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Alleanze: basta con i massimalismi
 
di Giorgio Merlo
 

Il Governo Monti è destinato inesorabilmente a modificare in profondità la geografia politica italiana. E questo a prescindere dalla stessa azione di governo di questo gruppo di banchieri, cattedratici e accademici, ma per la semplice ragione che la nuova fase politica non può riproporre le stesse modalità del passato. Del resto, che senso ha sostenere oggi, per il 2013, che per il centrosinistra è indispensabile costruire una coalizione di governo con giustizialisti ed estremisti? Che credibilità potrebbe avere una coalizione, e soprattutto un programma, concordato con Ferrero, Diliberto e Di Pietro?
Qualunque persona di buon senso, al di là delle singole appartenenze politiche, si renderebbe conto che un caravanserraglio del genere sarebbe destinato a sciogliersi come neve al sole nell’arco di pochi mesi. Per non pensare di affrontare con quel cartello elettorale una crisi drammatica come quella che stiamo attualmente vivendo. Quel tipo di coalizione, benedetta dal “mattarellum”, appartiene a una stagione politica ormai archiviata. E la stessa foto di Vasto, su cui molto si è dibattuto e ironizzato, è superata: non perché c’è stato un ripensamento politico o programmatico, ma per la semplice ragione che la nuova fase politica che non contempla più l’armata antiberlusconiana in campo con il coltello tra i denti contro la corazzata berlusconian-leghista. È una fotografia, questa, ormai consegnata alla storia. Semmai, sarebbe francamente curioso se un partito come il PD, che giustamente si vanta di essere popolare, riformista e con una profonda cultura di governo, continuasse ad avventurarsi in un ginepraio fatto di scomuniche ad personam, assalti giustizialisti, parole d’ordine di moda ai tempi di Che Guevara, con un armamentario tardo-ideologico da lasciare alla professionalità di Minoli con la sua Rai Storia.
Adesso è il momento di scommettere sui contenuti e di far ritornare protagonista la politica, i partiti, e la capacità di elaborazione dei gruppi dirigenti. Tutto ciò non contrasta affatto con il leale sostegno al Governo Monti e a ciò che questo esecutivo rappresenta nell’attuale congiuntura politica. Ma non passano certo attraverso i banchieri e i cattedratici il futuro della politica italiana, il ruolo dei partiti popolari e la stessa capacità di elaborazione dei gruppi dirigenti.
Per quanto riguarda il PD, il 2012 sarà un anno decisivo per misurare se resta legato alle vecchie categorie dell’alternativa di sinistra, del cartello contro il nemico da abbattere o se, al contrario, dispiega sino in fondo la sua vocazione riformista e di governo. E questo a cominciare anche e soprattutto dalle riforme istituzionali e dalla futura legge elettorale, che è necessario modificare a prescindere dall’ormai prossimo pronunciamento della Consulta. Il ritorno ad una sorta di neo-proporzionale, come dice giustamente Franceschini, che non metta in discussione la democrazia dell’alternanza e il bipolarismo, è un’operazione politica non più procrastinabile. Fuorché qualcuno pensi che il sistema ottimale resti quello di conservare un bipolarismo muscolare all’insegna della contrapposizione politica violenta e con un sistema elettorale funzionale alla distruzione dell’avversario. No, quella pagina si deve chiudere. E chi la invoca, ricorda troppo da vicino quei conduttori televisivi, comici e opinionisti che, grazie alla lunga stagione berlusconiana, hanno ottenuto consensi, ascolti e una valanga di denaro. Ma la politica non deve rendere costo a chi sfrutta la politica per ottenere denaro e popolarità. Deve dare risposte ai cittadini e costruire le condizioni che garantiscano il governo del Paese.
Proprio lungo questo crinale si inseriscono il ruolo, l’iniziativa e il progetto politico di un grande partito come il PD. Adesso non ci sono più attenuanti, è il momento delle scelte concrete e nette. O il PD resta abbarbicato al passato e prigioniero dei suoi fantasmi – dall’alternativa di sinistra alla foto di Vasto – oppure decide di mettere in campo una strategia innovativa che premia i contenuti rispetto alle alleanze indistinte e le coalizioni di governo rispetto ai cartelli elettorali. Su questo si gioca la vera sfida riformista del PD e non la quantità di primarie che faremo. Il primo è la politica, il secondo è il gossip.


Salvatore Borgese - 2011-12-20
Caro Giorgio, credo sia apprezzabile lo sforzo che il PD sta compiendo per concorrere a salvare l'Italia dalla bancarotta. Condivido la linea politica che il Segretario Bersani sta dando al Partito, segno che la famosa "contaminazione" sta dando i suoi frutti. Assisto impotente però alle puerili ragioni di bottega, poste in essere da chi già una volta ha umiliato il PD negando la fusione per poi impostare una politica populista e demagogica (altro che giustizialismo) al solo scopo di rallentarne la fine. Spero di cuore che il dopo Monti sia l'inizio di una nuova era politica e che le forze moderate del Paese riescano a trovare le giuste intese per ridare ai giovani la speranza di un domani meno precario. PS. Occhio a Niki.
Andrea Griseri - 2011-12-19
Purché si riesca a CAMBIARE IN PROFONDITA' LA POLITICA E RITORNARE, CON GLI OPPORTUNI AGGIORNAMENTI, ALLA FORMA PARTITO CONTEMPLATA DAI COSTiTUENTI. Perché la democrazia si rinnova ma non ha età, e fanno paura i tecnocrati della Trilaterale che ritengono esservi nel mondo occidentale troppa democrazia. I riformisti devono in primo luogo riformare gli strumenti che consnetono di fare politica: già Bobbio diceva che il problema è la democrazia "nei" e non "fra" i partiti. Che non devono ridursi a un miscuglio di interessi e favoritismi o a meri cartelli elettorali.