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Popolari, la corrente non torna più
 
di Giorgio Merlo
 

La notizia è passata un po’ in sordina – com'é nello stile sobrio e pacato della tradizione dei Popolari – ma merita di essere ripresa. Si tratta di un incontro promosso recentemente dall'Associazione I Popolari del Piemonte sul prossimo referendum costituzionale. Il dibattito, di grande interesse, ha visto a Torino il confronto tra uno dei "padri" del cattolicesimo democratico italiano, Guido Bodrato, e il senatore del PD Stefano Lepri. Entrambi, anche se di generazione e con esperienze alle spalle profondamente diverse, accomunati dalla provenienza dal mondo cosiddetto “Popolare”.
Ora, dal confronto è emersa in modo palpabile la profonda differenza politica, culturale e di prospettiva istituzionale tra i due interlocutori. L'uno, Bodrato, schierato convintamente per il No e l'altro, il renziano Lepri, fortissimamente per il Sì. Due posizioni, ovviamente legittime e del tutto comprensibili.
Ma l'aspetto che qui voglio richiamare non riguarda tanto il confronto di quel convegno ma la conseguenza politica di quel bel dibattito. E cioè, quando in una corrente politica e culturale che storicamente si è caratterizzata anche per la sua indole fortemente "identitaria" si confrontano posizioni che su un tema essenziale per la qualità della nostra democrazia, il futuro dell'assetto istituzionale e lo stesso giudizio sulla riforma della Costituzione esprimono contenuti non solo diversi ma quasi alternativi, la conclusione è scontata. Ovvero, la cosiddetta "corrente dei Popolari" in politica non esiste più. Ammesso che sia esistita in questi anni nel PD o altrove e soprattutto nell'ultima fase renziana.
Perché quando l'analisi, la valutazione e il giudizio politico divergono sui capitoli essenziali che qualificano la presenza nella politica, significa che ormai non c'é più una lettura omogenea e coerente della società tra tutti coloro che, almeno a parole, dicono di riconoscersi nella tradizione culturale cattolico-democratica.
Ecco, il convegno torinese dell'Associazione i Popolari del Piemonte – peraltro, ripeto, di grande interesse – ha confermato che nella attuale stagione politica italiana, liquida e ormai priva di visioni di lunga scadenza, sono saltate definitivamente anche vecchie categorie a cui eravamo abituati, seppur un po’ stancamente. Non solo sono scomparse le tradizionali distinzioni tra destra e sinistra, tra conservatori e progressisti, al di là delle chiacchiere di rito e della ipocrisia che accompagna il dibattito nei singoli partiti, ma rischiano di sfaldarsi anche le aree culturalmente più granitiche. Come, appunto, la tradizione popolare e cattolico-democratica. O meglio, quel filone culturale continua a esistere e a esprimere valori, principi, orientamenti e scelte che, almeno a mio parere, mantengono una bruciante attualità. Ma quello che scompare definitivamente, e forse irreversibilmente – questo, però, lo dirà solo la storia – è la capacità che quella cultura possa orientare scelte politiche univoche, unitarie e coerenti di fronte ai problemi che emergono dalla società. Ossia, in una corrente di un partito o addirittura con un partito di riferimento come fu sostanzialmente ai tempi del Partito popolare italiano.
Del resto, questo processo non stupisce perché nella stagione dei cosiddetti "partiti personali" il pluralismo culturale all'interno delle odierne formazioni politiche è ammesso e tollerato nella misura in cui è compatibile con il pensiero del "capo".
Si tratta, comunque, di prendere atto della realtà esistente e di far sì, se non la si condivide del tutto, di lavorare per cambiarla.


stef - 2016-11-11
La conclusione pare un po' drastica tanto più che continua a mancare in politica l'ancoraggio ai valori, tanto più in un periodo di esasperata e insignificante personalizzazione.
beppe mila - 2016-10-28
E' un bell'articolo pacato e chiaro, potremmo dire che è un po' come l'atto notarile che certifica lo stato delle cose... non buone. Il pluralismo culturale messo da parte e l'incapacità della cultura di poter essere incisiva. Io sono per il No convinto, per quel che riguarda Cacciari, di cui sono grande estimatore mi ha meravigliato non poco la sua posizione. Ci sono tanti modi ed espressione per definire il si di tanti detto malvolentieri: buttare via la tinozza dell'acqua sporca con il bambino dentro... il rimedio è peggiore del male . Ultimo vorrei ricordare che non sono le leggi e l'impalcatura costituzionale che contano ma come esse vengono applicate. Non ricordo chi ha detto che sulla carta la costituzione del Gambia e di altri Stati dell'Africa Centrale è migliore di quella degli Stati Uniti, l'applicazione ai cittadini è ben diversa però.
