Si è svolta a fine settembre a Roma la Terza Conferenza nazionale sulla famiglia, organizzata dall'Osservatorio costituito presso la Presidenza del Consiglio, che ha impegnato esperti e realtà associative del mondo cattolico.
Di questo importante appuntamento, preparato nei mesi scorsi da cinque tavoli di lavoro tematici (educazione, demografia, diritto, welfare, fiscalità) pubblichiamo l'articolo conclusivo di commento di Luciano Moia, che per "Avvenire" ha seguito il convegno.
Alleghiamo anche in coda all'articolo il documento con le proposte concrete per ogni ambito, che hanno fatto da base di discussione della Conferenza.
Chi voleva buone idee per passare dalla lunga stagione delle analisi a quelle della concretezza, è stato accontentato. Ora la politica non ha più alibi. Pur nel breve tempo a disposizione, gli esperti che hanno offerto cuore e intelligenza alla Terza Conferenza nazionale sulla famiglia, sono stati in grado di scrivere parole importanti in vista di quel rilancio atteso e auspicato. Certo, non ci sono stati annunci di stanziamenti miliardari, e neppure progetti di riforma radicale né del fisco né delle altre leggi – e sono tante – che incidono nel bene o nel male sulla vita familiare.
Ma, realisticamente, era possibile attendersi tutto ciò in un contesto politico come l’attuale? Eppure i cinque gruppi di lavoro coordinati dall’Osservatorio nazionale della famiglia guidato dal magistrato Simonetta Matone, hanno preso con grande serietà il loro compito. E le proposte – come cerchiamo di sintetizzare qui sotto – sono arrivate. Alcune molto dettagliate, precise, circostanziate, come quelle riferite alla riforma del welfare locale. Altre, com’è inevitabile, meno definite. Ma, parlando di educazione e di sussidiarietà sarebbe stato francamente difficile offrire indicazioni più precise. In questo caso, più di buone prassi 'pronte all’uso' è stato importante ribadire principi che sembravano un po’ appannati, come quello della corresponsabilità educativa e della necessità di sottolineare la soggettività della famiglia.
Non semplice destinataria di servizi ma protagonista accanto ai corpi intermedi – imprese, sindacati, fondazioni, terzo settore, non profit – che possono essere comunque attori delle politiche familiari. Gli esperti di tutti i gruppi si sono trovati d’accordo nel confermare che l’assistenzialismo nel serve alla famiglia e la logica delle interventi a misura di genitori e figli non può essere quello degli aiuti contro la povertà. Lo spazio non ci permette di ospitare in modo esaustivo tutta la ricchezza delle proposte emerse (lo faremo sul nostro mensile Noi famiglia & vita) ma quanto presentato è comunque una piattaforma originale per preparare e accompagnare quel rilancio del ruolo e delle responsabilità della famiglia di cui il Paese non può fare più a meno.
Demografia. Obiettivo culle piene. La strategia è il consenso
C’è un’altra crisi destinata a lasciare il segno in modo ben più pesante e duraturo rispetto a quella economica. Una crisi che, se non si farà nulla per invertire la tendenza – e al momento non si fa – è destinata a lasciare segni ancora più gravi e irreparabili. Gli allarmi delle conseguenze dell’inverno demografico sono rimbalzati da più parti ieri e giovedì, nel corso della Conferenza nazionale. Ne ha parlato, con gli schemi asettici ma incontestabili dei numeri, il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva. È stato approfondito nel gruppo specifico di cui ieri Fernanda Ballardin, dirigente del ministero dell’economia e delle finanze, ha presentato un’efficace sintesi. I numeri che fanno pensare – 474mila nascite, il numero più basso dall’Unità d’Italia a oggi; 1,34 figli per donna, il tasso di fecondità trai più bassi d’Europa – sono ormai diventati punti fermi di ogni dibattito sulla denatalità. Come la complessità delle cause – economiche, culturali e sanitarie – al cui interno in realtà esistono molti altri percorsi d’indagine, tutti da definire. Come fare per uscire dal tunnel? La ricette, apparentemente sono note e cioè recuperare la famiglia sul piano demografico, rilanciare la natalità, passare dall’accoglienza solidale dell’immigrato alla valorizzazione autentica, non perdere il capitale umano giovane, raccontare correttamente la crisi demo-grafica, con le sue conseguenze attraverso i media per sensibilizzare la popolazione e avere il consenso rispetto alle cose da fare. Nell’ambito del gruppo è anche emerso, come spunto di riflessione il confronto tra la stasi demografica dell’Europa che negli ultimi vent’anni ha visto crescere la propria popolazione solo del 4,4% e l’esplosione demografica di Asia e, soprattutto Africa, la cui popolazione e quintuplicata e ora supera il miliardo di persone. Ecco perché l’immigrazione – è stato fatto notare – sarà fenomeno non solo inarrestabile, ma destinato a proseguire in modo stabile per lunghi anni. Nessun muro sarà invalicabile.
