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Il fantasma della Città Metropolitana
 
di Franco Campia
 

Il fantasma della Città Metropolitana si aggira per l’Italia da circa vent’anni, da quando la legge 142/90 la inventò quale nuovo livello di governo del territorio. Si aggira tentando invano di prendere corpo, perché nel tempo, a fiumi di parole, convegni, espressioni di volontà politica… non è seguito nulla di concreto. Dando così, per ora, ragione a coloro che fin dall’inizio obiettarono sull’alto tasso di velleitarismo e di superficialità della neonata istituzione (che venne definita “una risposta sbagliata a un problema reale”), anche per la forzata omologazione, contenuta nella legge, di dieci città/province profondamente diverse tra loro.
Ora qualcuno ha gettato una pietra nello stagno: è il Presidente PD della Provincia di Genova, l’amico Alessandro Repetto (amico anche nel senso della comune provenienza dal PPI), che, nei giorni scorsi ha ufficialmente proposto di realizzare in tempi ristrettissimi la Citta Metropolitana di Genova, procedendo allo scioglimento della Provincia e quindi non effettuandone le elezioni di rinnovo l’anno prossimo. La proposta è stata accolta con entusiasmo dal Sindaco della Città, l’attiva e presenzialista Marta Vincenzi e nelle prossime settimane i due Consigli, Comunale e Provinciale, dovrebbero votare le relative delibere di indirizzo.
Non so se questa brusca accelerazione sia anche legata a fattori locali: Sindaco e Presidente sono al secondo mandato, e Repetto – che gode di un buon consenso popolare – non avrebbe gradito il tiro al bersaglio contro la Provincia, che anche da quelle parti ha vivacizzato il periodo estivo. Certo è che, se non si tratterà di un ballon d’essai, sarà del tutto opportuno che l’operazione venga seguita da Torino con la massima attenzione.
Anche da noi, infatti, dove il fantasma sta facendo capolino, si sono prodotte nel tempo proposte (alcune per altro francamente bislacche) che non hanno generato nulla di concreto, con l’eccezione del progetto della Conferenza Metropolitana, molto intelligente ma presto trascurato se non abbandonato, forse perché giudicato da taluni troppo minimalista.
Allora attenzione a Genova, pur sapendo che si tratta di un bonsai rispetto alla situazione torinese. Quella Provincia conta infatti solo una settantina di comuni; il suo confine a ponente quasi coincide con quello del Comune di Genova, ampliato durante il Fascismo con l’annessione di diversi centri confinanti, da Voltri a Nervi; a levante ci può essere qualche resistenza solo dal Tigullio, che ha in Chiavari un polo locale importante e caratterizzato. C’è infine un entroterra che appare molto poco “metropolitano”, con comuni appenninici spesso di piccole o piccolissime dimensioni.
Un bonsai che dovrà comunque risolvere lo stesso intreccio di questioni presenti, anche se in scala ben maggiore e problematica, nella nostra realtà. Questioni del tipo: quale ripartizione delle competenze (ossia: nel nuovo organismo “chi farà che cosa”)? Come organizzare la rappresentanza politica e armonizzare presenze così diverse per dimensioni e caratteristiche socio-economiche? Come rassicurare i centri minori rispetto al timore dell’egemonia del comune capoluogo?
Se il fantasma cesserà di essere tale, materializzandosi con un assetto soddisfacente nella realtà genovese allora anche la questione torinese sarà forse un po’ più vicina al trovare una soluzione. In caso contrario il modello previsto dalla normativa nazionale si confermerà come un campione di astrattezza istituzionale, e la questione – assolutamente reale – della governance metropolitana dovrà essere affrontata per altre vie.


Elena Dovico - 2011-09-16
Interessante il caso di Genova, con una città metropolitana, una provincia di levante con capoluogo La Spezia e una provincia di ponente: si rischia però la guerra tra Savona e Imperia. Bene le città metropolitane a Roma, Napoli, Mlano. Ma a Torino, vogliamo forse una provincia "a ciambella" slegata da Torino? o una città metropolitana che inglobi la Val Pellice e Ceresole Reale? Le pensate romane andrebbero prima verificate in loco per evitare che si impantanino nelle loro stesse debolezze.