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Popolare chi?

 
 


Per noi Popolari è naturale chiamarci così, perché affondiamo le nostre radici nel popolarismo di Luigi Sturzo, la compiuta proposta politica dei cattolici democratici. Siamo orgogliosi delle nostre radici e del nostro nome. Anche se talvolta, purtroppo, ci viene la tentazione di  cambiarlo. Troppa confusione sull’aggettivo “popolare”, soprattutto da quando il Partito popolare europeo è diventato il contenitore di tutte le forze politiche conservatrici del Vecchio continente. Pensare che Sturzo riteneva i conservatori dei “fossili”…
Nel PPE, nato per unire i partiti democratico-cristiani, sono entrati negli ultimi vent’anni partiti di centrodestra, come Forza Italia, utili per tenere testa al Partito socialista europeo, in una sciocca gara a chi è più numeroso (e snaturato). Così il riferimento ai “popolari” europei copre da tempo gente che poco o nulla ha a che fare con la tradizione cristiano-sociale. Dovremmo esserci abituati.
Ma che da qualche giorno Angelino Alfano abbia trasformato il suo “NCD-Nuovo centrodestra” in “Alternativa popolare” ci ha messi di cattivo umore. Senz’altro il brillante ministro degli Esteri, dopo essere stato brillantissimo ministro degli Interni, ha voluto questa svolta per coerenza, dato che alcuni storcevano il naso al fatto che un partito di centrodestra nel nome governasse il Paese – con Letta prima, Renzi poi e ora Gentiloni – a braccetto con il PD. Senza contare la loro presenza nella maggioranza di Regioni e città: dove però gli alfaniani vanno con chi capita, basta che ci sia da governare.
Perché questo partitino è uno dei tanti a caccia di poltrone, smanioso di contare anche solo lo zero virgola, basta che sia indispensabile per fare maggioranza. Alternativo lo è senz’altro: Franza o Spagna, basta che se… governi. Sarebbe però corretto chiamarsi “Alternativa opportunista”, non “popolare”.
Perché i Popolari danno importanza alle idee, ai programmi, al bene comune. Altra cultura politica…
Angelino, cambiare nome, please.


