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I cattolici e le elezioni

 
di Giorgio Merlo
 

Una delle costanti che, da sempre, ha caratterizzato le varie consultazioni elettorali è stata la cosiddetta presenza dei cattolici nelle varie liste. Un tema che negli anni è stato oggetto di polemiche, di confronto e di dibattito. Certo, le varie stagioni storiche che si sono susseguite hanno segnato in modo diverso la declinazione di questo tema. Dalla presenza massiccia nella Democrazia cristiana alla stagione breve, ma intensa del Partito popolare italiano; dalla confluenza significativa nei partiti del centrodestra nel post Tangentopoli e in misura minore nell'Ulivo al profondo - e forse irreversibile - pluralismo che caratterizza l'attuale stagione politica.
Ora, è persin ovvio ricordare che la stagione dell'unità politica dei cattolici è finita da un pezzo e sarebbe del tutto anacronistico riproporla. È altresì vero, però, che la cultura del cattolicesimo democratico e sociale difficilmente può scomparire all'interno dei vari "partiti personali" e "del capo" che costellano la geografia politica contemporanea. O meglio, questo è l'auspicio e la speranza per non smantellare il presidio culturale di un patrimonio ideale che ha accompagnato tutte le fasi della democrazia italiana nei suoi vari passaggi. Più o meno decisivi nella non breve storia repubblicana.
Ma questa presenza politica e culturale non può ridursi a giocare un ruolo puramente ornamentale e non potrà non farsi sentire. Senza alcuna deriva clericale o confessionale ma anche senza limitarsi a diventare un mero suppellettile nei futuri assetti politici e parlamentari. Anche nella stagione dei partiti personali dove i capi partito pianificano le candidature e la composizione delle liste,  credo sia altrettanto importante evitare la definiva polverizzazione di una tradizione che, insieme  ovviamente ad altre, continua a essere costitutiva per la salvaguardia della nostra democrazia.
Lo stesso cardinal Bassetti, Presidente della CEI, lo ha evidenziato con chiarezza nel suo ultimo intervento di fronte ai vescovi italiani quando ha invitato i politici in campagna elettorale alla "sobrietà nelle parole e nei comportamenti" evidenziando "che non si può comunque scordare quanto rimanga immorale lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere". Un appello, dunque, non all'unità politica dei cattolici ma, al contrario, a far sì che i cattolici in politica siano all'altezza della situazione in qualsiasi partito o schieramento siano impegnati.
 


Giuseppe Davicino - 2018-02-15
L'antidoto alla frammentazione del cattolicesimo democratico e sociale è quello dell'aggregazione attorno ad una visione strategica e un programma, fra quanti condividono un medesimo progetto. É la via sturziana insomma. Ma in questa fase la Chiesa italiana appare molto più avanti del laicato. All'ultima settimana sociale di Cagliari sono state avanzate proposte concrete e specifiche per cambiare alla radice i capisaldi delle attuali politiche economiche e monetarie che stritolano chi lavora, impinguano oltremisura una ristrettissima super-casta e generano disuguaglianze inimmaginabili, e che provocano la decadenza della classe media, con inevitabili contraccolpi prima o poi sulla tenuta dell'ordinamento democratico. In quale conto tali proposte siano state tenute nei programmi delle varie forze del campo riformatore in senso lato, da Tabacci a Grasso, passando per il Pd di Renzi ognuno lo può verificare. Verosimilmente dopo il voto ci sarà ancora minor attenzione verso le istanze della cultura cattolica democratica ma a prevalere nel campo riformatore, con ogni probabilità sarà la polarizzazione da un lato verso una sinistra destinata a radicalizzarsi, e dall'altra verso il progetto del partito alla Macron, al quale il segretario del Pd sta lavorando. Un progetto che sancisce la resa senza condizioni della politica alla tecnocrazia, un modello nel quale le istanze sociali diffuse, così importanti per questa nostra cultura politica, vengono derubricate a fastidioso effetto collaterale. Un tale probabile scenario sembra offrire ancor meno spazio ad un progetto politico che veda non solo più affermare principi di solidarietà su cui siamo tutti d'accordo, ma tradurli in scelte concrete e conseguenti seppur coraggiose e controcorrente rispetto al mainstream politico-mediatico. Ma è ciò di cui il centrosinistra e la sinistra hanno bisogno per sopravvivere alla storica batosta prossima ventura del 4 marzo e per iniziare una nuova storia.
giuseppe cicoria - 2018-02-15
Il dibattito sui cattolici in politica e' stato per me veramente interessante perchè si è messo in dubbio che essere cattolici sia un crisma che assicura la correttezza ed onestà di comportamento. Sono pertanto più orientato a chiamarmi "popolare democratico".