Stampa questo articolo
 
Zagrebelsky su Scalfaro
 
di Gianfranco Morgando
 

Proponiamo un articolo del nostro amico Gianfranco Morgando, pubblicato sul sito del gruppo di impegno democratico “Per il Domani” (www.perildomani.it), in cui il segretario regionale del PD riprende spunti della riflessione che il professor Gustavo Zagrebelsky ha fatto recentemente a Novara commemorando Oscar Luigi Scalfaro.

Lo scorso 5 marzo il PD novarese ha organizzato una serata in ricordo di Oscar Luigi Scalfaro. Il programma era di grande richiamo, perché prevedeva l’intervento del Presidente emerito della Corte Costituzionale Gustavo Zagrebelsky, nominato giudice dell’Alta Corte proprio da Scalfaro e vicino al Presidente nella battaglia in difesa dei principi della Costituzione repubblicana. C’era molta gente, non soltanto di provenienza PD, perché si trattava della prima manifestazione pubblica di riflessione sull’insegnamento del Presidente Scalfaro nella sua città. Il nostro partito ha fatto bene a mettere a disposizione di Novara un’occasione politica e culturale di alto livello, a sottolineare che la nostra azione non è soltanto quotidianità, ma anche riflessione sulle questioni di fondo della convivenza sociale e civile.
Non scrivo sull’iniziativa per farne la cronaca, per di più a giorni di distanza. Ho salutato brevemente, a nome del partito regionale, insieme alla segretaria provinciale Elena Ferrara ed al Sindaco Andrea Ballarè. Ho ascoltato la testimonianza di Paolo Cattaneo, che accanto alla dimensione famigliare ha saputo tratteggiare molto bene un profilo essenziale del Presidente Scalfaro. Ma soprattutto ho ascoltato il professor Zagrebesky, che ha tenuto insieme molti ricordi personali affettuosi con approfondimenti di grande attualità. E non ho potuto fare a meno di collegare le cose dette quella sera con il dibattito di questi giorni, a cui Zagrebelsky ha dato contributi importanti. Ancora recentemente con una ampia intervista comparsa su “Repubblica” nella sua veste di Presidente di “Libertà e giustizia”.
A Novara si è parlato molto dei “tre no” di Scalfaro a Berlusconi nel 1994: il rifiuto cioè del Presidente della Repubblica di assecondare la richiesta di elezioni anticipate formulata dal premier, e la decisione di verificare in Parlamento l’esistenza di una maggioranza che evitasse il ricorso alle urne. E si è giustamente sottolineato che questa decisione venne presa nel rispetto delle prescrizioni della Carta costituzionale e dei meccanismi e delle procedure democratiche previste dalla stessa, per tutelare la natura parlamentare del nostro ordinamento. Anche allora nacque un governo tecnico, che gestì la transizione verso la svolta politica di due anni dopo, quella dell’Ulivo e di Prodi. Anche oggi la fase di Monti deve essere una fase di transizione verso una nuova assunzione di responsabilità della politica. Lo dice giustamente il professor Zagrebelsky nell’intervista che ho citato: “Pur con la speranza che si ripone nell’operazione Monti, la rinuncia alla politica alla lunga mi pare un pericolo”.
A Novara si è parlato poco dello Scalfaro uomo di partito. Ci lavoreranno naturalmente gli storici, che metteranno in evidenza il ruolo che ha svolto nel corso della cosiddetta prima repubblica, la sua azione all’interno della Democrazia cristiana. Se è vero che Scalfaro è stato eletto Presidente perché in qualche modo alternativo agli equilibri faticosamente ricercati da DC e PSI dopo le elezioni del 1992 (ricordo le riunioni convocate da Pannella alle otto del mattino per cercare adepti alla sua proposta, che era appunto di candidare Scalfaro), è altrettanto vero che non ha mai rinnegato, anzi ha in più occasioni valorizzato il ruolo dei partiti come strumenti fondamentali per la vita democratica del Paese. La fase che stiamo vivendo è caratterizzata da una grave crisi del sistema dei partiti, a cui anche il PD dà un contributo non irrilevante. Si parla con insistenza di una “politica senza i partiti”.
Per uscire da questa situazione occorre un recupero di energie morali e culturali, ma occorrono anche strumenti legislativi, innovazioni costituzionali. Per questo mi sembra sbagliato aspettare un Parlamento nuovo per affrontare il tema delle riforme istituzionali, come suggerisce Zagrebelsky nella sua intervista a “Repubblica”. Perché dal modo in cui si voterà, dalle regole che consentiranno ai cittadini di scegliere davvero i propri rappresentanti, dipenderà anche se la politica e i partiti sapranno superare la crisi attuale. C’è molto da discutere nel merito delle riforme che si stanno preparando. Ma non perderei l’occasione di una convergenza ampia che consenta di realizzare qualche passo avanti, anche se non perfetto e non risolutivo.
Molti nel dibattito novarese hanno sottolineato la particolare attenzione di Scalfaro nei confronti dei giovani, e l’interesse con cui questa attenzione veniva ricambiata. È una cosa molto interessante, che si è registrata soprattutto negli anni successivi al suo settennato, quando più forte era la sua azione in difesa dei principi della Costituzione e delle sue ragioni morali e fondative. Un uomo che proveniva dall’esperienza politica tradizionale, e che aveva attraversato tutta la prima Repubblica, riusciva a parlare di futuro e a rappresentare un punto di riferimento etico per le giovani generazioni. C’entrano naturalmente i carismi personali. Ma c’entra anche il fatto che contano idee e comportamenti, prima ancora dell’età anagrafica e delle rincorse generazionali.
La sfida della politica di oggi non è, come dice giustamente Zagrebelsky, solo quella delle facce nuove, ma dei contenuti e delle coerenze personali.

Ho spigolato qua e là tra i contenuti di una bella serata novarese. Un po’ perché mi sembrava utile che rimanesse traccia dell’iniziativa, e un po’ perché molti spunti possono essere utili per proseguire una discussione che per molti è appassionante, e attiene al modo con cui rispondiamo a una vocazione della politica che non voglia amministrare l’esistente ma costruire il futuro.