CARLO BAVIERA - 2011-02-03 Le reazioni di tanti lettori, come le sagge parole del Card. Bagnasco sulla necessità che "chi assume un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell'onore che esso comporta", sono indicative dello sconcerto che finalmente in tanta parte del modo cattolico comincia a farsi strada rispetto al paganesimo del premier e della cricca. Ma sono sufficienti queste reazioni emotive e a volte "moralistiche"? Penso che purtroppo la coscienza e il pensiero di tanti credenti sia ancora fondamentalmente favorevole a chi ha promesso lavoro, meno tasse, difesa dei principi della "nostra civiltà", e sia disposta a chiudere un occhio pur di non far vincere i "laicisti" e le sinistre giudicate ideologiche.
Per questo c'è da sperare che la sfida educativa scelta dalla Chiesa per questo decennio venga giocata nella giusta direzione. Ma poi è fondamentale che i politici riformisti e popolari che fanno riferimento alla Dottrina Sociale ritrovino occasioni e strumenti per superare il basso profilo delle semplici alleanze o della divisione su questo o quel punto programmatico. Bisogna ripensare a un progetto di società alternativo che pensi alle innovazioni, agli interventi strutturali, ma anche a una politica estera di pace, di realizzazione della Unità Europea vera, di sostegno ai diritti umani e alle minoranze, a politiche ambientali alternative, ad uno sviluppo sostenibile (come si diceva qualche anno fa), e a una governance che coinvolga la società civile, un sistema economico che tenga conto delle indicazioni della Caritas in Veritate di contrasto al neocapitalismo che governa la globalizzazione. Si deve individuare un leader (il nuovo Prodi), una squadra che garantisca e rappresenti anche l'anima moderata (centrista) della nazione, ma soprattutto riuscire a indicare un obiettivo, un sogno, una speranza per cui gli italiani siano disposti anche a qualche sacrificio: rinnovare la società non tanto e solo con le liberalizzazioni, ma sostenendo le comunità locali e le famiglie e studiando provvedimenti a favore dei giovani (scuola, lavoro, ricerca).
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Rosanna Cordero - 2011-02-02 Meglio tardi che mai: e meglio ancora sarà se tutta la Chiesa italiana, vescovi, clero, religiosi e laici, riprenderà in mano, per diffonderla a parole ed applicarla nei fatti, la nota del 1991 "Educare alla legalità".
Vi si indicavano come necessarie "l'esistenza di chiare e legittime regole che antepongano il bene comune agli interessi particolari; l'applicazione anche coattiva delle regole nei confronti di tutti, evitando che siano solo i deboli e gli onesti ad adeguarvisi, mentre i forti e i furbi tranquillamente le disattendono; la necessità che i vari poteri non sconfinino dai loro ambiti istituzionali e che la loro funzione di reciproco controllo non sia elusa mediante collegamenti trasversali tra coloro che vi operano". Si dichiarava "non meno inquietante la nuova criminalità così detta dei colletti bianchi, che volge a illecito profitto la funzione di autorità di cui è investita, realizza collusioni con gruppi di potere occulti e asserve la pubblica amministrazione a interessi di parte"...
In questi come in molti altri punti, quella nota del 1991 sembra anticipare la descrizione di tante vicende del quindicennio berlusconiano, e pronunciare su di esse il giudizio dei cattolici italiani con una forza ed una chiarezza che in seguito, purtroppo, sono mancate troppo spesso.
La nota "Educare alla legalità" è facilmente rintracciabile in internet, ad es. al link: http://www.chiesacattolica.it/cci_new/documenti_cei/2010-12/22-36/Educare%20alla%20legalita.pdf |