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Referendum a rischio diversivo
 
di Giuseppe Davicino
 

Cosa deve fare una associazione di cultura politica e di formazione alla politica come i Popolari di fronte al prossimo referendum costituzionale? La domanda chiama in causa la stessa nostra concezione della politica, di cui pensiamo vi sia grande necessità in questa epoca, in un contesto che assomiglia drammaticamente a quello delle origini del popolarismo. Anche oggi, infatti, gli interessi geopolitici occidentali, che si saldano a quelli della finanza speculativa che ci governa, rischiano di trascinare il mondo in un nuovo grande conflitto che solo papa Francesco ha il coraggio di additare come Terza Guerra mondiale, combattuta a pezzi.
Per salvare quanto si è costruito nel settantennio post bellico, in termini economici e sociali, abbiamo fortemente bisogno di rappresentanza, di definire come priorità per la Nazione e per l'Europa le istanze popolari costituite da lavoro, sviluppo, pace.
Di fronte alle emergenze che gravano sul presente, appare surreale l'importanza attribuita al superamento del bicameralismo perfetto, pure utile e atteso da decenni. Si sta riproponendo un dibattito carico di suggestioni ideologiche più che di ancoraggi ai dati reali, che ricorda quello sul bipolarismo degli anni Novanta. Non si può fare a meno di rilevare che alla fine ciò che ha decretato il tramonto del bipolarismo nelle principali democrazie europee, non è stato il riaffiorare del fantasma del consociativismo (al quale in Italia come in Germania si sono prestati proprio i due poli principali) bensì l'assenza di risposte convincenti alle profonde domande sociali poste dalla crisi.
Attualmente questa illusione di cercare nelle riforme istituzionali risposte che invece attengono alla politica, al suo rapporto con l'economia e con l'etica innanzitutto, si ripropone, assumendo le sembianze di una riforma che tocca il rapporto tra livello centrale di governo e autonomie locali, e che tocca soprattutto il delicato equilibrio fra i poteri dello Stato, che risulta sbilanciato imprudentemente sull'esecutivo anche per la determinante compresenza con la Camera unica, composta di nominati, determinata da una legge elettorale, l'italicum, iper-maggioritaria.
Accanto alle ragioni di merito va ricordato che nella pratica il confronto sul referendum confermativo d'autunno sta già procedendo come un treno in corsa come pronunciamento sul premier. L'asticella che Matteo Renzi dovrà superare è sostanzialmente quella dei 13 milioni di voti per il Sì allo scorso referendum sulle trivelle, difformi dalle indicazioni del governo. Si va verso una polarizzazione non certo auspicabile, ma che appare irrealistico credere di poter fermare.

Per tutte queste ragioni credo che il compito dell'Associazione i Popolari, composta anche da amici, dirigenti ed eletti nelle fila del PD, che convintamente o per disciplina di partito sostengono la riforma, non sia tanto quello di schierarsi quanto piuttosto quello di offrire delle occasioni di riflessione e di approfondimento sui principali aspetti della riforma costituzionale, alla luce però delle istanze di fondo che stanno alla base di questa nostra cultura politica.
Come si può ignorare, in questa prospettiva, che ciò che maggiormente rappresenta uno stravolgimento della prima parte della Costituzione è stata la modifica dell'art.81 compiuta nel 2012 con l'inserimento del pareggio di bilancio? La norma che costituzionalizza l'austerità è la stessa che pregiudica alla radice i doveri costituzionali di creare e valorizzare il lavoro, di impegnarsi attivamente per rimuovere le disuguaglianze e che ipoteca il futuro delle nuove generazioni e che preclude qualsiasi possibilità di ripresa per il nostro Paese.
Forse per una democrazia più partecipata, e per neutralizzare ciò che alimenta la crescita dei movimenti populisti, si dovrebbe intervenire per affrontare le questioni che più stanno a cuore ai ceti lavoratori, da cui dipende la possibilità di uscire dalla pericolosa spirale deflattiva in cui da anni siamo impantanati. Finché il nodo dell'austerità non sarà sciolto in favore del futuro dell'Italia e di una nuova Europa fondata sulla solidarietà e sul lavoro, così come sognavano i suoi padri fondatori, anziché sui grandi interessi finanziari, anche le questioni assai serie per la democrazia poste da questa riforma costituzionale, rischiano di apparire agli occhi dei ceti popolari dei diversivi e di essere tali pericolosamente rispetto al futuro della democrazia.


giorgio merlo - 2016-06-01
Come sempre le analisi di Giuseppe sono pertinenti, precise e di rara intelligenza. Insomma, fanno riflettere.
giuseppe cicoria - 2016-05-31
riflettiamo pure ma decidiamo anche e per il NO. Altrimenti rimane a trombettare per il SI solo Renzi e cortigiani che hanno occupato tutto lo scibile informativo propagandistico.