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Province, giochi fatti?
 
di Alessandro Risso
 

Quando si parla di Province, grazie anche al dibattito su questo sito e al riuscito seminario della scorsa estate, i Popolari sanno di cosa si discute e non sono tra quelli che si lasciano trasportare da superficialità e demagogia. Ma a che punto siamo nell’intricata vicenda?
Per sommi capi facciamo il riassunto delle caotiche puntate precedenti.
Agosto 2011. Il Governo Berlusconi ha l’idea giusta (ridurre di numero le Province accorpandole per legge) ma poi, “per dare in pasto qualcosa all’opinione pubblica” (Alfano dixit), ne decreta la soppressione e inserisce il provvedimento tra i provvedimenti di risanamento con cui si impegna verso l’Europa.
Novembre 2011. A Berlusconi succede il governo “tecnico”. Con il Paese a rischio fallimento, Monti si occupa di cose importanti (riforma delle pensioni, ad esempio) e, senza entrare nel merito, si limita a inserire nel decreto “salva Italia” quello che sulle Province aveva deciso il precedente governo, che avrebbe comportato il modestissimo risparmio di qualche decina di milioni annui delle indennità di carica.
Gennaio 2012. L’Unione Province italiane presenta la sua controproposta: dimezzamento delle Province, accorpando le piccole, eliminazione degli altri Enti con compiti di governo dell’area vasta (ATO, Consorzi) e passaggio delle loro competenze alle Province, riorganizzazione della struttura periferica dello Stato (Prefetture, Questure, Camere di Commercio ecc.) sui capoluoghi provinciali ridotti di numero. Questi provvedimenti porterebbero a un importante risparmio, calcolato in 5 miliardi annui.
Febbraio 2012. Il Governo Monti si rende conto che l’abolizione tout court delle Province non è praticabile per svariati motivi (incostituzionalità, vincoli finanziari sui mutui in essere, caos di competenze). Così il ministro dell’Interno Cancellieri prospetta che le Province mantengano sostanzialmente funzioni e struttura attuali (anche nel numero), con la sola vera novità di ridurle a Enti di secondo livello, con un consiglio ridotto e non retribuito, eletto dai soli consiglieri comunali del territorio.
Marzo 2012. Il giorno 5, in una intervista al “Messaggero”, il ministro della Funzione pubblica Patroni Griffi rivaluta la proposta dell’UPI di riorganizzazione complessiva, ingolosito dai grandi risparmi che ne potrebbero derivare. Conferma però l’idea dell’elezione di secondo livello. Il giorno 15, il Senato approva un ordine del giorno con il quale si stabilisce la nomina a Commissari dei Presidenti di Provincia in scadenza in primavera, in attesa che il Governo vari la nuova norma per le elezioni dei consigli provinciali.
Il ministro Cancellieri aveva già specificato che i consiglieri comunali voteranno “per testa”, e quindi i piccoli Comuni faranno la parte del leone in regioni come Piemonte e Lombardia. Facile prevedere che le aree metropolitane non si riconosceranno più nell’ente Provincia e che cercheranno una governance autonoma.
Come si vede, rimangono ancora molte incognite sul futuro delle Province. I giochi si stiano però completando e pare comunque difficile che la sensata riforma proposta – con colpevole ritardo – dall’UPI trovi accoglienza presso la politica romana, che ormai considera lo storico Ente fondato nel 1859 una necessaria vittima sacrificale sull’altare dell’antipolitica.
Deve però far riflettere che i cittadini perdano la possibilità di eleggere direttamente gli amministratori dell’area vasta. È una regressione democratica che ci preoccupa. Oggi si elimina la scelta degli amministratori provinciali, ieri il decreto Berlusconi che cerca di cancellare i Consigli nei piccoli Comuni, ancora prima il “porcellum” che toglie ai cittadini la scelta dei propri rappresentanti in Parlamento. Che democratici sturziani siamo se non ci preoccupiamo di questa deriva?


