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L’occasione del Governo A-B-C
 
di Aldo Novellini
 

A parte il merito indiscutibile di dar finalmente la sensazione che, dopo mesi di sbandamenti, vi sia qualcuno al timone dell'Italia, un effetto virtuoso del governo Monti è di aver reso necessaria una sorta di grande coalizione tra forze politiche che sino a poco tempo fa si affrontavano senza esclusione di colpi. Forse non sarà la perfetta riedizione dell’originale modello alla tedesca, ma è indubbio che oggi il PDL (che stava al governo) e il PD e il Terzo polo (che erano all’opposizione) cominciano in qualche modo a lavorare insieme. E ciò non può che far bene al Paese.
Già questo è il vero miracolo del governo tecnico. Vengono i brividi a ripensare all’era Berlusconi in cui abbiamo assistito a scontri al calor bianco, come mai erano accaduti, neppure negli anni di più forte contrapposizione della cosiddetta prima Repubblica. DC e PCI erano certamente alternativi, ma mai si giunse alla reciproca delegittimazione che è invece stata la caratteristica di questi ultimi diciotto anni. Un clima deleterio, cominciato con l’avvento del nuovo assetto maggioritario e bipolare.
Il bipolarismo che pur ha consentito l’alternanza tra schieramenti diversi secondo i classici canoni europei, ha altresì prodotto un perenne e insanabile conflitto. Schierarsi a destra o a sinistra, ha avuto il significato di percepire l’avversario che stava di fronte come un nemico da annientare piuttosto che un concorrente da sconfiggere in una normale competizione elettorale. Abbiamo spesso udito, da ambo le parti, toni addirittura apocalittici. Ricordiamo con sgomento quando da sinistra si minacciava di mandare a mendicare sui marciapiedi un grande imprenditore che stava per scendere in politica e quando da destra si rispondeva che non si sarebbero fatti prigionieri.
In realtà a imporsi è stata una malintesa interpretazione del bipolarismo, immaginato non come confronto, anche aspro, tra gli schieramenti in lizza ma come una sorta di lotta per distruggere l’avversario. Abbiamo poi assistito al continuo ricatto di partiti come la Lega Nord (nella coalizione di destra) o Rifondazione comunista (in quella di sinistra). Un bipolarismo ove, a differenza di quanto normalmente accade nelle altre democrazie europee, a prevalere nelle rispettive coalizioni non erano i moderati ma gli estremisti. Forze antisistema che, non essendo in grado di fare alcuna proposta seria, preconizzavano una sorta di distruttivo “tanto peggio, tanto meglio”, alla faccia degli effettivi interessi del Paese. Un clima letale cui troppo spesso ha contribuito persino l’ex premier Silvio Berlusconi, pensando forse che le sue annose questioni giudiziarie avrebbero potuto meglio risolversi nel pantano di una continua delegittimazione tra le forze politiche.
Oggi per fortuna tutto ciò pare alle nostre spalle (e ci auguriamo che abbia mai più a ripetersi). L’attuale esecutivo che mette insieme Alfano, Bersani e Casini (l'ormai ben noto A-B-C) costituisce una grande, e forse irripetibile, occasione per normalizzare il Paese. Una provvidenziale grande coalizione che, oltre a gestire l’emergenza salvaguardando i conti pubblici, potrebbe anche rivelarsi la base di partenza per aprire una nuova fase della nostra vita politica.
Vedere insieme dietro lo stesso tavolo, alle prese con i medesimi problemi e, probabilmente, con la stessa volontà di risolverli, PDL, Terzo polo e PD, è una buona notizia e, una volta tanto, anche una bella immagine di concordia nazionale. Ne avevamo davvero bisogno. Non a caso sfuggono a questo generale senso di responsabilità proprio quelle formazioni antisistema come Lega Nord e Italia dei Valori, a loro agio più con la demagogia populista che con il serio confronto di governo.
Se questa inedita coalizione riuscisse a fare qualche riforma istituzionale (magari superando il bicameralismo perfetto) e a cambiare la legge elettorale (cancellando l’odioso “porcellum”) avrebbe al proprio attivo una minimale, ma decisiva, riscrittura in comune di alcune regole. E su questa condivisione potrebbe fondarsi un rinnovato patto costituzionale. Dopo di che ognuno potrebbe riprendere la propria strada, perché certamente PDL e PD sono e devono essere alternativi.
Diversa rispetto al passato risulterà però la contrapposizione che ne deriverà. Essa sarà infatti basata su forze che, seppur per poco tempo, hanno contribuito insieme a superare le gravi difficoltà del Paese e che poi, ad un certo punto, si trovano divise per un diverso progetto politico e non per una drammatica “scelta di civiltà”. Nelle grandi democrazie occidentali funziona così. Ci si batte duramente sui programmi, riconoscendosi però su valori condivisi che stanno alla base del vivere insieme. Valori che uniscono e che irrobustiscono la comunità nazionale, pur nel suo legittimo e articolato pluralismo.


Andrea Griseri - 2012-01-30
Il fatto che il governo Monti non abbia la riforma elettorale fra le sue priorità è grave: mi pare un esecutivo composto da persone competenti e autorevoli che tuttavia suonano lo spartito composto dagli inefferrabili burocrati di Bruxelles e da due premier stranieri alle prese con una tornata elettorale difficile. Infinitamente prioritaria è la riforma elettorale, capace come ben dice l'articolo di far germogliare una cultura politica da Paese normale, rispetto a quella, cara a certo neoliberismo arteriosclerotico, del mercato del lavoro che genererà insicurezza e conflitti