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Un NO motivato e pacato
 
di Mario Chiavario
 

Condivido anch’io, in buona parte, le argomentazioni che hanno indotto 56 docenti e studiosi di diritto costituzionale a esprimere un motivato e pacato NO al prossimo referendum sulla riforma costituzionale approvata dal Parlamento senza la maggioranza qualificata che l’avrebbe resa immediatamente esecutiva.
Per parte mia, e per quel che vale, avrei tra l’altro messo maggiormente in evidenza, non solo e non tanto l’insostenibilità della comparazione tra una diminuzione di garanzie istituzionali e una riduzione della spesa pubblica (argomento razionalmente ed eticamente ineccepibile, ma verosimilmente tale da apparire ai più come una semplice scusa per continuare a evitare quest’ultima) ma piuttosto la contraddizione tra lo sbandierato risparmio che la riforma comporterebbe (argomento che, correlativamente, temo sia fortemente capace di far presa sul grosso pubblico) e il mantenimento dell’enorme numero attuale di deputati (630!), non certo bilanciato dall’esiguo numero di senatori… a costo (quasi) zero: non comporterebbe certo costi maggiori un sistema imperniato su una Camera, poniamo, di 300 deputati, eletti con un sistema idoneo a garantire maggioranze stabili (e alla quale attribuire in esclusiva – così come stabilisce la riforma – l’elezione del Governo e il mantenimento del controllo sui suoi atti attraverso il collaudato rapporto fiduciario, nonché la legislazione ordinaria) e un Senato, poniamo, di 200 componenti, per metà rappresentativi delle realtà territoriali e per metà da eleggere su scala nazionale, con sistema rigorosamente proporzionale a tutela di tutte le minoranze non proprio infime (e chiamato – come solo in parte prevede la riforma, e del resto, appunto, in una ben diversa composizione che ne sminuisce proprio la funzione di garanzia – ad esercitare funzioni di garanzia, come la partecipazione al procedimento formativo della leggi costituzionali e di altre leggi in materie “sensibili”, e, soprattutto, un ruolo determinante per l’elezione di organi come il Presidente della Repubblica, i giudici costituzionali, i componenti del CSM…).
Al di là delle argomentazioni “pro” o “contro” questa riforma costituzionale, c’è peraltro qualcosa che mi sembra ancora più importante, almeno per chi voglia sottrarsi alla logica perversa che porta a legare riforma costituzionale e sorti del Governo in carica (logica, per vero, in cui il premier ci mette del suo, ma che trova espressioni e toni ancora meno accettabili anche nella più gran parte degli oppositori “politici” alla riforma).
Mi riferisco all’assunzione di precise responsabilità, almeno su due fronti.
Il primo è quello dell’impegno, da esercitare in ogni sede possibile, perché si cerchi di arrivare a un voto separato su singole parti del progetto, superandone l’eterogeneità. Il secondo dovrebbe riguardare l’eventualità di una vittoria dei NO a un unico referendum o comunque sulle parti qualificanti dell’attuale testo (nel caso di “spacchettamento”). Mi sembra cioè che sin d’ora occorrerebbe estrema chiarezza nell’impegno per sollecitare e portare avanti in sede parlamentare alcune specifiche linee di riforma alternativa, meglio se poche ma qualificanti: e non solo tra quelle di segno opposto al testo su cui siamo chiamati a votare, ma anche tra quelle che possono andare nella stessa direzione, a cominciare da un netto “basta!” con quel bicameralismo paritario i cui persistenti inconvenienti hanno alimentato per reazione proprio quelle derive che oggi temiamo possano abbassare i livelli di autentica e piena democrazia.


Mario Chiesa - 2016-06-14
Anch’io, nel mio piccolo, ... avrei fatto un riforma migliore! Ma con le camere che ci siamo ritrovate da qualche decennio in qua, credo possiamo esser contenti della riforma imperfetta che abbiamo di fronte, e votare SI. Anche perché quando i problemi non si risolvono, sia pure in modo imperfetto, incancreniscono e rischiano di portare a soluzioni peggiori. Per una riforma migliore dovremmo contare su coloro che hanno fatto una opposizione pregiudiziale (Grillo, Salvini, Meloni): mi pare sia una speranza senza fondamento alcuno.