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Proporzionale, un passo avanti?

 
di Giorgio Merlo
 

La mia tradizione politica, quella della sinistra DC del cattolicesimo sociale, ha sempre visto nella cultura "proporzionale" lo strumento istituzionale migliore per salvaguardare e promuovere quel filone culturale. Ma, soprattutto, ed è quello che più conta, il proporzionale era lo strumento politico per eccellenza per costruire coalizioni, garantire la rappresentanza democratica e cercare, il più possibile, di consolidare  la governabilità dell'intero sistema politico. E soprattutto riconoscere quel pluralismo che era e resta la cifra politica decisiva per evitare il ritorno del "partito unico" al potere o del "pensiero"unico", che sono sempre funzionali a una gestione autoritaria e dispotica del potere e delle stesse istituzioni.

È appena sufficiente ricordare il governo De Gasperi dopo la travolgente vittoria della Democrazia cristiana alle elezioni del 1948 per avere la conferma di questo postulato politico e culturale. Francamente, e anche alla luce della mia formazione politica e culturale, devo confessare che ho qualche difficoltà a individuare, oggi, nel proporzionale la causa di tutti i mali, la fonte di ogni nefandezza politica e l'origine di tutte le nostre difficoltà. Anche perché, se vogliamo essere sinceri sino in fondo con noi stessi, non possiamo dimenticare che la stessa esperienza dell'Ulivo negli anni '90 non è mai stata una  stagione seccamente e chiaramente maggioritaria. Anzi, per citare una bella espressione di Pietro Scoppola riferita a quegli anni, la politica italiana riuscì anche a "proporzionalizzare il maggioritario". Cioè, sotto sotto, il proporzionale ha sempre segnato in profondità l'evoluzione e il percorso della politica italiana. A prescindere dagli stessi sistemi elettorali che di volta in volta venivano congegnati per le sole convenienze di partito e dei rispettivi gruppi dirigenti.

Certo, e come ovvio, i tempi cambiano e dobbiamo adeguarci tutti. Piaccia o non piaccia. Anche perché il proporzionale del passato non era esente da pesanti limiti e risentiva, comunque sia, della specificità di quel contesto storico, politico e culturale.

Ma non mi stupisco affatto che oggi, dopo una stagione, appunto, di finto maggioritario nato dalle ceneri della Prima Repubblica dopo l'ondata di tangentopoli, si ritorni a una stagione che vede proprio nel proporzionale l'asse portante del futuro sistema politico. Purtroppo, però, accompagnato da grandi e plateali contraddizioni: con partiti che debbono smentire tutto ciò che hanno detto per molti anni; disegnando, al contempo, un sistema politico e istituzionale che difficilmente garantisce governabilità e autentica rappresentanza democratica.

 

Ora, evitando di entrare nei dettagli di una legge elettorale che non è ancora approvata e quindi può essere pesantemente emendata, almeno su quattro aspetti si dovrebbe essere più chiari ed espliciti.

Innanzitutto la scelta dei futuri legislatori. Dopo la dura e fondata contestazione di tutto ciò che è riconducibile al vecchio "Porcellum", sarebbe curioso se ritornassimo alla designazione centralistica di quasi tutti i futuri eletti. Seppur con un sistema che viene maldestramente definito come "tedesco". Una contraddizione che non sarebbe compresa, credo,  da moltissimi elettori.

In secondo luogo non si può disegnare un sistema che, alla luce dell'attuale geografia politica, garantisce la sostanziale ingovernabilità del sistema con pesanti ricadute sulla credibilità dell'intero sistema politico. Certo, tutti sappiamo che siamo in un contesto sostanzialmente tribolare, ma è pur vero che senza incentivo a costruire le "alleanze" o le "coalizioni" diventa francamente impossibile pensare che un sistema elettorale del genere possa generare stabilità, governabilità e anche e soprattutto una volontà riformista.

Inoltre il capitolo non trascurabile della rappresentanza dei territori. Non è possibile avere un sistema che taglia fuori interi territori dalla rappresentanza politica pur in presenza dei collegi uninominali. Se ritornano i collegi è indispensabile prevedere un sistema che dia rappresentanza a tutti i territori, pena una grave carenza di legittimità democratica.

Infine, almeno per quelli che si riconoscono in questo campo, il destino e la prospettiva del centrosinistra nel nostro Paese. Certo, siamo in una stagione dove prevalgono e dominano i risentimenti personali e le demonizzazioni ad personam. È appena sufficiente vedere qual è il confronto/scontro tra i gruppi dirigenti del PD e quello del movimento di Bersani e D'Alema per rendersene conto. Ma è pur vero che, anche e soprattutto in un sistema proporzionale, se non si riparte con una precisa convinzione di ricostruire una alleanza di centrosinistra si corre il serio rischio di consegnare il Paese o all'instabilità permanente, o al trasformismo o, peggio ancora, all'avventura. È bene pensarci prima che sia troppo tardi.
Insomma, arrivi pure il proporzionale. Ma ad una condizione: che non sia un sistema peggiore di quello che avevamo sino a ieri. Perché altrimenti dovremmo prendere amaramente atto che i sistemi elettorali non solo non hanno più la capacità di disegnare gli scenari del futuro ma neanche, purtroppo, la possibilità di governare i processi del presente.