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Chomsky e la piovra liberista

 
di Aldo Novellini
 

Da sempre interessato ai meccanismi che presiedono al funzionamento del sistema capitalista, il filosofo statunitense Noam Chomsky, nel suo ultimo libro, Le 10 leggi del potere (editore Ponte delle grazie) illustra quelle che considera le modalità con cui i potentati economici riescono a dominare la politica, piegando le istituzioni democratiche ai propri interessi. Un predominio che, in verità, la democrazia rende certamente più difficile rispetto ai regimi autoritari, in virtù della presenza di voci critiche, di un libero dibattito, di una contrapposizione di istanze diverse tutte legittimate a partecipare all'arena pubblica. Una serie, insomma, di garanzie, di pesi e contrappesi a tutela dei cittadini.
Eppure, scavando più a fondo, emerge un disegno, forse non preordinato e neppure inevitabile, ma dotato comunque di una sua coerenza per rendere egemoni le classi capitaliste. Anche a dispetto della democrazia. Chomsky compila una sorta di breviario che mostra i meccanismi con cui si esprime il predominio delle élite economiche e finanziarie sul resto della società. Tutto si articola intorno a una progressiva compressione degli spazi democratici e di partecipazione popolare alla vita pubblica. È interessante vedere come l'autore illustra il fenomeno, identificandone le molteplici fasi, spesso concatenate l'una all'altra. Fasi che permettono alla plutocrazia di giungere a dominare l'intera società.
Innanzi tutto si cerca di plasmare l'ideologia generale, grazie a un sistema mediatico per lo più controllato da chi dispone di ingenti mezzi economici, convincendo i più ampi strati sociali possibili dell'ineluttabilità del pensiero unico liberista. Si punta poi a favorire la massima concentrazione della ricchezza anche grazie a sistemi fiscali che agevolano i grandi detentori di capitale. Altro capitolo decisivo è la riduzione del costo del lavoro, incidendo su salari e diritti ed indebolendo i sindacati per tarpare le ali a qualsiasi rivendicazione sociale organizzata. In ultimo risulta da scardinare qualsiasi afflato solidaristico, esaltando modelli culturali profondamente competitivi che fanno da battistrada all'idea che tutto va lasciato al gioco del libero mercato, anche diritti fondamentali per la persona, come la salute o l'istruzione.
E la politica? Nessun problema. Essa viene ridotta ai minimi termini sotto l'assedio di potenti lobby a tutela dei grandi interessi economici. Ma a monte si realizza  un'operazione ancora più subdola. Sotto le mentite spoglie dell'ingegneria costituzionale, si mira infatti a ridurre il potere del Parlamento a vantaggio del Governo, anche grazie al supporto di sistemi elettorali a forte prevalenza maggioritaria che distorcono la volontà popolare. Una minoranza nel Paese si trasforma così in un'ampia maggioranza parlamentare, con un'alterazione del voto che finisce poi per alimentare l'astensionismo e allontanare i cittadini dalla politica.
La beffa più atroce è che a disertare in massa le urne sono le fasce popolari che si privano così dell'unico strumento per far valere le proprie istanze. Un quadro, quello tracciato da Chomsky, davvero allarmante riguardo all'evoluzione delle nostre società avanzate. Qualcosa che fa riflettere e su cui è bene vigilare.


Carlo Baviera - 2017-12-21
Un bello scritto. Che inevitabilmente ci ricollega a quanto scritto su queste pagine da Giuseppe Davicino (Tempo di proposte forti). Sono, anche, i "popolari" che devono porsi nel campo del cambiamento radicale contro il disegno di predominio culturale e politico che sta affossando la democrazia e le comunità civili.