Ci sono momenti nella vita politica che richiedono risposte credibili e serie da parte dei partiti. È il caso, oggi, del PD. Un partito momentaneamente all’opposizione ma con una forte e qualificata cultura di governo che non può permettersi il lusso di sbandare o di comportarsi, di conseguenza, come un soggetto politico perennemente protestatario.
E due sono le condizioni politiche essenziali a cui il PD in questa fase deve ispirarsi. Al netto, ovviamente, della distanza nei confronti di questo centrodestra e della costruzione di un’alternativa democratica e riformista al berlusconismo e allo schieramento conservatore.
La prima è quella di conservare l’unità del partito. Unità che non va mai confusa con l’unanimismo ma come capacità di garantire la pluralità del partito riconoscendosi, però, nel medesimo progetto politico.
Certo, è francamente imbarazzante assistere alla polemica innescata all’interno del PD sulla futura legge elettorale. Due piccoli schieramenti interni che si fronteggiano con piattaforme politiche non diverse ma addirittura alternative, trasmettono un messaggio devastante per la stessa credibilità del partito.
È inutile, a mio parere, contestare la divisione politica del PDL e poi acuire i contrasti al nostro interno attorno a temi decisivi e cruciali per la stessa identità del partito. È noto a tutti infatti, che la legge elettorale non è una semplice sommatoria astratta di regole e norme ma, semmai, un impianto che disegna lo stesso sistema politico. E prendere atto che esiste un contrasto di fondo sulla legge elettorale – oltretutto evidenziato da un reciproco e opposto ricorso a referendum popolari – è un elemento che non giova all’immagine e alla credibilità del partito non solo verso il suo elettorato ma nella più vasta opinione pubblica italiana. Il recupero dell’unità del partito, pertanto, è la precondizione per dire che il PD è un elemento di stabilizzazione e di aggregazione della politica italiana e non un luogo dove convive il tutto e il contrario di tutto. Anche su questo fronte serve una precisa assunzione di responsabilità politica.
E la seconda condizione è proprio la “responsabilità” politica che deve caratterizzare l’azione e la strategia del PD. Nulla a che vedere, come è ovvio, con i “Responsabili” o amenità varie della degenerazione politica del nostro Paese. Ma, alla vigilia di una nuova fase politica e con l’acuirsi di una crisi finanziaria dagli esiti imprevisti e imprevedibili; il comportamento politico del PD non può che essere improntato a una forte e visibile responsabilità. E cioè, spiccato senso delle istituzioni, priorità agli interessi generali e forte cultura di governo. Un ruolo certamente poco compatibile con il profilo radicale, antagonista, populista, demagogico e profondamente antipolitico che caratterizza larga parte dell’attuale opposizione.
Non a caso, sui grandi temi che accompagnano una seria agenda di governo riformista e democratica, si vede molte volte il PD giocare un ruolo quasi solitario rispetto e chi si limita a perseguire obiettivi di piccolo cabotaggio e di mera tenuta elettorale del proprio orticello.
La “statura” politica di un partito la si misura nei momenti difficili della vita di un Paese. È appena sufficiente osservare, ormai con la tranquillità del distacco storico, l’azione politica di un altro grande partito di governo come la DC per rendersi conto che la credibilità di un partito non è mai riducibile all’ordinaria amministrazione o a ridurre il proprio ruolo alla difesa di un singolo interesse.
E proprio dalla gestione di questa difficile fase politica ed economica del nostro paese emergerà il ruolo e la funzione del PD, a fronte di un oggettivo fallimento del centrodestra.
Unità e responsabilità, dunque. Da questo binomio, tradotto in scelte politiche concrete e tangibili, dipende il futuro e la prospettiva dello stesso PD. |