È bastato un accenno di Dario Franceschini sul profilo della coalizione da mettere in campo contro la destra per rendersi conto, per l’ennesima volta, delle diversità che dividono il campo del centrosinistra. Certo, non è facile costruire un’alternativa in due tempi. E cioè, sperimentare da subito una sorta di alleanza “costituente” con tutte le forze in qualche modo critiche o alternative rispetto alla gestione berlusconiana e poi, dopo qualche tempo, stabilizzare la situazione con un fecondo e maturo bipolarismo. Un’operazione facile da disegnare sulla carta ma che poi rischia, come è emerso proprio al convegno di Amalfi, di risultare fragile nella costruzione di un programma concreto e definito.
Ora, la prospettiva politica del PD è sufficientemente chiara. L’alternativa “credibile, praticabile e solida” come la definì recentemente il presidente Napolitano, è percorribile se ci sono alleanze politiche chiare e programmi altrettanto definiti. È pur vero che rimaniamo in una situazione di emergenza che poco si presta alle costruzioni geometriche e definite. Il superamento dell’anomalia berlusconiana richiederebbe una vasta alleanza di forze e di movimenti capaci di preparare una solida alternativa politica e programmatica. Ma è proprio su questo versante che il profilo del centrosinistra si manifesta in tutta la sua debolezza. È appena sufficiente ascoltare il capo di SEL Vendola e un autorevole esponente di FLI come Della Vedova per rendersi conto che ci troviamo di fronte a prospettive non diverse ma addirittura alternative. Eppure si tratta di forze attualmente all’opposizione della destra e fortemente critiche, se non addirittura rancorose – basta pensare al comportamento e alle dichiarazioni di Fini – nei confronti della destra berlusconiana. L’uno, Vendola, pensa alla vecchia e un po’ stantia alternativa progressista, di sinistra e chiusa ad ogni apporto moderato. L’altro, l’ex PDL Della Vedova, addirittura coltiva il sogno di dar vita a una nuova destra europea, liberale, liberista e fortemente occidentale. Come possa perseguire un disegno di questo segno in alternativa a Berlusconi e alla Lega resta un mistero. Come resta un mistero la convivenza all’interno del Terzo Polo di un disegno di nuova destra, bipolare a squisitamente antiproporzionale con la prospettiva di Casini che, su questo versante, è esattamente contraria.
Al di là delle insanabili contraddizioni all’interno del cosiddetto Terzo Polo, quello che sconcerta è la profonda eterogeneità politica che caratterizza l’attuale campo delle opposizioni al centrodestra. E, per non stabilizzare questa divisione, l’iniziativa del PD non può che seguire gli obiettivi indicati da Bersani a suo tempo: e cioè, programma chiaro, alleanze certe e poi, eventualmente, le primarie per scegliere la leadership. Se qualcuno pensa di invertire l’ordine dei fattori, si corre il serio rischio di offrire, per l’ennesima volta, un quadro instabile e contraddittorio della coalizione di centrosinistra. Una coalizione che sa, forte delle precedenti esperienze, di non poter ripetere quelle formule già sconfitte dalla storia e dalla concreta azione di governo. A cominciare proprio dall’Unione di prodiana memoria. Ma c’è qualcuno che immagina, oggi, quale potrebbe essere la solidità di un’esperienza di governo che vede uniti partiti conservatori come l’UDC, riformisti come il PD, settari come Rifondazione, Comunisti e Verdi? Sulla politica internazionale come sullo sviluppo, sulle grandi infrastrutture come sulle riforme istituzionali sarebbe estremamente arduo, se non impossibile, trovare un seppur lontano punto di intesa politica e programmatica.
Ecco perché è indispensabile lavorare coerentemente per dar vita a una coalizione alternativa alla destra che sappia essere reale punto di riferimento per chi vuole superare definitivamente questa destra di governo. Anche se gli escamotage momentanei e strumentali non sono mai da abbandonare del tutto, è ovvio che il progetto politico che si vuole mettere in campo non può essere fragile, balbettante o legato solo ad una stagione. Il PD, innanzitutto, deve essere il perno centrale di questa alternativa. E questo per motivi quantitativi e anche per il ruolo politico che svolge attualmente nell’attuale fase politica italiana.
Dal progetto di governo che si elabora e, soprattutto, dalla rete di alleanze che si metteranno in campo si capirà se il PD è un attore decisivo per creare un’alternativa “credibile e praticabile” oppure se si tratta solo di furbizie momentanee destinate a sciogliersi come neve al sole di fronte alle prime difficoltà. È finito il tempo delle sommatorie elettorali ed è tramontato definitivamente il capitolo del tutti contro Berlusconi. La controprova arriva proprio da quelle forze che esigono, per un motivo o per un altro, coerenza con i propri convincimenti e con le proprie proposte.
Certo, dobbiamo continuare a convivere con l’anomalia berlusconiana e con questo singolare centrodestra di governo. Ma compito del PD, innanzitutto, resta quello di declinare un’alternativa politica e culturale di lunga scadenza. Non possiamo permetterci il lusso di riproporre un’eventuale esperienza di governo che naufraghi miseramente come quella di Prodi del 2006. Un’esperienza da dimenticare e da mai più riproporre. I tentativi per costruire alleanze vaste sono sempre da salutare positivamente quando però c’è la volontà politica per perseguirli. Se questo non è possibile allora va cambiato registro. E questa è la stagione per farlo. Tocca ancora una volta al PD, perno e motore del centrosinistra, giocare un ruolo decisivo.
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