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Nuove alleanze per il dopo-Monti?
 
di Giorgio Merlo
 

È difficile respingere al mittente le tesi di coloro che vedono nell’attuale Governo Monti due obiettivi: l’uno, indubbiamente il più importante e il più diretto, è quello di risanare i conti, salvare il sistema Italia e rilanciare la nostra economia; l’altro, seppur indirettamente, è quello di favorire la nascita di nuove alleanze appena si chiuderà, nel 2013, il ciclo di questo esecutivo. Insomma, una forte scomposizione dell’attuale quadro politico per dar vita a una nuova fase, impossibile con Berlusconi imperante. E questo è già percepibile all’orizzonte.
Sono passati pochi giorni dal varo del Governo Monti e tutte le forze dell’attuale centrosinistra – tranne ovviamente il PD che si è distinto da subito per senso di responsabilità, equilibrio e cultura di governo – si sono scagliate, seppur con forme e modalità diverse, contro il nuovo esecutivo accampando tesi o strampalate o massimaliste. Da Vendola a Di Pietro, da Bonelli a Diliberto, per non parlare di Ferrero, è stato un crescendo di contestazioni e polemiche degne di partiti che combatteranno frontalmente questa nuova esperienza politica. Tesi, ovviamente legittime, ma che avranno pesanti ricadute politiche dopo questo arco di tempo che vede giustamente il PD come principale sponsor politico del nuovo Governo Monti. Sul fronte opposto, non possiamo non registrare la spaccatura, al di là delle formalità di rito, tra il PDL e la Lega, ormai ritornata strumentalmente e simpaticamente secessionista. Ma è nello stesso PDL che si consumeranno gli strappi più significativi di questa nuova fase politica aperta dalla caduta del Governo Berlusconi. È sufficiente leggere le prese di posizione dei maggiorenti di quel partito per rendersi conto che si confrontano ormai due linee di fatto incompatibili. Una riconducibile ad un profilo moderato e di governo – da Formigoni a Scajola, da Lupi a Pisanu – e l’altra che sente il richiamo dell’ala più oltranzista e barricadera rappresentata dagli esponenti che arrivano dalla tradizione ex missina.
Ora, è immaginabile che dopo un arco di tempo dove tutti speriamo che il Governo Monti sia capace di affrontare risolvere i problemi che sono sul tappeto, sia possibile riprendere le fila del passato e presentarsi agli elettori come se nulla fosse accaduto? E cioè, il centrosinistra di Vasto allargato ai comunisti di Ferrero e di Diliberto, seppur solo con accordi ed elettorali, e un centrodestra dominato, ancora una volta, dal condizionamento secessionista e volgarmente localistico della Lega Nord? No, pochi possono credere a questa prospettiva fuorché si pensi che il futuro sia la semplice replica del recente passato. E pochi pensano che dopo un governo di questo genere, costretto ad assumere decisioni squisitamente politiche perché dovrà sciogliere nodi decisivi e cruciali per l’avvenire e le condizioni di vita di milioni di italiani, sia possibile mettere tutto tra parentesi e ricominciare da capo.
Ma allora, quale può essere lo scenario più accreditato? Ad oggi nessuno lo sa. Troppe sono le variabili. Dai risultati concreti che il Governo Monti riuscirà a ottenere alla futura legge elettorale, dal comportamento concreto dei singoli partiti agli umori della pubblica opinione. Ma una cosa è certa. Seppur nel rispetto della democrazia dell’alternanza e del bipolarismo – che non sarà più quello muscolare che abbiamo conosciuto in questi lunghi 17 anni – i “simili” saranno sempre più attratti. E chi ha una concezione moderata e temperata della politica difficilmente sarà alternativo all’altro. Come, d’altro canto, chi ha una profonda e radicata cultura di governo sarà portato a ritrovare i punti di convergenza politica, culturale e programmatica in modo più marcato rispetto al passato.
Questo non significa il banale, e un po’ grottesco, ritorno a una sorta di neocentrismo democristiano in versione riveduta e corretta. Il passato, com’è noto, non ritorna mai uguale a stesso. Ma è evidente che, dopo la sbornia populista, demagogica e rozzamente bipolare imposta dalla presenza potente e carismatica di Berlusconi, la geografia politica è costretta a mutare in profondità. Con buona pace di chi continuerà a coltivare una concezione ideologica, massimalista e barricadera della politica. Per costoro ci sarà, com’è ovvio, uno spazio nella politica di domani. Ma non sarà lo stesso di chi coltiva, all’opposto, una cultura di governo, moderata e riformista.


