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RAI, una sfida aperta
 
di Giorgio Merlo
 

Se i movimenti tellurici nella politica italiana sono, di norma, preceduti dai posizionamenti all’interno della RAI, questa volta la previsione potrebbe essere smentita. In effetti, con l’arrivo di Lorenza Lei alla Direzione generale finalmente la RAI ha ritrovato una credibilità e una stabilità che era venuta meno pericolosamente negli ultimi tempi. Finalmente c’è un vertice che ha uno spiccato profilo aziendalista, non piegato ai voleri sempre più invasivi della politica e sufficientemente autorevole per intraprendere scelte capaci di rialzare il prestigio e l’immagine della RAI. E le prime decisioni vanno nella direzione giusta: dal rinnovo di alcuni contratti alla riorganizzazione dell’azienda, dalla richiesta di avere un’informazione sempre più imparziale e pluralistica alla garanzia della “qualità” nella stessa programmazione del servizio pubblico radiotelevisivo. Insomma, una Direzione capace di far capire a chi paga regolarmente il canone che la RAI continua ad essere non solo la più grande azienda culturale del Paese ma anche un luogo che produce informazione pluralistica per eccellenza. E quindi un luogo democratico, imparziale e appunto pluralistico.
Al contempo, però, – come ha evidenziato l’Agcom – aumentano e rischiano di consolidarsi le cosiddette “zone franche” all’interno del servizio pubblico radiotelevisivo. Dalle testate giornalistiche ad alcuni programmi di approfondimento, aumentano gli spazi di libertà “a prescindere” dalle regole che disciplinano la vita dell’azienda. Neanche le multe e le sanzioni – peraltro pesanti – inflitte dall’Agcom bloccano una prassi che ormai è diventata dilagante all’interno dell’azienda.
Ora, noi continuiamo a ritenere che il servizio pubblico sia ancora centrale e decisivo per garantire una informazione corretta, trasparente, il più possibile imparziale e che salvaguardi la ricchezza e la fecondità del pluralismo. Ma questa originalità nel panorama dell’informazione italiana non può convivere con la permanenza di spazi incontrollati ed estranei a qualsiasi regola o principio. È ovvio che questa situazione è destinata a finire. A prescindere, questa volta sì, dagli ascolti e dallo stesso gradimento del pubblico. Se, ad esempio, i comizi nella RAI non sono previsti – sia nei Tg che nei programmi di approfondimento giornalistico – non è possibile fare delle deroghe. Se questa diventa una prassi l’azienda si trasforma progressivamente in una realtà anarchica dove ognuno, e non più solo qualcuno, può dire ciò che vuole, quando vuole e come vuole. È anche, e soprattutto, su questo versante che si misura la credibilità e l’autorevolezza dei suoi vertici. E il profilo “pilatesco” della Presidenza e l’eccessiva politicizzazione del Cda – oltre ad avere avuto una Direzione generale sostanzialmente appiattita sulla maggioranza di governo – hanno impedito, sino ad oggi, di garantire quella imparzialità e quella autorevolezza sempre richiesti ai vertici di Viale Mazzini. Lorenza Lei può invertire questa rotta e restituire una RAI autorevole perché credibile.
Certo, molto dipende anche dalla politica. A cominciare dalla non più rinviabile riforma del suo assetto societario. Una riforma a costo zero ma capace di costruire un organo di governo sempre più responsabile e sempre meno dipendente dai condizionamenti e dalle pressioni politiche e partitiche. Il PD, al riguardo, ha già presentato tempo fa una proposta che può tranquillamente essere approvata dalle stesse forze politiche della maggioranza perché ha un solo obiettivo: ridare credibilità e autonomia decisionale al governo dell’azienda. Come, peraltro, è compito sempre della politica risolvere una volta per tutte il nodo del canone. Un canone sempre più osteggiato – per svariati motivi – da settori crescenti di cittadini e che richiede adesso un intervento legislativo. Anche su questo versante non si può più essere tentennanti.
E, infine, il capitolo della “qualità”. Tema vecchio quanto la RAI ma argomento sempre attuale, soprattutto di fronte al progressivo decadimento culturale ed etico della programmazione del servizio pubblico radiotelevisivo, malgrado gli ascolti siano discreti. Su questo fronte serve un colpo d’ala. E la riorganizzazione annunciata da Lorenza Lei può essere funzionale a cogliere quell’obiettivo. Purché si liberino i palinsesti dai condizionamenti politici e dalla corsa al ribasso perché legata all’inseguimento delle varie concorrenze. Quando il Presidente Zavoli parla della riscoperta della “missione del servizio pubblico” indica un obiettivo che non può essere rinviato o semplicemente aggirato. Su questo versante la RAI si gioca la sua credibilità futura. E le responsabilità della politica da un lato e le scelte concrete e decisive dei vertici aziendali dall’altro ci diranno se la RAI vive in virtù del suo glorioso passato o se è ancora capace di scommettere sul futuro partendo dal racconto dell’attualità. È una sfida aperta. La si può vincere solo se non prevarranno mediocrità e gregariato.