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Antipolitica, adesso occorre distinguere
 
di Giorgio Merlo
 

Forse è arrivato il momento di dirlo con chiarezza e senza infingimenti. E cioè, la crisi della politica è di fronte a tutti. La delegittimazione dei partiti è altrettanto evidente e priva di attenuanti. E gli scandali – peraltro addirittura incommentabili – non devono più avere alcuna tolleranza. Politica, legislativa e giudiziaria. Se non si inverte la tendenza si corre il serio rischio non solo di acuire il contrasto tra i cittadini e le istituzioni ma di creare le condizioni favorevoli e ambientali per una rinnovata “democrazia autoritaria”. Un sistema, cioè, che non contempla più la democrazia rappresentativa e che, puntualmente, affida le sue sorti alla mission salvifica dell’“uomo forte” di turno capace di azzerare la situazione esistente e di garantire una nuova ripartenza. E oggi le condizioni ci sono tutte.
Ma è proprio qui che sorge un dubbio non secondario e non polemico. Sono tra quelli che ritengono essenziale avere un’informazione non prona al potere costituito e di continuo stimolo critico a tutto ciò che capita nella società. Con denunce e inchieste, in particolare nella politica e sulla politica. Ma, fatto questo dovuto riconoscimento, è perlomeno singolare che da ormai due anni sia in atto una sorta di violenta campagna demolitoria di tutto ciò che è riconducibile vagamente alla politica. Tant’è che non bastano neanche più le riflessioni del Presidente della Repubblica, pacate, sagge e fortemente ancorate all’impianto costituzionale, per placare questa ira violenta.
Questo vuole dire che la politica non deve cambiare, che deve chiudersi a riccio e conservare tristemente l’esistente? Ovviamente no. Ma quando l’accanimento, violento e a volte profondamente anti istituzionale, è sistematico e punta a colpire tutti indistintamente, cresce il sospetto che non sia solo casuale o che miri esclusivamente a “estirpare il marcio” per conservare invece il sistema democratico, rappresentativo e parlamentare. Quando la grancassa mediatica – e non solo i giornali o le TV che invocano da sempre più galere e più manette per tutti – ha quasi come unica ragione sociale quella di colpire genericamente e indistintamente la politica, i politici, i partiti e le istituzioni, è largamente scontato che il risultato non sia altro che creare un clima di istigazione nell’odio nei confronti di tutto ciò che rappresenta la politica o le istituzioni. Nessuno escluso, ovviamente.
Chi pensa di fare da sponda a questi istinti e a queste contestazioni non pensi di trarne qualche vantaggio politico o elettorale. Quando parte la valanga non c’è opportunismo che tenga. Del resto, l’esaltazione mediatica della trivialità, dell’insulto, della denigrazione personale e politica condotta da Grillo e dai suoi seguaci non è che la conferma plastica di questa pericolosa degenerazione. E non è affatto necessario che Grillo vada in TV a raccontare i suoi deliri nei vari programmi. Ci sono, da tempo, aspiranti conduttori grillini dei vari talk show – tanto della RAI quanto della TV privata, penso a La 7 in particolare – che seminano con intelligenza dosi di antipolitica foriera di conseguenze devastanti per la stessa conservazione della democrazia. Per non parlare di molti quotidiani, su cui ogni giorno leggiamo i commenti dei vari miliardari della carta stampata – o dei loro azionisti – che puntano deliberatamente alla campagna violenta e a volte qualunquistica contro la politica e le istituzioni.
Ora, al di là della piena libertà di espressione e della difesa rigorosa di ogni forma di pluralismo, è persin ovvio ricordare che un clima di questo genere non può non avere delle pesanti ripercussioni sulla vita pubblica italiana. Nell’uragano di tangentopoli – anche se non è possibile tracciare un confronto con quella stagione per le troppe diversità politiche – quella delegittimazione fu raccolta da un progetto politico di “ricostruzione” affidato dagli elettori, e accompagnato dalla maggioranza dei media, a Berlusconi e a Bossi. Cioè a due uomini d’ordine e di potere che, cavalcando furbescamente l’antipolitica distillata anche a quei tempi in dosi massicce, sono riusciti a impadronirsi della politica italiana. Con quali risultati concreti per i cittadini e per la salute delle nostre istituzioni? Lo giudicheranno, anche qui, i cittadini e la storia. Ma oggi, e soprattutto domani, dopo il nuovo uragano dell’antipolitica che soffia impetuoso, quale sarà l’esito? E, soprattutto, quale sarà il profilo e la natura della nostra democrazia?
Domande a cui tutti i democratici devono dare una risposta. Sia quelli che simpatizzano con l’antipolitica montante pensando di trarre vantaggi sia quelli che cercano di correggere le storture dell’attuale situazione senza però precipitare, in un contesto dove la stessa democrazia rischia di trasformarsi in un semplice optional. Non porsi come queste domande sarebbe semplicemente irresponsabile.
La critica costruttiva e consapevole getta le premesse per la rigenerazione morale e per una nuova riscossa politica e istituzionale. L’antipolitica violenta e anti istituzionale dei Grillo, dei conduttori qualunquisti, dei giornali giustizialisti, invece, crea le condizioni per una democrazia autoritaria e anticostituzionale. È questo che vogliamo?


GIV VISCONTI - 2012-06-02
Vorrei che Merlo scrivesse quali sono stati i "fatti concreti" dei governi di sinistra e di destra per la "rigenerazione morale e riscossa politica". E' ora di finirla che si è "innocenti sino al giudizio di terzo grado" (che finisce con la prescrizione, ma è ora che i politici diano un "giudizio politico" su i fatti che quotidianamente leggiamo (Lusi, Bassolino, etc....) è finiscano di nascondersi dietro a un dito e proteggere la politica.
GIANNI VISCONTI - 2012-05-19
Bell'articolo, ma gradirei che scrivessi di due, dico due, provvedimenti che indicassero un cambiamento significativo e positivo della politica, invece di minacciare una deriva antipolitica. Ti invito a leggere l'articolo di Massimo Gramellini dell'8/5/2012.