Alberto Pichi - 2016-10-27
Sono un coetaneo di Guido Bodrato, col quale ho condiviso le battaglie giovanili nell'UNURI. Militavamo ambedue nell'Intesa, raggruppamento cattolico democratico che potrebbe essere considerato un'anticipazione del nostro modo odierno di partecipare alla vita politica nel PD: nel senso che eravamo (e siamo) cattolici, laici, democratici, con spiccata attenzione ai problemi sociali, superiore anche a quella che, io almeno e non certo Guido Bodrato, riscontravo ordinariamente nella DC. Ricevo puntualmente - probabilmente per iniziativa di qualcuno che mi conosce - queste NEWS, ma già una volta ebbi a intervenire per precisare il mio pensiero, ribadendo, in dissenso dall'autore di un articolo, che non vedevo spazio per un contributo alla riforma costituzionale "in quanto cattolici", popolari o meno... Concordo quindi sul fatto che le divergenze tra Lepri e Bodrato segnino un punto di non ritorno per il tentativo di costituire una corrente permanente in ambito PD, capace di dare un contributo in quanto tale, anche se, lo devo ammettere, a volte è più facile trovarsi "tra di noi" che non con i nuovi Compagni: abbiamo forse uno stile più fraterno e leale che ci viene dalla comune visione religiosa, una sensibilità agli ultimi che non è solo ideologica, ma entra anche nel nostro privato? Non saprei dare una risposta definitiva, ma posso però aggiungere una notazione: il NO convinto di Bodrato mi convince poco e mi pare in buona parte figlio di un diffuso risentimento generazionale, che accumuna quasi tutti i politici e professori, messi da parte poco urbanamente da Renzi (e questo non lo condivido affatto, per il modo, ma non per la sostanza). Non essendo stato messo da parte (perché non avevo alcun ruolo da cui essere estromesso) più serenamente ho preso atto che era l'ora di fare un ricambio totale, anche a rischio di fare qualcosa meno bene... Certo che Zagrebelsky e Bodrato avrebbero scritto meglio la riforma costituzionale, ma questo non giustifica il fatto che ignorino che gran parte di questa riforma è figlia dei programmi dell'Ulivo, che a suo tempo condivisero e condividemmo.
Paolo Picco - 2016-10-21
Certo è che l'espressione "profonda differenza politica, culturale e di prospettiva istituzionale" pare esagerata e di gusto tutto giornalistico, che certo non rende giustizia nemmeno della sensibilità dell'autore stesso...
giuseppe cicoria - 2016-10-21
Sulle affermazioni di Cacciari e sostenute da Ricciardi ho solo un commento da fare: " ...NON HO PAROLE!". La Costituzione stabilisce quali sono le regole della convivenza democratica del popolo italiano: E' la cosa più seria che abbiamo! La modifica NON si deve votarla se "fa schifo". Non è una leggina qualsiasi modificabile qualsiasi momento...! Bisogna essere seri e sopratutto responsabili verso di noi e per il domani dei nostri figli!
Stefano Lepri - 2016-10-21
Questo di Giorgio è un bel tema, così come quello dell'eclissi delle culture politiche. Magari i popolari potrebbero dibattere. Dalla mia esperienza posso dire che in parlamento non c'è una corrente organizzata dei popolari o dei cattolici democratici, ma su diverse questioni (es. unioni civili) è emerso una compattezza e un posizionamento visibile e alla fine vincente. Senza contare altri temi (es. sostegno alla natalità, contrasto alla povertà, terzo settore) dove l'iniziativa dei cattolici democratici si fa sentire. In modo meno ufficiale, ma organizzato pur informalmente. E' questo o altro il modo per stare nelle istituzioni? Anche perché dobbiamo metterci d'accordo anche con noi stessi: quando qualcuno si dichiara con una etichetta (magari affibbiata dai giornalisti) subito alcuni tra noi hanno evocato l'esigenza di non "marcare" la presenza. Quando non si marca si denuncia la scomparsa della corrente. Insomma, su temi importanti (a parte le riforme istituzionali, su cui ci sono differenze importanti) questo parlamento ha dato diversi segnali. Anche grazie ai popolari. Forse senza una corrente, ma forse con risultati più significativi. Mi piacerebbe una volta parlarne.