giovanni salerno - 2012-04-01
Condivido l 'ipotesi di una nuova ristrutturazione ed accorpamento deelle Province soprattutto affidando i compiti e le funzioni delle Camere di commercio (ormai inutili ed obsolete).
FRANCO CAMPIA - 2012-03-30
Nel suo recente scritto Risso opportunamente richiama il buon lavoro, fatto come Associazione Popolari, sul tema Province, nel quale è emersa, in generale, una ampia comunanza di vedute. Oggi voglio aggiungere qualche altra considerazione estemporanea, rimandando ad altra occasione un ulteriore approfondimento della materia. Abbiamo comunanza di vedute ma non siamo monoliti! A riprova di ciò, per intanto, esprimo un'opinione divergente rispetto ad un punto del contributo di Risso, quando critica la "sola vera novità : di ridurle a Enti di secondo livello, con un consiglio ridotto e non retribuito, eletto dai soli consiglieri comunali del territorio". Sul piano dell'attuazione concreta di questa impostazione ci sarebbe molto, molto da dire e da approfondire ma il principio potrebbe essere, a mio avviso, anche accettabile. La Provincia, in genere, ha come principali interlocutori altri organismi, non direttamente i singoli cittadini e ha competenze che sempre richiedono/dovrebbero richiedere da parte degli Amministratori una certa competenza specifica, amministrativa e tecnica. Competenze che l'elezione diretta non assicura affatto. Ad esempio, nei numerosi Consigli Provinciali con cui mi sono confrontato ho ben visto come la figura del neo eletto, quand’anche volenteroso (condizione non sempre presente…) ma del tutto inesperto, risultasse in genere spaesata e ininfluente rispetto ai problemi concreti sul tappeto, diversamente da chi entrava in Consiglio avendo alle spalle una precedente attività amministrativa, foss’anche all’interno di una Circoscrizione. Al contrario è più difficile che una platea elettorale di Amministratori scelga a rappresentarla degli sprovveduti, salvo il riproporsi in toto delle logiche spartitorie che ammorbarono la c.d. prima Repubblica, che seguivano logiche diverse e ben note. Aggiungo che – demagogicamente – pare si voglia insistere su un abbattimento drastico del numero dei Consiglieri, con un’operazione per altro piuttosto inutile se si presuppone la gratuità dell’incarico. Questa riduzione, con il vigente sistema elettorale, presuppone un’analoga riduzione dei collegi, con un deciso incremento delle loro dimensioni, snaturandone quel carattere di relativa omogeneità territoriale che, almeno fuori Torino, consentiva un possibile radicamento dei candidati. Come ho detto restano moltissime questioni aperte, inclusa una debolezza effettiva che ho riscontrato negli organismi di secondo livello: per definizione i componenti sono già impegnati in un altro livello elettivo (salvo che si considerino eleggibili anche gli “ex”, nei Comuni, ecc…, il che andrebbe bene, salvo rendere poco praticabile una totale gratuità) e c’è il rischio che – pur competenti – non dedichino al secondo incarico l’energia e l’attenzione necessarie. Come non citare, infine, la proposta sorprendente di sopprimere la Giunta? A chi dovranno far capo le sue funzioni? Sarebbe evidentemente impensabile lasciare un vuoto, in quanto ciò vorrebbe dire lasciare uno spazio decisionale improprio alla Tecnostruttura, delegandole un ruolo che non le compete. Non certo per incapacità ma per la inopportuna confusione tra il ruolo politico e quello tecnico. E’ vero che si potrebbe mutuare, ad esempio, l’esperienza dei Consigli Generali francesi, assemblee elettive equivalenti ai Consigli Provinciali presenti in ogni Dipartimento, dove appunto non esiste un organo formalmente equivalente alla Giunta ma ci sono tanti vice presidenti – cioè consiglieri – in luogo degli Assessori. I numeri però non tornano. Mi spiego con l’esempio dei nostri amici della Savoia. Il Dipartimento ha circa 420.000 abitanti ed è poco meno esteso della nostra Provincia; è suddiviso in 37 cantoni che eleggono 37 consiglieri, che, a loro volta eleggono un Presidente. Esistono poi 6 commissioni tematiche, simili alle nostre, e una Commissione Permanente, composta dal Presidente, 11 (!) vicepresidenti con delega specifica e 12 altri consiglieri. La Commissione Permanente, di fatto, svolge la funzione della nostra Giunta ma ha dentro maggioranza ed opposizione. E’ un buon modello? Ci sarebbe da discutere; quel che è certo è che non appare compatibile con un Consiglio striminzito quale quello che si prospetta da noi. Sono francamente curioso di conoscere l’evoluzione di questa "Provincia Story" che, almeno da una larga parte dell’opinione pubblica viene percepita e vissuta con una superficialità desolante.