“Oltre Berlusconi”. Così recita lo slogan sui manifesti affissi in tutta Italia dal Partito democratico per indicare la strada maestra in vista delle elezioni politiche del 2013. Uno slogan, però, che non può essere messo in discussione a giorni alterni attraverso un ritorno all’antico, noioso e un po’ logoro antiberlusconismo. Una considerazione, questa, che continua però a campeggiare nei principali talk televisivi, nei comizi in piazza e nei dibattiti con i militanti, gli amministratori locali e i semplici elettori. È un nodo da sciogliere al più presto perché il giusto e sacrosanto andare “oltre” Berlusconi diventa semplicemente anacronistico se, al contempo, ogni nostra riflessione non riesce a uscire dalla “sindrome” Berlusconi.
Certo, sarebbe puerile se il principale partito di opposizione prescindesse da ciò che dice, predica e promette il Presidente del Consiglio.
Ma sarebbe altrettanto curioso se l’alternativa al centrodestra passasse, ancora una volta, attraverso la riproposizione di un antiberlusconismo che rischia di ingessare ulteriormente la politica italiana in una gabbia che blocca qualunque rinnovamento e qualsiasi cambiamento della società italiana.
Su questo versante si gioca, però, una partita decisiva per la prospettiva del centrosinistra, per la credibilità del Partito democratico e per la stessa coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa. Perché se è vero che la “normalità” del sistema politico italiano ritorna nel momento in cui la lunga stagione berlusconiana si avvia alla conclusione, è altrettanto vero che se non si va veramente “oltre”, l’uragano rischia di travolgere tutti, PD compreso. Anche perché le nuove basi del riformismo italiano non possono nascere se il “pianeta” Berlusconi continua a condizionare pesantemente ogni nostra riflessione.
Ora, è evidente che la capacità del Premier di attirare l’attenzione – nel bene e nel male – sulle cose che dice ogni giorno da qualsiasi pulpito è straordinariamente efficace.
Ma se il centrosinistra, in particolare il PD, non esce da questo psicodramma, la sua stessa proposta politica rischia di essere monca. Il PD non è Annozero, né il Fatto Quotidiano. Il PD, a differenza dei Travaglio, del popolo viola e di Di Pietro, non lega la sua sopravvivenza politica e il suo futuro all’esistenza di Berlusconi. I professionisti dell’antiberlusconismo non sono ascrivibili alla causa del PD.
Un grande partito di massa, democratico, popolare e candidato a guidare il Paese in alternativa al centrodestra non può continuare a essere prigioniero dello schema berlusconiano. Se così fosse, potremmo appaltare il nostro ruolo e la nostra rappresentanza politica e sociale ad alcuni talk show televisivi, ad alcuni opinionisti di grido e ad alcuni organi di informazione che hanno fatto dell’antiberlusconismo ideologico la loro fortuna umana, economica e professionale.
No, non è questa la prospettiva del PD. Condurre l’opposizione nelle aule parlamentari e nelle piazze italiane è importante e decisivo in questa confusa stagione politica. Ma questa opposizione, se oggi vuole essere credibile senza ridursi a un allegro cartello elettorale che unisce comunisti non pentiti con ex missini, è indispensabile che si qualifichi sul terreno del nuovo progetto di governo che dovrà caratterizzare la prossima legislatura. Senza se e senza ma.
E questo non prevede dedicare intere giornate a discutere su Berlusconi e sulla sua presenza pubblica. Si tratta, adesso, di andare veramente “oltre”.
Se saremo capaci di farlo possiamo candidarci a guidare questo Paese. Se, invece, ci riduciamo a inseguire il popolo viola, Santoro e il dipietrismo rischiamo di condannarci nuovamente a giocare un ruolo marginale o, quel che più conta, minoritario nella politica italiana.
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