Andrea Griseri - 2011-11-24
Analisi articolata e condivisibile che sarebbe ineccepibile se oggi corresse l'anno 1970 0 1990 o 1986. Purtroppo oggi il quadro di riferimeno è segnato da una riduzione della sovranità nazionale, da istituzioni europee attossicate di vecchie dottrine econometristico-liberiste che in virtù dei trattati (ratificati ma mai approvati dal popolo in Italia) vengono imposte ai Paesi senza discussione (e il Parlamento europeo sappiamo che non detiene il potere legislativo e quindi è improprio chiamarlo Parlamento). Se non si affrontano i problemi a questo livello analitico i ragionamenti come il tuo, per quanto raffinati, rischiano di avere la rilevanza analoga a quelli di uno sperduto consiglio di Circoscrizione. Qui non è questione di moderatismo o spirito barricadero ma di semplice consapevolezza. Non so se tutto quello che sostiene Fassina è giusto: ma proporre di cacciare fuori dal partito chi educatamente solleva "il" o una parte "del" problema è folle: una deriva stalinista e albanese lontanissima dalla cultura di un cattolico democratico.
giuseppe cicoria - 2011-11-23
Hai ragione! Se non cambia questa legge elettorale, la situazione può diventare drammatica perchè troppi "leader" e "leaderini" si scanneranno, a spese dei cittadini, per avere qualche tornaconto elettorale. A parte qualche dettaglio esasperato da parte degli estremisti, tutti i cosiddetti programmi sono praticamente identici, ma inconcludenti e assolutamente inefficaci ad affrontare questo spaventoso attacco alle economie europee da parte degli interessi finanziari che albergano quasi tutti presso gli "amici" americani e gli "inglesi-troiani" (vi ricordate il cavallo di Troia?) che stanno riuscendo ad eliminare il fastidioso euro in modo da poter stampare con maggiore libertà dollari e vivere, felicemente, alle spalle del mondo! Per cambiare qualcosa bisogna potersi contare con una vera legge democratica rigorosamente proporzionale con qualche sbarramento. Il governo verrà, dopo, sulla base delle forze volute dagli elettori. Il programma verrà formato con la sintesi dei progetti di ciascun partito chiamati a formare una maggioranza. Il problema sarà di facile soluzione perchè saranno i mercati e le autorità europee a dettare i più consistenti provvedimenti. E per favore smettiamola di sbandierare l'orgoglio nazionale dopo che ci siamo indebitati in maniera indecente presso tutto il mondo! L'appello all'orgoglio, in passato, ha portato lutti e rovine con la nascita del fascismo e nazismo. Queste ideologie nacquero a seguito di sconvolgimenti sociali correlati al mancato aiuto proprio sui debiti pubblici e danni di guerra non pagati dalle nazioni sanzionate.
Alessandro Barbero - 2011-11-23
Sicuramente il governo Monti potrebbe produrre cambiamenti profondi nella geografia politica italiana. Idv, Sel e Federazione della sinistra fanno quotidianamente distinguo o direttamente opposizione al nuovo governo. Segnalo però un'ulteriore variabile (se il Parlamento ci metterà effettivamente mano): la nuova legge elettorale. A seconda del suo profilo proporzionale o maggioritario, si vedrà se metteremo definitivamente in naftalina questo bipolarismo o no.
franco maletti - 2011-11-23
Purtroppo, in alcuni Circoli del PD, già oggi la realtà è così deprimente da far passare la voglia di rinnovare la tessera. I ragionamenti di Giorgio sono condivisibili in una concezione "alta" della politica. Ma non si può per questo sorvolare su certe "miserie locali" ancora ferme all'anno zero del PD, e dove le ambizioni personali si impongono a prescindere da quella democrazia (e non lottizzazione) che dovrebbe essere il valore fondante di ogni partito che si rispetti.