tranquillamente affrontati e risolti.
Unisco il conflitto di interessi con la riforma della governance della RAI perchè sono le facce di una stessa medaglia. La riforma dell'uno non può non contemplare la riforma dell'altro, anche perché il potere e il condizionamento dell’informazione televisiva passano attraverso il superamento del confitto di interessi e la piena e convinta autonomia editoriale e manageriale del servizio pubblico radiotelevisivo. Il servizio pubblico nel nostro Paese deve continuare a esserci perché resta un modello di qualità editoriale e, soprattutto, una garanzia di pluralismo, di completezza e imparzialità dell'informazione. Ma è indubbio che l'intreccio verificatosi in questi anni tra RAI e Mediaset non può proseguire nell'indifferenza e nella semi complicità.
Il centrosinistra ha inserito responsabilmente questo capitolo nella sua agenda e sarà uno dei primi punti del nuovo governo. Senza acrimonia e senza vendette. Ma un governo riformista e democratico non può tollerare ulteriormente questa anomalia, tutta e solo italiana anche nel contesto europeo. Certo, servono competenza, coerenza e serietà nell'azione di governo. Ma soprattutto serve coraggio. Perché noi sappiamo che una democrazia è credibile anche quando il potere dell'informazione non è concentrato nelle mani di poche persone, pena confermare un situazione di permanente anomalia e di strutturale diseguaglianza.
Il PD e l'intero centrosinistra su questo versante si giocano una partita politicamente cruciale. Ma si è credibili e coerenti, questa volta più che mai, se accanto agli impegni programmatici ci saranno le riforme. Quelle vere, però. E non quelle che rinviino alla prossima legislatura. Ne va anche della "qualità" della nostra democrazia. |