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Fassino e la prospettiva per il futuro
 
di Gianfranco Morgando
 

L’invito che “Rinascita popolare” ha rivolto a votare Fassino al ballottaggio di domenica prossima merita di essere ripreso con qualche riflessione più articolata, anche alla luce di una lunga campagna elettorale non banale nei suoi contenuti e nel suo svolgimento. Una campagna elettorale che si è sostanzialmente articolata intorno a due questioni: il giudizio sul passato, interpretato orgogliosamente dal centrosinistra e ridotto dagli altri candidati a un “sistema Torino” logoro ed escludente; e l’indicazione di una prospettiva per il domani, che ha registrato le differenze più profonde negli ultimi giorni tra Fassino e la Appendino.

Sul primo punto, al di là di un po’ di eccesso di retorica, non c’è dubbio sul giudizio nei confronti dell’azione amministrativa degli ultimi vent’anni: il volto della città è cambiato, ed è cambiato in profondità (e in meglio) anche il suo profilo economico. Questo non vuol dire che i problemi siano tutti superati, in particolare per quanto riguarda le tematiche sociali e quelle della struttura produttiva della città. La povertà esiste, e avrebbe richiesto maggiore centralità nella campagna elettorale. E le potenzialità del turismo non potranno sostituire una dimensione manifatturiera ed industriale, che continua ad essere il vero futuro dell’area torinese.
Tuttavia negare che il punto di partenza sia nettamente migliore non è soltanto ingeneroso, ma anche politicamente sbagliato, perché riduce il confronto a uno scontro tra slogan che alla fine non porta da nessuna parte. Mi pare, sotto questo profilo, assai modesta la “prestazione” grillina e della stessa Appendino, che non è andata oltre la polemica contingente rinunciando a un vero confronto sul lavoro amministrativo di questi anni.
Un lavoro amministrativo che è stato espressione di un pezzo importante di città, non riducibile soltanto alla sinistra torinese, e alla sua alleanza con la borghesia cittadina. Il centrosinistra degli ultimi vent’anni è stata una esperienza politica articolata e plurale, in cui i cattolici hanno svolto un ruolo importante: Castellani dedica, nel suo libro sull’esperienza di sindaco, pagine molto belle alla sua dimensione di credente; e sono molti i Popolari che hanno segnato l’attività municipale con la loro presenza, ispirati da Giovanni Porcellana, tornato in Consiglio comunale proprio per rendere forte la partecipazione del Partito Popolare alla compagine di centrosinistra.

Per quanto riguarda le impostazioni programmatiche di fondo, le differenze sono emerse nettamente negli ultimi giorni della campagna, con la messa in discussione da parte dalla candidata del Movimento 5 stelle di tutte le scelte strategiche impostate negli ultimi anni. Il titolo che “La Stampa” ha dato all’articolo di La Spina il 15 giugno, che parla di “due diverse visioni della città”, è assolutamente pertinente. Cadono sotto la mannaia grillina l’alta velocità Torino-Lione, il progetto della Città della salute, la variante 200, la Torino-Caselle, la linea 2 della metropolitana, e via discorrendo. Non entro nei dettagli, anche perché lo stadio di realizzazione di queste opere è molto diverso. Mi limito a rilevare che, nella competizione tra territori che caratterizza l’economia globale, la competitività di un’area è garantita dall’efficienza delle sue infrastrutture di collegamento e di mobilità, e dalla qualità dei suoi servizi. La questione è quindi molto rilevante, e hanno ragione coloro che dicono che sarà ben difficile proseguire sulla strada dello sviluppo nel caso di vittoria del Movimento 5 stelle.

Ci sono quindi ottimi motivi per dare il voto a Piero Fassino, come ha già scritto “Rinascita popolare”: il futuro di Torino, e naturalmente l’ingresso nel Consiglio comunale di un amico come Roberto Cavaglià.
Con un avviso ai naviganti: da lunedì bisognerà capire perché le buone ragioni di una proposta di politiche e di persone hanno dovuto affrontare le incertezze e le ansie di una campagna così difficile. Sarà un punto di partenza per una nuova fase del centrosinistra torinese.


giuseppe cicoria - 2016-06-17
......ma sai che al ristorante IL Cambio di torino si mangia proprio bene?. Quanto hai pagato? Ma che c'entra; ho fatto un mutuo e poi si vedrà! La gestione di sinistra ha fatto tante belle cose anche se spesso i lavori sono durati una eternità perché gli appalti sono stati fatti evidentemente male e con ditte non affidabili. Da ultimo vedi il grattacielo tanto per fare un esempio, oppure, meglio, la metro o, ancora, il parcheggio di corso Galileo Ferraris. Si è, però, speso molto (es. Olimpiadi) e con sistemi finanziari (es.: derivati) che hanno accollato ai torinesi debiti da record. E' questa una buona gestione da "buon padre di famiglia"? A me sembra di no. Sulla gestione della città personalmente ho da ridire. Non mi sembra che questi signori abbiano molta sensibilità a curare con delicatezza il bellissimo centro storico di Torino. Immagino, forse, che per ragioni elettorali si è dato troppo spazio agli interessi di baristi, ambulanti e ciclisti. La città che ha vocazione, ora, altamente turistica non può, almeno al centro storico, non essere considerata una specie di museo. Invece esso è stato con carattere assolutamente inconcepibile spesso invaso da bancarelle di qualsiasi genere trasformando il centro in un vero e proprio "suk" stile medio oriente. I baristi e ristoratori si sono letteralmente ed esageratamente appropriati di piazze e porzioni rilevanti di strade (addirittura agli angoli di strade), piene di tavolini e con strutture (alcune orribili) spesso sostanzialmente fisse. Gli sparuti ciclisti si sono visti concedere spazi che nelle moderne città del nord europa neppure si sognano anche se lì veramente questi mezzi vengono utilizzati! Ultimo sconcio in Corso Matteotti che da grande "boulevard" che, costruendo una seconda pista inutile, è stato distrutto con strettoie che hanno trasformato gli incroci in camere a gas. La scarsa sensibilità alle peculiarità antiche della nostra bella città ha trovato il suo culmine con la "cavallerizza" dove per scellerate operazioni finanziarie (al solito) si è cercato con determinazione di destinarla ad altro uso (prevalentemente commerciale) e, per ora forse salvata per le strenue resistenze di associazioni culturali fortunatamente presenti in Torino. Non voglio infierire ancora: forse basta così.