piergiorgio fornara - 2016-10-21
Sarà pur vero quel che dice Merlo ma guarda caso quando c'è da sciegliere un pres. della Repubblica si va a cercarlo tra coloro che con più dignità e coerenza han fatto politica
Alessandro Risso - 2016-10-20
Nel suo commento Ricciardi ricorda e condivide quanto ha detto Massimo Cacciari dalla Gruber: "Questa riforma fa schifo ma voto sì". Cacciari ha spiegato la sua scelta per non dare l'ultimo colpo alla credibilità della classe politica al governo, che tanto punta sulla riforma. Di getto avrei voluto rivolgere a Cacciari questa domanda, se ne avessi avuta la possibilità: Lei crede davvero che la classe politica possa recuperare credibilità presso l'opinione pubblica con una riforma che "fa schifo" e peggiora la nostra Costituzione? Quella Costituzione che è l'unico punto di riferimento rimasto ai cittadini? Mi piacerebbe almeno conoscere la risposta dell'amico Fernando.
Fernando Ricciardi - 2016-10-20
Quello che dice l'On. Merlo è condivisibile. La corrente del "POPOLARI" però può continuare ad esistere indipendentemente dal referendum che accalora l'8% degli italiani compresi gli addetti ai lavori. C'è un errore politico madornale in chi ha fortemente personalizzato questo evento, corretto poi solo in parte a motore acceso. Ha ragione chi afferma che dopo decenni di riforme annunciate bisognava pur muoversi. Ha altrettanto ragione chi dice che con questa riforma si crea una stortura nel sistema e i cittadini si troveranno un Senato di "chiamati" e non di "eletti". Il risultato di questo referendum sarà sicuramente influenzato da motivi che poco hanno a che fare con la riforma. "Chi è causa del suo mal pianga se stesso" diceva qualcuno. Personalmente condivido l'affermazione di Massimo Cacciari: "Questa riforma fa schifo ma voto si". Grazie per l'attenzione.
Pierluigi Capra - 2016-10-20
I valori, i principi, la cultura dei cattolici popolari vivono più che mai. Ci possono essere, come spesso accadde anche in passato ai tempi delle correnti DC, divergenze anche profonde sui mezzi, le forme, i metodi, gli strumenti con i quali raggiungere gli obiettivi condivisi. Questo referendum sulle modifiche alla Costituzione nella parte seconda, fermi i principi, è lo specchio delle divergenze sui mezzi, non sui fini.
Carlo Baviera - 2016-10-20
Molto probabilmente è giusta l'osservazione di Giorgio, che è scomparsa (o sta scomparendo) la capacità di orientare, da parte della corrente democratico popolare, scelte politiche univoche, unitarie, e coerenti di fronte ai problemi che emergono; pur dovendo rispettare anche all'interno di una cultura politica un certo pluralismo su molte questioni. Per quanto riguarda la necessità (la volontà) di cambiare questa stagione di partiti del capo o personali, credo che si debba tornare, semplicemente, a parlare e "vivere" con le nostre popolazioni, per interpretarne i bisogni, le esigenze, le speranze, le difficoltà; senza ideologie o pensieri preconfezionati su ogni tipo di modifica, cambiamento, riforma (oggi si è nuovi e moderni e democratici se si vuole cambiare, a prescindere). Quindi nessuna ideologia, ma ripartire dai problemi del popolo, locali, e dai valori della solidarietà, della responsabilità, del dono, del rispetto e valorizzazione delle autonomie, e i lavori. Da questo si capirà quali strumenti (elettorali, costituzionali, istituzionali) serviranno per rappresentare i nostri concittadini: così è nato il popolarismo e le proposte elettorali e legislative.