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La scomparsa dei cattolici democratici
 
di Giorgio Merlo
 

Al di là delle appartenenze di ciascuno di noi - ovvero dei cattolici democratici impegnati in politica oggi - c'è un vuoto nella politica italiana che continua a essere misterioso e inspiegabile. E cioè, la sostanziale assenza dei cattolici democratici e, soprattutto, della cultura cattolico democratica nell’attuale dialettica politica. È perfettamente inutile individuare singole responsabilità. Sono personali e collettive, com’è evidente. A cominciare da coloro che ricoprono incarichi nazionali di prim’ordine e si dichiarano, a tutti gli effetti, interpreti e depositari della tradizione cattolico-democratica.
Oggi registriamo una fioritura della presenza politica della sinistra. Da quella riformista a quella movimentista, da quella tradizionale e ideologica a quella cosiddetta moderna e post ideologica. Certo, “sette sentieri non fanno una strada”, come si suol dire, ma è un fatto indubitabile che la sinistra politica e culturale, seppur nelle sue varie articolazioni, oggi è fortemente presente nella geografia politica italiana e gioca un ruolo importante e decisivo. Se, invece, ci spostiamo nel campo della destra, registriamo una presenza meno articolata ma altrettanto qualificata. In questo campo, a differenza della sinistra, c’è una scarsa vivacità culturale e una debole progettualità politica. Anche per un fatto storico e specificatamente italiano dove è sempre mancato un pensiero politico della destra e, per essere ancora più precisi, un pensiero autenticamente conservatore e anche liberale.
Ha fatto irruzione, invece, dopo la ventennale presenza berlusconiana – che definire di destra è decisamente inappropriato – una destra lepenista, xenofoba e anche un po’ reazionaria, che non interpreta affatto il tradizionale pensiero politico della destra liberale ed elitaria italiana, ma che rappresenta una fetta consistente di elettorato. E, accanto alla sinistra – più o meno moderna – e alla destra – seppur un po’ rabberciata e confusa – non possiamo dimenticare la presenza politica del Movimento 5 stelle, che interpreta alla perfezione il profondo sentimento che attraversa orizzontalmente la società italiana, cioè l’antipolitica militante, con demagogia a buon prezzo e il populismo antiistituzionale.
Ecco, di fronte a questo scenario, che ho cercato di riassumere seppur sbrigativamente, spicca per la sua assenza la presenza cattolico-democratica. Ovvero, quella cultura e quel filone ideale che hanno accompagnato, dalla Costituzione in poi, la democrazia italiana. Una cultura politica che, grazie alle personalità che ha sprigionato nelle diverse fasi storiche della nostra democrazia, si è affermata anche e soprattutto come classe dirigente e di governo. Una cultura, inoltre, che ha giocato un ruolo decisivo in tutti i tornanti che hanno caratterizzato la storia politica del nostro Paese. E che, in tutte le occasioni, si è distinta per la sua moderazione, la sua intelligenza, il suo senso dello Stato e delle istituzioni.
Ora, come è possibile che in questa fase di transizione e di profondo cambiamento – l’ennesimo – del sistema politico italiano la presenza cattolico-democratica sia caduta nel letargo? Come è possibile che i cattolici democratici, tutti i cattolici democratici, si siano rassegnati a giocare un ruolo puramente gregario, e sostanzialmente anonimo, nella politica italiana?
Ripeto, a prescindere dalle collocazioni attuali di ognuno di noi nei diversi partiti.
Parliamoci chiaro. Non si tratta di rimpiangere i tradizionali strumenti politici e organizzativi che vedevano una presenza massiccia dei cattolici democratici, come la DC o il Partito popolare. Ma, senza evocare la formazione di nuovi partiti, resta sostanzialmente inevasa la domanda di quelle centinaia di migliaia di persone che, nella variegata provincia italiana, si riconoscono forse ancora in quel patrimonio e si sentono “orfani” di una collocazione politica vera e convincente. E dove si trovano, molto probabilmente, si sentono più “ospiti” che “protagonisti”. Al di là delle ricerca di posti, prebende e incarichi, che sono indubbiamente importanti ma politicamente deboli se non sono accompagnati da un pensiero politico e culturale riconoscibile e trasparente.
Ecco, alla domanda sulla “irrilevanza” e sulla “insignificanza” dei cattolici democratici nella politica odierna, prima o poi occorrerà dare una risposta seria e compiuta. Cioè politica, culturale e organizzativa.


Antonio R. Labanca - 2017-03-29
Con il ritorno (inerziale e prevedibilmente di breve durata) oggi si sta creando nuovamente uno spazio per le “identità” politiche più radicali; questo anche in considerazione del valore “costituente” che necessariamente avrà (e potrà legittimamente avere) il nuovo Parlamento. Le liste-contenitore non consentono di misurare la reale volontà degli elettori quando essa intende scegliere fra i candidati di un “campo” quelli che corrispondono meglio alla propria “vision”. Alle prossime politiche troverà consenso chi esprimerà un chiaro indirizzo valoriale, sia pure vestito talvolta di forme “protestatarie”. I cattolici resteranno a commentare, cercando i singoli esponenti il canotto più adatto per arrivare in porto? La loro definizione di “democratici” in politica incomincia a essere un po' insufficiente: letteralmente, non dice nulla di più – in questo contesto – di una distinzione bipolare.
Giuseppe Davicino - 2017-03-16
Credo che si debba esser molto grati a Giorgio per aver sollevato con coraggio e competenza il problema: il cattolicesimo democratico ha le sue radici nel popolo, se queste radici vengono recise tutti i suoi rami, nelle diverse collocazioni partitiche, seccano e diventa sterile ed irrilevante, non più capace di interpretare le enormi sfide di questa epoca.
Carlo Baviera - 2017-03-15
In tanti si chiedono come e quando il cattolicesimo democratico, sociale e popolare possa tornare a svolgere un ruolo come protagonista. E giustamente Giorgio dice che si dovrà presto rispondere alla domanda. Si tratta di capire se c'è un gruppo di personalità autorevoli (e riconosciute tali per equilibrio, coerenza, e vero riformismo che non sia semplice moderatismo) che abbia la voglia e il coraggio di assumersi l'impegno di dar vita ad una iniziativa per rimettere al centro proposte e atteggiamenti di stampo solidale per garantire una serie di diritti e tutele, per rilanciare produzione e lavoro nel rispetto della salute e dell'ambiente (e da questo punto di vista la nostra Associazione sta predisponendo alcuni importanti momenti di confronto e approfondimento), per ostacolare il liberismo sfrenato e sostenere un'economia più "civile", per rilanciare decisamente un'Europa dei popoli e più unita democraticamente e istituzionalmente, e che sappia rispondere ai cosiddetti nuovi "diritti civili" con equilibrio e senza radicalismi libertari nè con chiusure clericali, rispettando la dignità della persona, i principi costituzionali, la coscienza morale. Con queste basi, iniziare a riprendere incontri, anche periferici, con le persone e le Associazioni più diverse; e infine presentarle ad altre culture politiche per cercare convergenze. Se poi, alla fine, si costituisse un contenitore politico ben venga.