L’omelia per san Lorenzo del cardinal Bagnasco ha avuto il merito, per l’ennesima volta, di richiamare i cattolici al peso delle loro responsabilità. A partire da una sana e corretta laicità per arrivare al tema centrale che dovrebbe caratterizzare la presenza pubblica dei credenti: e cioè, qual è l’apporto politico e programmatico alla soluzione dei problemi che attraversano la società italiana?
Una domanda, questa, che non può lasciare indifferente nessun cattolico che sente la vocazione all’impegno politico. A cominciare dal peso specifico che ognuno riesce a portante nel proprio partito e nel proprio schieramento. E forse, su questo versante, è giunto il momento che ognuno di noi si assuma le sue responsabilità e non si trinceri stancamente dietro il pluralismo politico dei cattolici, ormai acquisito, o la diversità di culture che anima ogni grande formazione politica. Perché nella politica, come nella vita, nulla è mai definitivo o ingessato. Dico questo perché è evidente a tutti la difficoltà che i cattolici italiani hanno oggi nella declinazione concreta della propria cultura nella politica e nelle scelte decisive che condizionano la vita dei cittadini. Non si tratta di rimpiangere il passato o di far politica con lo sguardo irrimediabilmente rivolto alle proprie spalle. Ma è altresì indubbio che quando nel nostro Paese si aprirà una nuova fase politica – e lo dico senza nessuna polemica o spirito partigiano – è evidente che anche per molti cattolici impegnati nel temporale si porrà il problema se continuare con le vecchie categorie, il vecchio bipolarismo, i vecchi contenitori o se, invece, dar vita ad una nuova fase con nuovi attori e nuovi protagonisti. E questo perché l’agibilità dei cattolici, conservatori o democratici che siano come li definiva don Sturzo all’inizio del Novecento, denotano una scarsa capacità di incidere nei meccanismi della politica contemporanea.
Certo, il cardinal Bagnasco, giustamente, non indica le ricette per uscire dalla grave crisi economica e finanziaria che attanaglia anche il nostro Paese. Né individua gli strumenti attorno ai quali far convergere la presenza politica dei cattolici. Ma dalle sue parole si comprende come il quadro valoriale richiesto ai cattolici in questa difficile e complessa fase politica non tolleri una presenza dei laici cristiani subalterna, passiva o puramente ornamentale. La “fedeltà” al capo partito o al leader dello schieramento da un lato o una presenza puramente testimoniale e da suppellettile dall’altro non sono due modelli da esportare o da prendere come modello. Serve qualcosa in più. È necessario declinare una “originalità” capace di ridare piena cittadinanza a una cultura che continua a essere decisiva per lo sviluppo integrale della persona e per dar vita ad un modello sociale che leghi, in qualsiasi scelta, la giustizia sociale con lo sviluppo e la libertà di intraprendere. Valori che affondano le loro radici nel patrimonio del cattolicesimo politico e nella dottrina sociale della Chiesa che oggi è interpretata da molti, richiamata da moltissimi, e praticata da pochi. Perché capita questo? La risposta è semplice perché è scontata. La mancanza di un unico soggetto politico che interpreti questa esigenza culturale e valoriale indebolisce, di fatto, la costruzione di una politica cristianamente ispirata.
Ecco perché, nell’attuale fase politica, confusa e contraddittoria, l’unica risposta credibile e realmente praticabile resta quella di unire le forze – a livello trasversale pur senza tentazioni consociative – per marcare una presenza politica e parlamentare significativa ed originale. Le occasioni non mancano e le possibilità neppure. Se c’è la concreta volontà di raccogliere sino in fondo il richiamo lanciato dal cardinal Bagnasco, ci si può tranquillamente attivare. Non solo nel commento alle Sue parole ma nella concreta azione politica e, nel mio caso, parlamentare. Del resto, la ricerca del “bene comune” supera il particolarismo dell’azione politica e le divisioni, fisiologiche, che la caratterizzano e la attraversano. Se riusciamo, in questa fase transitoria, a tracciare la strada per far pesare di più i cattolici – in termini ideali, culturali e politici – forse avremmo già compiuto un significativo passo in avanti. |