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Profumo di danno
 
di Vero Invino
 

C’erano una volta, nel Paese al centro del Mediterraneo dove fiorivano gli ulivi, alcune contraddizioni sul “Profumo”.
In un’occasione lo si scambiava, attribuendolo ora a un professore universitario, ora a un ex-banchiere, e talvolta si confondevano a vicenda.
Era lo stesso Paese dove, un tempo, esisteva un sistema bancario un po’ ingessato e clientelare, ma non troppo corrotto, dove convivevano grandi professionalità, rapporti col territorio, una certa fiducia nel suo complesso… e anche grandi lacune. Si decise di privatizzarlo, le eccellenze si persero, ma rimasero le lacune…
Per aver cucito e tagliato pezzi d’azienda, dipendenti, risparmi, distribuito talvolta opportunamente dividendi, qualcuno venne considerato anche un grande banchiere… fino a poco prima di voler aprire un po’ di sportelli in Libia, poco prima della rivolta.
Inoltre, sempre nella confusione dei termini, “Profumo di donna” fu un grande film di Dino Risi – tratto da un racconto poco conosciuto di Giovanni Arpino (“Il buio e il miele”) – con un indimenticabile Vittorio Gassman. Nulla, al suo confronto, una seconda versione americana, anche se c’era Al Pacino. Già, spesso, le seconde edizioni vengono peggio. Anche quando si tenta nella politica, potremmo meglio dire, allora, “Profumo di danno”.

Della rubrica FARDELLI D’ITALIA


Il passator scortese - 2011-10-06
Grandioso! Più di articolo di fondo in prima pagina sul Corriere... Domanda cattiva: ma come è che in tanti, direi tutti, qui scrivono benissimo, anche con humour e quindi anche in tanti leggono, ma poi governa sempre il principe? Non sarà che molti di noi, bravi figli di Maria al maschile, per far un esempio sono molto più felici che abbia perso la mangiapreti Bresso e abbia vinto Cota, il cui primo atto da presidente fu quello di voler rubare la doc all'erbaluce di Caluso per regalarla ai novaresi? (Il buongiorno si vede dal mattino). Finchè saremo così non faremo molta strada, anzi è già tanto se manteniamo l'attuale.