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Una nuova solidarietà nazionale
 
di Giorgio Merlo
 

Se l’Italia non fosse un Paese dominato dalle pregiudiziali personali e dai veti ideologici non ci troveremmo nella drammatica situazione in cui versiamo ormai da troppo tempo. E la risposta all’impasse attuale non sarebbe che una: e cioè dar vita a un governo di “solidarietà nazionale”. Al di là di qualsiasi istinto consociativo, la maturità di una politica post-ideologica la si misura negli snodi decisivi della storia di un Paese. Così fu ai tempi del terrorismo. E così è oggi, pur in una situazione profondamente diversa rispetto al passato. Ma un nuovo governo di “solidarietà nazionale” avrebbe anche l’effetto da un lato di cancellare definitivamente la litania, sempre più noiosa, della richiesta di elezioni anticipate e, dall’altro, di spiegare ogni giorno le virtù salvifiche del governo guidato da Silvio Berlusconi. Ma la politica italiana questa consapevolezza politica e culturale ancora non ce l’ha. Per cui assistiamo quotidianamente alla recita degli opposti rosari che, soprattutto nell’attuale contesto, non portano a nessuna soluzione se non a quella di accentuare il distacco tra la politica e la pubblica opinione contribuendo, seppur inconsapevolmente, a ingrossare le sacche di antipolitica, ormai sempre più diffuse in tutti i settori.
Eppure il destino di un Paese – e qui si parla della sua salute economica, produttiva e finanziaria – non si può affrontare a colpi di elezioni anticipate o con l’esaltazione del berlusconismo. Pochi, oggi, nella politica italiana mettono in discussione il valore del bipolarismo. Soprattutto la sua capacità di trasmettere un messaggio politico chiaro ai cittadini elettori ogni qualvolta sono chiamati a pronunciarsi nelle urne. Ma un bipolarismo maturo e non solo muscolare sa affrontare anche i momenti dell’emergenza. Ce lo insegnano molti Paesi europei con la loro volontà di superare le profonde differenze politiche che li caratterizzano per affrontare insieme i rischi di caduta che si presentano all’orizzonte. Certo, questa strada è sconfitta se prevale la criminalizzazione dell’avversario o la voglia di distruggere l’interlocutore politico. Peggio ancora quando prevalgono pregiudiziali personali. E noi questa degenerazione la sperimentiamo dal lontano ’94, cioè dalla discesa in campo di Berlusconi. Ampi settori della politica italiana sono rimasti aggrappati all’antiberlusconismo militante e non si sono ancora resi conto che quella fase si sta definitivamente chiudendo. Almeno sotto il profilo politico e culturale.
Una stagione all’insegna della solidarietà nazionale, dunque, non mette in discussione la trasparenza delle coalizioni e la stessa democrazia dell’alternanza. La centralità della coalizione e la trasparenza della sua proposta si possono tranquillamente costruire anche passando da una fase di collaborazione per poi ripristinare una normale competizione appena la situazione nazionale, europea e internazionale si normalizza. Del resto, al di là delle nicchie – che permangono a prescindere dalla contingenza politica – che lavorano in modo coerente e irresponsabile per il “tanto peggio tanto meglio”, qualunque forza politica che esprima una vera cultura di governo non può trincerarsi dietro le pregiudiziali personali e i veti ideologici. Certo, non possiamo avere come modello di riferimento i Ferrero, i Diliberto o i Beppe Grillo. Lì c’è solo la violenta contestazione dell’avversario politico e la sua conseguente criminalizzazione politica. Ma per fortuna ci sono altre forze politiche, tanto di maggioranza quanto di opposizione, che affrontano l’emergenza con senso di responsabilità e con serietà istituzionale.
Dopo il preambolo, il succo è che oggi deve nascere un nuovo governo. Sì, di solidarietà nazionale ma pur sempre un nuovo governo. La fase dell’emergenza non può essere affrontata con strumenti antichi. Ci vuole coraggio, senso di responsabilità e cultura di governo. Elementi che non mancano nell’attuale fase politica italiana.
Per quanto riguarda la cultura cattolico democratica e post democristiana, non c’è nulla da inventare nel leggere gli avvenimenti contemporanei e, al contempo, saperli guidare seppur nella loro complessità. Si tratta semplicemente di riscoprire la lezione morotea. Quella lezione che invitava sempre a scoprire “nuovi orizzonti” e a costruire “nuovi equilibri” affrontando le situazioni come si presentavano. Senza remore ideologiche e senza pigrizie intellettuali. Credo che un nuovo governo di “solidarietà nazionale”, che gestisca la fase del post berlusconismo, oggi si impone. Tocca alle forze più responsabili, e tra queste sicuramente il PD e l’UDC, farsene carico. L’alternativa è, ancora una volta, rifugiarsi solo nelle proprie certezze e nelle proprie sicurezze o affrontare il mare aperto. Forti nel proprio recinto ma deboli nei confronti della società. E oggi la strada vincente non può che essere quella che proprio Moro ci suggeriva già negli anni ’70. E cioè, “coscienza di sé ma anche apertura verso gli altri”.


Marco Bevilacqua - 2011-08-10
Caro Giorgio, Un governo di Solidarietà/Unità Nazionale è la strada maestra e anche unica via razionale per uscire dalla crisi. Dal vangelo di San Marco: Allora Gesù si rivolse alla gente e si mise a parlare servendosi di parabole :"Come è possibile che Satana scacci via Satana? Se gli abitanti di una nazione si dividono e si combattono tra loro, quella nazione non può continuare a esistere." Per questo dobbiamo, oggi più che mai, saggiamente desiderare l'unità del popolo Italiano. W L'Italia Unita
Stefano Margaria - 2011-08-09
Detto questo, ne discutiamo soltanto o è invece possibile fare qualcosa di concreto per procedere nella direzione auspicata? Mi pare che da parte dell'attuale governo non ci sia nessuna disponibilità! Senza dimenticare che, oltre ad assumersi la responsabilità di governo, seppur condivisa, in condizioni difficilissime, occorrerebbe anche trovare il tempo di costruire una coalizione capace non solo di vincere le prossime elezioni, ma anche, poi, di ben governare per il bene comune. Quindi? Si può fare qualcosa? Cosa ci proponete? Cosa ci chiedete?
Real Cinic - 2011-08-08
Chiedere o proporre costa nulla. Ma quanti sono oggi, tra i parlamentari nominati, quelli in grado di prendere una decisione autonoma in tal senso? Gli avvocati e le "ragazze" del premier? Quelli che hanno votato che Ruby è la nipote di Mubarak? Gli intrallazzatori vari che continuano ad arricchirsi alla faccia nostra? Quelli che vanno scilipotando responsabilità? I crociati delle quote latte? Quelli che aspettano una cartolina da Antigua? I razzisti e gli omofobi? I vari "messi lì" perchè innocui e limitati culturalmente?... Credo che quelli che rimangono siano troppo pochi per potere comporre una maggioranza. Il Presidente della Repubblica dovrebbe poter sciogliere le Camere per palese e comprovata incompetenza ad affrontare e risolvere i problemi del Paese.