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Lavoro tra domanda e offerta

 
Incontro mercoledì 3 maggio a Torino
 

Un nuovo incontro del seminario organizzato dai Popolari piemontesi per capire gli sviluppi di una società in cui non ci sarà più lavoro per tutti. Ma il lavoro che c’è richiede che domanda e offerta siano armonizzate ed efficienti per impiegare più persone possibili.
A parlare di politiche attive del lavoro e Centri per l’impiego, di quale sia la situazione dei Servizi che si occupano di contrastare la disoccupazione, di come sia la loro condizione dopo il fallimento del referendum costituzionale che prevedeva una gestione statale centralizzata, sarà Carlo Chiama, già assessore provinciale al Lavoro e ora direttore della Confesercenti Torino.
Appuntamento per mercoledì 3 maggio, dalle ore 18, all’Educatorio della Provvidenza di corso Trento 13 a Torino.


franco maletti - 2017-05-01
IL Sig. Ventre ha toccato un problema vecchio di qualche decennio, e che ha per tema la solidarietà. Negli anni ottanta Ralph Dahrendorf evidenziava come, nella nostra società, la solidarietà sia condivisa "a condizione che non ci si perda nello scambio" (e allora che solidarietà è?). Un argomento a sostegno degli "egoisti" è quello dei DIRITTI ACQUISITI: secondo tale principio i privilegi raggiunti dal singolo sono intangibili. I Sindacati, in rappresentanza dei lavoratori, hanno sempre avanzato le loro rivendicazioni in base a questi principio: arrivando, come nel caso Alitalia e per paura di perdere iscritti, a rinunciare al loro ruolo di rappresentanza affidando alla consultazione tra i lavoratori tutte le decisioni che danneggiano questi diritti acquisiti. Ovvio che, in una situazione come questa, proporre la riduzione generalizzata dell'orario di lavoro per consentire a tutti un reddito suona come una bestemmia.
Giorgio BRUNO VENTRE - 2017-04-28
Leggo che i Popolari organizzano un seminario per capire gli sviluppi di una società in cui non ci sarà più lavoro per tutti, al quale certamente non mancherò. Viene dato per scontato che non tutti avranno un lavoro, quando il primo articolo della Costituzione dice che “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Qualche giorno fa leggevo che Suor Giuliana Galli scriveva “Ho qualche dubbio se sia ancora giusto porre come primo articolo della nostra Costituzione l’indicazione che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro; mi chiedo come interpretare oggi questo articolo" Sono ben concorde con Suor Giuliana, ma solo nella seconda parte della sua riflessione: francamente porrei il problema in quest’altro modo: visto che l’art. 1 è stato scritto e approvato dall’Assemblea Costituente nel 27 dicembre 1947 ed in vigore dal 1 gennaio 1948; posto che l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, come possiamo tenere fede ai fondamentali principi costituzionali? Non possiamo mettere in discussione l’ART.1 per tutta una serie di motivazioni, care fortunatamente non solo a noi che ci diciamo cristiani cattolici; certamente il principio di solidarietà, che fino ad oggi tutto sommato pareva sufficiente a garantire un certo equilibrio fra il riconoscimento della dignità di persona e la concretezza dei salari percepiti anche in momenti di crisi, pur con l’intervento degli ammortizzatori sociali, ebbene oggi questo principio di solidarietà, pare traballare, pare non avere più la forza per arginare i bisogni reali, quelli di base. Come persone ispirate dal Vangelo, dovremmo rileggerci gli Atti degli Apostoli (2, 43) per vedere che nelle prime comunità non c’era solo la solidarietà, ma anche la comunione. Ogni epoca vede l’applicazione di questi principi secondo la “modernità” propria: oggi io credo che si debba guardare a nuove forme di “comunione” dove non necessariamente ciò comporti il vivere in una comunità, ma dove certamente chi più ha, più deve dovrebbe sentirsi interrogato. In quest’ottica mi parrebbe urgente la revisione dei famosi “diritti acquisiti”, degli “stipendi d’oro” e delle “pensioni d’oro”, ecc,ecc. Dico questo con molto rispetto nei confronti degli attuali percipienti, auspicando certamente interventi e decisioni rispettose verso di loro, ma dove il principio di equità non soccomba malamente (la riforma delle pensioni non ha forse toccato diritti acquisiti? Per alcuni !) Questo è un momento storico dove davvero o si fa l’Italia o si muore. Solo che qui i Borbonici sono una parte di noi, che se avrà la preponderanza, a morire sarà la società italiana intera; e se non riusciremo a trovare una via di coesione e di unità nazionale, perderemo forse l’ultima occasione per una prova storica, grazie alla quale potremo dimostrare ai nostri nipoti di essere davvero stato un popolo.