Alessandro Risso - 2017-04-07
Condivido la fondata raccomandazione del professor Chiavario. Una figura intellettualmente di rilievo come Luigi Sturzo, che ha attraversato sessant’anni della storia politica italiana, corre il rischio di essere “tirato per la giacca” facendo leva solo su un aspetto specifico del suo pensiero. Credo che il sacerdote calatino abbia avuto due coerenti filoni principali che vanno considerati. Per primo un attivo impegno sociale e solidaristico che è sfociato politicamente nel popolarismo: il PPI, la sua creatura politica, era sì formato da cattolici democratici e clerico-conservatori, ma solo i primi rappresentano compiutamente il pensiero del fondatore. I secondi, infatti, non ebbero remore ad imbarcarsi nella collaborazione con il fascismo. Sul fatto che Sturzo non cercò un'intesa antifascista con i socialisti: nei primi anni del dopoguerra la maggioranza massimalista voleva “fare come in Russia”, e ogni ipotesi di collaborazione era – nei fatti, e non vista con gli occhi di oggi – semplicemente irrealistica. Dopo il delitto Matteotti, quando una diversa consapevolezza politica era maturata, i fatti precipitarono e già nell’ottobre del 1924 Sturzo fu costretto all’esilio. Il secondo leit-motiv sturziano è il culto per la libertà. Anche in economia. Sturzo fu un liberale autentico, contrario ad ogni statalismo. Che fosse quello del Regno “dei Prefetti”, o quello fascista, o quello sovietico. Con coerenza – e non dico con tutte le ragioni – si oppose all’industria di Stato che gran parte della DC volle mantenere in continuità con l’IRI mussoliniana. E nella contrapposizione tra l’Occidente e l’Est stalinista per Sturzo la sua scelta di campo era netta, anche a costo di scelte opinabili come l’assenso al fronte anticomunista alle amministrative romane. Su un punto siamo credo tutti d’accordo: la coerenza, e non l’opportunismo, è nel patrimonio intellettuale del padre dei “liberi e forti”. Spero di poter approfondire il confronto su questi temi con Mario Chiavario e altri amici: in vista del centenario di fondazione dl PPI, e dei sessant’anni della morte di Sturzo, non mancheranno le occasioni.
Mario Chiavario - 2017-04-06
Per molti versi, sono considerazioni che condivido. Però, andiamoci piano con l'abitudine, invalsa da qualche tempo,di citare Sturzo sempre soltanto per certe prese di posizione e non per certe altre (abitudine speculare rispetto all'atteggiamento di chi, negli anni sessanta, fondava i "Centri Sturzo" con una netta connotazione di ultradestra). Fu pur lui che -non certo uomo da accettare imposizioni- ebbe a prestare il nome all'operazione -voluta da Pio XII e Gedda e sventata a un caro prezzo personale da De Gasperi- per una lista comune con neofascisti e monarchici alle elezioni romane del 1952 e soprattutto fu lui a condurre una durissima battaglia contro Mattei e la sinistra democristiana:il che lo fece diventare idolo della destra liberale. Del resto, già nel primo dopoguerra, quando guidava il PPI da lui fondato, prima di scorgere nel fascismo, con coraggio e tempestiva lungimiranza (rara nel suo stesso partito), il pericolo maggiore e mortale per le libertà, assunse atteggiamenti di forte alternatività alla galassia socialista non meno che a quella liberale. Tutto ciò può piacere o non piacere, ed è giusto che oggi, in un panorama politico radicalmente diverso, non ci si fermi troppo su singoli aspetti di queste scelte; ma, appunto, conviene farlo in ogni senso.
Carlo Baviera - 2017-04-05
Una riflessione più che condivisibile. L'appropriarsi di definizioni che appartengono a chi è rimasto fedele alle proprie posizioni è esecrabile. Da quando l'on. Bianco ha coerentemente guidato i Popolari nell'Ulivo è iniziata (purtroppo anche a livello europeo) l'opera di confusione. Non si capiva più chi erano i veri popolari, se quelli scivolati nel centrodestra o quelli rimasti nel solco riformatore. La stessa cosa per il simbolo dello scudo crociato. Più volte in questi anni "popolare" è diventato un termine usato e abusato senza chiarezza. Capisco l'invito ad Alfano a cambiare nome alla sua nuova creatura: ma ciò non avverrà. Pertanto si dovrà trovare noi una definizione che identifichi in modo chiaro e immediato chi è cattolico democratico, riformatore, solidale, ecc. Magari richiamando la Partecipazione, il protagonismo civico, l'umanesimo personalista, il solidarismo comunitario, le virtù civiche, la cittadinanza costituzionale, la dignità e la rinascita civile, ecc.
umberto calliero - 2017-04-04
Leggo sempre con attenzione le news che ricevo da Associazione Popolari e apprezzo la serietà e la chiarezza, anche quando non condivido. Questa riflessione non può non trovarmi d'accordo nella speranza che l'Angelino abbia una volta o l'altra un po' di vergogna (il pudore l'ha perso da tempo).
Massimo Canova - 2017-04-04
Si Angelino... cambia, se possibile anche... mestiere! Torna a fare il bravo avvocato... Thanks.
giorgio merlo - 2017-04-04
Mi pare una riflessione ineccepibile. Una fotografia impeccabile. Registro che c'è una crescente e diffusa domanda di rappresentanza politica da parte di un mondo - il nostro mondo di riferimento, ma non solo - che non si riconosce più negli attuali cartelli elettorali/partiti. E l'esperimento politico di Alfano - grottesco e quasi comico - come dice bene questa riflessione, alimenta ancor più questa richiesta di rappresentanza politica. E', questa, una riflessione che dovremmo condurre noi Popolari in questa confusa e difficile stagione politica.