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Calpestato un diritto essenziale
 
di Franco Maletti
 

Nella generale disattenzione dei mezzi di informazione, indotta forse dal silenzio del ministro Sacconi e da quello assai più grave dei sindacati, da alcuni giorni è operativa la legge che impone il pagamento di una tassa (variabile tra i 18 e 733 euro) a carico di qualunque lavoratore intenzionato a far valere le proprie ragione davanti al giudice del lavoro.
Tale balzello potrebbe sembrare un ennesimo colpo demolitorio all’ipertrofica massa dei diritti sindacali, difesi “a prescindere” da lavoratori un po’ egoisti che hanno trovato nella FIOM il loro santo protettore. Nella realtà, invece, si tratta di un provvedimento che colpisce maggiormente i lavoratori meno tutelati, con contratti a termine e “flessibili”, continuamente tartassati nei loro elementari diritti e ricacciati in una legislazione del lavoro paragonabile ormai a quella del terzo mondo. La “nobile” ragione della disposizione di legge, contenuta nell’ultima manovra finanziaria, sarebbe di ridurre il numero delle cause di lavoro, costruendo parallelamente un “tesoretto” da reinvestire per migliorare il sistema giudiziario. Sempre che, come al solito, Tremonti non lo utilizzi per coprire carenze di cassa di tutt’altro tipo.
Su questi temi, il totale silenzio delle organizzazioni sindacali (tutte) è così assordante da fare supporre una sospetta complicità. Oppure è il segno che si è abbassata a tal punto la guardia sui problemi attuali del mondo del lavoro da farli ritenere non più affidabili…
Nei circa trent’anni passati ad occuparmi principalmente di vertenze di lavoro, ho imparato che per alcuni lavoratori l’unico modo di far valere i loro diritti era quello di dimostrare davanti al giudice le diversità di trattamento rispetto ai lavoratori tutelati direttamente dal sindacato. E anche per un sindacalista, come sono stato, il ricorso al giudice del lavoro ha sempre rappresentato una concreta possibilità di veder applicati e rispettati i diritti previsti nei contratti. Anche per categorie di lavoratori poco seguiti sul piano contrattuale anche dagli stessi sindacati, dove era più facile trovare vecchie normative non adeguate a leggi o interpretazioni legislative successive. La sentenza del giudice spesso era uno strumento per arrivare ad adeguamenti di contratto altrimenti impossibili da realizzare.
Ma se oggi dovessi riprendere questa attività, scoprirei che i diritti dei lavoratori – e mi riferisco ai più deboli e meno tutelati – oggi sono messi in secondo piano, sacrificati sull’altare di una “crisi” che con loro c’entra per nulla. Si tratta di un sistema ben conosciuto: si colpiscono i più deboli e indifesi sperando di educare in questo modo quelli che sono così forti e tutelati da non potere essere colpiti. Non mi sembra un metodo giusto, anche perché si tratta di un progressivo arretramento economico e normativo di cui non si vede la fine.
Chi tutela i lavoratori delle categorie deboli, quelle che non hanno nemmeno la forza di rinnovare in contratto nazionale di lavoro? A quali lavoratori, può interessare una “contrattazione di secondo livello” quando non riescono neanche a contrattare il primo? Una volta esisteva il meccanismo della scala mobile che, con i suoi automatismi, garantiva un adeguamento almeno parziale al costo della vita: adesso che non c’è più, chi è che si preoccupa di stabilire il minimo salariale al di sotto del quale non si può andare, evitando casi di vero e proprio sfruttamento in rapporto alla qualità e alla quantità della prestazione lavorativa?
Mi sembra che troppi sindacalisti siano così impegnati nel frequentare i salotti da avere perso il senso del loro compito: se a parole millantano la rappresentanza dell’intero mondo del lavoro, ne rappresentano ormai solo una parte minoritaria. Che dietro la minaccia di stracciare la tessera sindacale, ottiene quello che vuole da chi sa di essere mantenuto con il pagamento proprio di quella tessera. E tutti gli altri? Peggio per loro.


Andrea Griseri - 2011-07-12
Totalmente d'accordo. Occorre ridefinire e aggiornare le regole in modo tale da offrire tutela e rappresentanza a tutto il vasto panorama dei lavori ma senza nascondere sotto questa operazione lo smantellamento dei diritti riconosciuti dopo 100 e più anni di storia sindacale. Occorre avere chiara quale idea di società ci proponiamo di realizzare: le politiche derivate dalle logiche iperliberiste che hanno dis-organizzato il mondo hanno il respiro e la vista corti. Togliamo la polvere dal codice di Camaldoli...