Welfare. Fragilità e Dopo di noi: il sociale da riscrivere
Politiche di investimento familiare, politiche di contrasto alla povertà, 'Dopo di noi', minori stranieri non accompagnati, violenze di genere, livelli essenziali per il sociale, conciliazione lavorofamiglia, valutazione di impatto familiare, politiche per la prima infanzia. Sono tra i temi affrontati dal gruppo sul welfare. Un’analisi rigorosa e una serie di proposte che potrebbero già essere immediatamente operative per superare il carattere di emergenzialità e diventare «persistenza strutturale ». La sintesi dei lavori è toccata a Gina Pedroni, già assessore a Reggio Emilia, esperta dell’Osservatorio nazionale per le politiche sociali. «Per ottenere risultati non episodici – ha spiegato – servono modelli flessibili, procedure uniche e riorganizzate, modalità integrate, standard omogenei ». Nello specifico è stata auspicata la definizione di una legge quadro del 'prendersi cura' che preveda livelli di assistenza, presa in carico, piano assistenziale individuale e valutazione di impatto familiare. Allo stesso tempo servono progetti di formazione «che garantiscono risposte omogenee sui territori, monitoraggio dei risultati e ricognizione delle risorse». Nella legge quadro andrà inserita anche la figura dei cosiddetti care-giver che dovrà riconoscerne l’operato dal punto di vista economico e giuridico. Per valorizzare e potenziarne le funzioni servono – a parere degli esperti – tre criteri: personalizzazione degli interventi, domiciliarità dell’assistenza sociale e sanitaria, destituzionalizzazione. Di grande rilievo il capitolo per la non autosufficienza. I Comuni spendono oggi per questo obiettivo 1,7 miliardi, cioè il 24,3% della spesa sociale comunale. Tanto, ma non basta. E non basterà in futuro visto il progressivo invecchiamento della popolazione. Proposte? Un tavolo permanente che definisca i livelli essenziali e i beneficiari sulla base delle risorse stanziate dal Piano nazionale. E la riforma del terzo settore appena varata? «Benissimo – conclude Pedroni – ma per renderla davvero operativa servono 32 decreti attuativi. Quando verranno approvati?».
Giustizia. Rimettiamo il figlio al centro del diritto
«Occuparsi di diritto di famiglia significa occuparsi di relazioni umane. E le relazioni umane più delicate e più importanti sono quelle che riguardano i minori». Ecco, secondo quanto spiegato dall’avvocato Marta Giovannini, a cui ieri è toccato fare sintesi di quanto emerso dal gruppo sulla 'giustizia minorile', il tema più urgente per i giuristi della famiglia. Oggi il diritto di famiglia sta emarginando i minori. Nei tanti casi giudiziari che coinvolgono le famiglie, il criterio prevalente sembra quello adultocentrico. «Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio tra diritto e costume, riconoscendo valore a tutte le parti in conflitto, ma soprattutto alle persone più fragili». Ecco perché i giuristi hanno chiesto innanzi tutto di valorizzare la mediazione familiare, anche quella preventiva che oggi è considerata quasi marginale. «Si tratta di una misura capace sia di prevenire il conflitto, sia di renderlo meno dirompente». La mediazione, è stato fatto notare, dev’essere un diritto soprattutto per i minori, mentre oggi non è neppure prevista. Altro tema irrinunciabile quello della disparità di trattamento tra figli nati all’interno del matrimonio e figli di coppie non coniugate. Nel primo caso, quando la coppia si spezza, della situazione dei figli si occupa il giudice. Nel secondo no, con la conseguenza che i minori rimangono spesso senza tutele. Una situazione che va corretta al più presto. Stesso discorso per lo status di figlio. È stato sottolineata l’inopportunità di esigere, come avviene ora, il riconoscimento da parte della madre quando la nascita avviene fuori dal matrimonio. Anche il diritto al parto in anonimato – hanno fatto notare gli esperti – andrebbe normato con più chiarezza. C’è poi il grande capitolo dell’affido. Quello limitato al minore, è stato fatto notare, non basta più. Occorre pensare a un affido di tutta la famiglia in difficoltà. Ci sono già esperienze in questo senso. Andrebbero fatte rientrare nella riforma in discussione.
Fisco. “Fattore” sì ma graduale: un'idea condivisa
Una riforma dell’Irpef che introduca una no tax areamobile, crescente in base ai carichi familiari secondo il principio del 'fattore famiglia'. Un nuovo assegno familiare universale (Nasu) che assorba anche le detrazioni, secondo lo schema – almeno in parte – del disegno di legge già presentato in Parlamento da Stefano Lepri (Pd). La proposta arriva da Cgil, Cisl e Uil. E poi la riforma della tari sui rifiuti, secondo quanto ha proposto l’Anci e, infine, la riforma del ticket sanitario da valutare, anche in questo caso, sulla base dei carichi familiari e delle situazioni di fragilità presenti nel nucleo familiare. Sono le quattro proposte emerse dal gruppo che ha messo al centro del dibattito l’esigenza di una riforma del fiscofamily friendly. Presentando i quattro modelli – che andrebbero tutti con varia efficacia ad alleggerire il peso tributario per le famiglie – Silvio Magliano, presidente del Centro servizi per il volontariato, non ha negato che quello su cui si sono concentrate le attenzioni maggiori è stato il primo, a riprova che il concetto di 'fattore famiglia' – anche se per il momento la sua introduzione su vasta scala non è considerata percorribile – può essere applicato gradualmente, anche come importante segnale culturale. Nella stessa logica la proposta di rivedere i coefficienti del Rei, considerando anche le famiglie con più di cinque componenti (criterio oggi non previsto) e, nella stessa prospettiva, l’idea di ripensare l’Isee. La volontà espressa da tutti gli esperti – ha aggiunto Magliano – è emersa con grande chiarezza. Oggi il sistema fiscale italiano presenta iniquità che vanno risolte al più presto proprio nella prospettiva di risollevare il quadro demografico depresso, anche e forse soprattutto, da una tassazione che non tiene conto dei carichi familiari. È stato anche fatto notare come le risorse per quella 'correzione' dell’Irpef in chiave di 'fattore famiglia' potrebbero arrivare dal reimpiego dei fondi oggi destinati alle detrazioni per i carichi fiscali. Un segnale che in ogni caso, è stato ribadito, non potrà tardare.
(tratto da www.avvenire.it) |