Stampa questo articolo
 
Popolarismo oggi, e domani
 
di Carlo Baviera
 

Oggi, 18 gennaio, il mio amico Francesco, come ogni anno, mi invierà una mail per ricordarmi l'anniversario di fondazione dl Partito popolare italiano da parte, fra gli altri, di don Luigi Sturzo. E mi inviterà a tenere viva la memoria di un avvenimento che anche Piero Gobetti giudicava l'evento politico fra i più significativi della politica italiana dei primi decenni del XX secolo.
Quest'anno ricorderemo il 98° anniversario e, in non pochi luoghi della penisola, si stanno preparando i festeggiamenti per il centenario.
Perchè ricordare un avvenimento così lontano e apparentemente non più interessante per l'attualità? Ritengo, e come me molti "popolari e cattolici democratici", che invece lo spirito, le proposte, i riferimenti del popolarismo democratico e solidale siano più che mai utili anche per il nostro tempo.
La necessità di valorizzare le autonomie locali e la partecipazione dei corpi intermedi rappresentativi delle articolazioni sociali, in un mondo sempre più condizionato da centri decisionali internazionali, distanti e sconosciuti, difendendo territori, produzioni, culture, sensibilità religiose, tradizioni, è sempre più sentito.
Ricreare un'economia basata sulla capacità imprenditoriale, sulle competenze, sul rapporto con i territori nei quali si produce; e un sistema di lavoro in cui le persone abbiano più rispetto e diritti che non le merci o le regole burocratiche e finanziarie.
Sostenere un welfare che, a partire dai bisogni delle famiglie, estenda le tutele essenziali e sia includente e sussidiario, anziché regolato e deciso da normative e standard centralisti e imposti da istituzioni internazionali.
La pace, anche oggi minacciata da più situazioni e dal risorgere di nazionalismi, fondamentalismi, e dall'aumento di povertà ed emarginazione a livello mondiale, resta un obiettivo come lo era nei giorni della nascita del PPI (quando alla Conferenza di Pace di Parigi si mettevano le basi per la costituzione della Società delle Nazioni proprio per contribuire al superamento dei conflitti).
La necessità di riforme, di cui si parla continuamente e che sono state, almeno per alcuni aspetti, oggetto del recente referendum, erano già presenti nei programmi del PPI: si pensi alla richiesta di un "Senato elettivo con prevalente rappresentanza dei corpi della nazione (corpi accademici, comune, provincia, classi organizzate)";una legge elettorale proporzionale "con il collegio plurinominale"; il "riconoscimento delle funzioni proprie del comune, della provincia e della regione, in relazione alle tradizioni della nazione e alle necessità di sviluppo della vita locale"; e poi interventi per estendere i diritti e le tutele; la ricerca della pace religiosa nel rispetto delle sensibilità e delle libertà delle comunità (cosa oggi ancor più necessaria per il crescente pluralismo religioso e culturale); una visione e collaborazione internazionali.
Le questioni internazionali di questi anni: sviluppo di un terrorismo fondamentalista anche legato ai tanti nodi irrisolti in Medio Oriente, Asia e Africa.
Una crisi economica e sociale pesante che fatica ad arrivare a soluzione, e che provoca l'insorgere di populismi disgregatori delle società nazionali e delle collaborazioni fra gli Stati (con la stessa messa in discussione dell'Unione Europea).
La sempre maggiore sofferenza dell'ambiente per l'esagerato sfruttamento delle risorse del pianeta e per la mancanza di rispetto del creato (sia esso la persona, siano le produzioni agricole, oppure le disattenzioni e disinteressi per i consumi energetici).
La grave crisi della democrazia messa in ginocchio dal potere occulto della finanza, da organismi internazionali non eletti e non controllati, da un mercato senza regole, dallo sfruttamento lavorativo anche dei minori e che riduce le tutele elementari delle persone, la solidarietà e la sindacalizzazione dei cittadini, sempre più portati all'isolamento e alla difesa individualista. Per non parlare del cyberspionaggio che non solo aggredisce la privacy personale o delle aziende, ma interviene a modificare gli esiti del voto all'interno degli Stati o a compiere furti di progetti e di dati ad ogni livello, mettendo in crisi rapporti internazionali.
Tutte queste cose ci dicono che i fondamenti del progetto sturziano e del popolarismo non sono da accantonare, perchè sono parte delle basi su cui ricostruire il futuro.
Poiché le sollecitazioni che anche papa Francesco ci propone in questi anni – la necessità di un cambiamento dei parametri economici, morali, culturali, produttivi e commerciali che condizionano la vita di persone, famiglie, nazioni; una radicale modifica dei comportamenti personali e comunitari, e la richiesta di legislazioni più attente agli esclusi – sono indispensabili per lo sviluppo coerente ed inclusivo di società che restino democratiche e partecipate, spingono anche i cattolici democratici a recuperare e aggiornare il proprio patrimonio ideale e programmatico fondato proprio sulla necessità di valorizzare il personalismo, le comunità e le loro autonomie, le riforme contro la burocrazia e il potere dei grandi capitali, la collaborazione internazionale. E su queste basi occorre ritrovare unità di intenti pur fra appartenenze a contenitori politici e sociali collocati su fronti diversi. Il partito che rappresenta questi valori non esiste più, ma alcuni obiettivi comuni devono essere individuati e perseguiti, nel tempo che ci proietta al Centenario, nel 2019.


ANONIMO - 2017-01-20
Don Sturzo fu stimato da Gobetti, ma Giolitti non lo sopportava e non a caso non lo ha citato nelle sue memorie. Per una semplice ragione. perchè aveva dato ai cattolici italiani una presenza autonoma, senza cedimenti clericali e senza subalternità "gentiloniane" al potere di chi era al governo. Anche con l'obiettivo di "riconciliare" i cattolici con il Risorgimento, cioè con la storia del paese...collocandoli nella prospettiva delineata dalle trasformazioni in qualche nodo considerate dalla Rerum novarum..la "questione sociale"