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Quousque tandem?
 
di Alexis de Tocqueville
 

All’uomo non difetta la tenacia. Resta aggrappato alla sua poltrona di primo ministro come neanche la più ostinata delle cozze al suo pezzo di scoglio. Ormai il Cicerone esasperato che alberga in ogni italiano capace di un sentimento di dignità civile si chiede a gran voce “quousque tandem, Berluscae, abutere patientia nostra?”. La stessa domanda, oltre che nelle cancellerie europee, risuona nella testa di ogni operatore finanziario intento a salvare i risparmi degli italiani schiacciati tra un enorme debito pubblico e un ancor più colossale deficit di credibilità del nostro governo.
Voci di dimissioni e smentite si succedono a cadenza sostenuta, e subito la speranza del cambio al timone spinge in alto la Borsa di Milano, per poi scendere non appena si capisce che sarà ancora lo screditato nostromo di Arcore a guidare la nave allo sbando. Ancora per poco.
Che non si possa più andare avanti così lo stanno capendo addirittura alcuni di coloro che non si sono vergognati a votare leggi ad personam, ad aziendam e a certificare la parentela di Ruby con Mubarak. Berlusconi si appresta all’ennesima battaglia, cercando di raccattare – con lusinghe, promesse e (soprattutto) concreti vantaggi – i voti necessari per l’ennesima fiducia. Ma ormai persino l’incerto ingresso nel Terzo polo pare più promettente delle garanzie che può fornire il premier.
Al posto suo ogni leader politico della prima Repubblica avrebbe già fatto un passo indietro per dare più peso politico al proprio partito nella fase successiva alle dimissioni. A queste logiche Berlusconi preferisce la tragedia classica, guardando in faccia i “traditori” che gli voteranno contro. “Tu quoque Gabriella…” potrebbe declamare alla Carlucci e agli altri transfughi.
Ma tranquilli! La fine di Cesare fu sanguinosa. Al sultano di Arcore il peggio che può capitare è di trasferire l’harem nell’esilio dorato di Antigua.

Della rubrica FARDELLI D’ITALIA


M. Carla Micono - 2011-11-08
Mi piace ogni tanto rileggere De Tocqueville, e così, dopo questo articolo, mi ritorna in mente una frase da "La democrazia in America". Si recita: E' più facile essere uguali nella schiavitù, più difficile, ma necessario, essere liberi nell'uguaglianza. In questi giorni convulsi di conta dei voti, mi sembra un pensiero molto appropriato. Usque tandem? Ce lo chiediamo in molti.
franco maletti - 2011-11-07
Se Berlusconi vuole "guardare in faccia i traditori" non ha da fare altro che mettersi davanti allo specchio. L'Italia intera aspetta il gesto conseguente.