Quelli che come me hanno già passato, seppur da poco, i sessanta, ricordano bene la DC. Alcuni di loro la rimpiangono non solo per un’idea nostalgica del passato, ma perché oggi la politica, rispetto agli anni della loro gioventù, non è migliorata. Anzi.
C’è invece chi crede che i tempi bui nei quali viviamo più che farci rimpiangere un passato neanche tanto felice dovrebbero spingerci a lavorare per un presente e un futuro migliori: gli errori del passato e lo squallore del presente dovrebbe insegnarci e spronarci a fare meglio.
Non ho mai contestato, beninteso, i valori ai quali la Democrazia cristiana si ispirava, ma la mediocrità di molti personaggi che nella DC facevano politica. Non parlo soltanto del fenomeno delle tangenti, ma di un certo modo di utilizzare il partito per fare i propri affari, il clientelismo innalzato a regola di comportamento, la raccolta di voti con ogni mezzo pur di raggiungere il potere per poi approfittarsene e utilizzarlo ai propri fini.
Anche se ammiravo personaggi come Aldo Moro, Benigno Zaccagnini, a Pinerolo il compianto Carlo Borra, e ammiravo come ammiro Guido Bodrato e molti altri esponenti che furono della DC, una parte consistente degli uomini di quel partito non rientrava nelle mie simpatie. Pensavo, molto semplicemente e forse sbagliando, che aderendo al partito avrei in qualche modo partecipato a una compagine che non operava secondo linee da me condivise.
Era facile controbattere che se si credeva nei valori del partito si sarebbe dovuto lottare per cambiare questo modo di fare politica, ma sono sempre stato cosciente dei miei limiti, della frustrazione che mi avrebbe dato l’impotenza di non poter riuscire a cambiare le cose; e non ho mai avuto la vocazione della vittima, almeno non fino a questo punto. Ognuno fa le sue scelte e credo un po’ tutti convivono con i propri limiti.
Ma poi, nel 1994, cambiò tutto. Si spacciava per rivoluzione quella che era un’involuzione, e qualcuno che prima non aveva aderito alla DC si sentì in dovere di difendere proprio quei valori che la DC bene o male rappresentava. Pur sapendo che non avrebbe potuto risollevare le sorti di un partito ormai sgangherato, quel qualcuno dette il suo piccolo contributo per mantenere un qualche caposaldo contro l’arrivismo di una moltitudine di arraffatori.
Anche se il partito della DC si presentò alle elezioni del 1994 sotto altro nome, le elezioni dettero però ampio consenso alla Lega e al Partito di Berlusconi, il quale aveva raccolto le sue fortune approfittando alla grande delle perversioni politiche della Prima Repubblica, ma si presentava ora con veste nuova di imprenditore d’avanguardia e con la spinta pubblicitaria delle sue televisioni private. Come fa ancora adesso.
Il nuovo panorama ha spinto la parte meno estremista dei partiti di sinistra e la parte migliore della DC a unirsi per costituire un’alleanza riformista in un partito, il PD, che dovrebbe coniugare la dignità del lavoro alle esigenze di sviluppo delle imprese, assicurando il progresso del Paese.
È vero che in questi anni stiamo vivendo ancora un momento di maturazione di questo nuovo sodalizio.
È vero che la maturazione dell’elettorato tarda ad arrivare, anche per la grande dotazione di mezzi che la parte avversa impiega nella comunicazione e talvolta anche per motivi connessi alle persone del Partito democratico, che non sempre sono all’altezza dei compiti che dovrebbero svolgere. Tuttavia ritengo che l’evoluzione determinata dal PD nella politica nazionale sia stata storica, e non parlo soltanto dei meriti conquistati dal governo Prodi, dell’autorevolezza di persone come Napolitano, ma anche del fatto di aver creato dei nuclei di aggregazione intorno ai quali hanno lavorato tante amministrazioni locali, di cui c’è da essere orgogliosi.
Voglio soltanto citare il Comune di Torino, ma meriterebbero tanti complimenti tanti amministratori di piccoli e grandi comuni in cui uomini e donne del PD hanno lavorato in modo egregio con attenzione rivolta all’economia, al lavoro, alla solidarietà.
Ora dobbiamo solo augurarci che i responsabili del PD non si lascino tentare dalla coltivazione del proprio piccolo orticello, ma abbiano una visione alta della politica, che non si lascino trascinare dalle impuntature personali o ideologiche del passato perdendo così l’occasione di dare un governo autorevole a questo Paese.
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