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I cattolici dopo Monti
 
di Giorgio Merlo
 

Si è aperto uno strano dibattito nella politica italiana sulla presenza o meno dei cattolici dopo la formazione del Governo Monti. Un dibattito apparentemente lunare perché è quanto mai difficile misurare il tasso di cattolicità dei singoli ministri e, soprattutto, perché la presenza dei cattolici non la si può quantificare a peso. Ora, al di là del profilo dei singoli ministri, tra cui comunque ci sono autorevoli esponenti dell’area cattolica italiana, è indubbio che il tema della presenza dei cattolici nella scena politica italiana è destinato a crescere nei prossimi mesi.
E allora cominciamo subito a dire che non può esistere una disputa su chi è pro Todi e chi è anti Todi. Una disputa astratta perché la dialettica politica e culturale all’interno dell’area cattolica italiana non può dividersi su un convegno, seppur importante come quello che si è svolto nelle settimane scorse a Todi. Semmai, in discussione c’è la volontà di riaffermare con forza nella concreta dialettica politica italiana il ruolo e il peso dei cattolici, a prescindere dalla loro collocazione e dalla loro organizzazione di gruppo o di corrente o di partito.
Si confrontano qui due tesi di fondo che solo nei prossimi mesi capiremo se sono destinate a cambiare in profondità l’attuale geografia politica italiana oppure se il tutto è relegato alla convegnistica. E cioè, o decolla una sorta di “grande centro” che accompagna l’ormai irreversibile tramonto della stagione berlusconiana con un rinnovato protagonismo dei cattolici oppure la presenza dei cattolici continuerà ad essere disseminata in tutti i partiti, dove cercheranno, seppur tra molte difficoltà, a declinare una presenza valoriale e politica significativa ed originale.
Attorno a queste due prospettive si affinerà il confronto tra i vari esponenti cattolici impegnati in politica. Perché è indubbio che il Governo Monti, come notava nei giorni scorsi Angelo Panebianco dalle colonne del “Corriere della Sera”, dovrà affrontare e – speriamo – risolvere i drammatici problemi di natura economica e finanziaria che attanagliano e bloccano la ripresa del nostro Paese. Ma, al contempo e quasi indirettamente, il Governo Monti per il suo stesso profilo offre la concreta possibilità per ridisegnare l’assetto politico italiano. Un assist che i partiti potranno sfruttare al meglio.
Ci sono però molte variabili in campo. Dalla futura legge elettorale all’intera riforma delle istituzioni, dal confronto concreto tra i partiti e nei partiti al protagonismo di nuovi soggetti politici riconducibili agli stessi umori della pubblica opinione. Insomma, una fine legislatura che non sarà racchiusa nell’angusta, seppur importante, agenda tecnica. I prossimi 18 mesi saranno decisivi per conoscere i futuri assetti della politica italiana, pur senza mettere in discussione la cosiddetta democrazia dell’alternanza ma raddrizzando comunque lo sbilenco bipolarismo che abbiamo potuto conoscere in questi lunghi anni di pesante condizionamento berlusconiano.
Lo stesso ruolo dei cattolici non potrà essere indifferente a questo cambiamento. È noto, infatti, che si stanno moltiplicando, non soltanto ai vertici della Chiesa e delle associazioni laicali, le iniziative che reclamano una maggior visibilità e un maggior protagonismo pubblico dei cattolici italiani. Dalla base emerge una “domanda di politica” che non potrà più essere incanalata lungo i rivoli che sino ad oggi hanno avuto il sopravvento. E chi pensa che dietro alla legittima rivendicazione del pluralismo delle scelte politiche si possa tranquillamente continuare come prima o è un illuso o è preoccupato di mantenere solo lo status quo. Una cosa è certa: gli equilibri cambieranno. Quello che conta, semmai, è raccogliere la sfida che arriva dall’arcipelago cattolico per evitare che il tutto si riduca ad una operazione gattopardesca. E cioè suscitare grandi aspettative per poi non cambiare nulla. Saranno le concrete condizioni politiche a dirci nei prossimi mesi se i cattolici italiani, nel rispetto della laicità e del pluralismo delle opzioni politiche, saranno protagonisti – con altri, ovviamente – di una nuova stagione politica oppure se si rinchiuderanno ognuno nelle rispettive nicchie a svolgere un ruolo meramente testimoniale e ornamentale.


GIOVANNI SALERNO - 2011-11-29
Noi cattolici (di lunga e vera tradizione) abbiamo rinunciato a una vera presenza per un piatto di lenticchie (presunta laicità che comporta rinuncia ai nostri principi).Non so se valga la pena fare un partito, ma un movimento trasversale di continuo confronto. Santa e corretta lobby sui valori cristiani.