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Popolari dispersi, dentro e fuori il PD
 
di Giorgio Merlo
 

In questi giorni abbiamo ricordiamo il magistero politico, culturale e istituzionale di Carlo Donat-Cattin a 25 anni dalla scomparsa. L'ultimo grande statista e uomo politico che il Piemonte possa annoverare. Sempre in questi giorni si è svolta l'Assemblea regionale dell'Associazione culturale dei Popolari piemontesi che arrivano prevalentemente, ma non esclusivamente, proprio dalle file della ex sinistra democristiana guidata da Donat-Cattin e da Guido Bodrato. Infine, anche se su un
piano del tutto diverso, assistiamo proprio in questi giorni a un vivace dibattito all'interno del PD sulla necessità, o meno, di dar vita a una "ricomposizione della sinistra politica e sociale" di quel partito.
Chi scrive arriva dalla sinistra sociale di Forze Nuove, ovvero la sinistra sociale di Donat-Cattin, appartiene al filone popolare e cattolico democratico e si riconosce nella attuale sinistra politica e sociale di Gianni Cuperlo. Ho voluto richiamare questo breve tratto biografico perché, al di là della profonda diversità della storia politica di ieri rispetto a quella contemporanea, è indubbio che a volte alcune costanti culturali si intrecciano e meritano di essere approfondite.
Senza, comunque, vivere di rimpianti e di nostalgie.
Ecco perché mi soffermo sui tre elementi che ho richiamato all'inizio per chiarire, almeno secondo la mia opinione, alcuni aspetti che ritengo essenziali per la cultura popolare e cattolico democratica.
Innanzitutto il magistero politico di Donat-Cattin. Per chi, come me, ha avuto la fortuna di essere "educato" alla politica dall'inizio degli anni '80 da questo grande uomo politico e autentico "cavallo di razza" nella storia democristiana, un dato è certo: per tutta la vita senti il peso del limite della tua militanza e della tua elaborazione politica e culturale. Ma, al contempo, è altrettanto indubbio che si tratta di un patrimonio di idee, di principi – legati sempre alla battaglia politica e mai alla sola declamazione astratta – e di scelte concrete che, nel bene e nel male, ti accompagnano in modo permanente nel tuo impegno pubblico. A qualsiasi livello e in qualunque momento. E questo perché si tratta di una cultura politica, frutto di un "pensiero" che difficilmente possono essere archiviati. Al di là del cambiamento delle stagioni politiche.
Eppure il tempo passa e anche le antiche appartenenze possono innescare scelte politiche diverse. È il caso dei Popolari. E non solo di quelli piemontesi. Una nobile tradizione politica che, proprio grazie all'Associazione subalpina guidata da Guido Bodrato e da Alessandro Risso, continua ad essere un momento di confronto e di incontro sui grandi temi della politica contemporanea. Ma anche qui, per non alimentare equivoci e fraintendimenti, va detto con chiarezza che appartenere alla cultura popolare e cattolico democratica oggi – come, ad esempio, il sottoscritto – non significa appartenere al medesimo partito o, peggio ancora, alla stessa corrente di un partito. Non a caso, e per fermarsi solo al PD – ben sapendo che ci sono Popolari che si riconoscono anche in altre formazioni politiche – ci sono Popolari nella corrente "rottamatrice" doc, Popolari nella corrente più confessionale, Popolari con la sinistra politica e sociale, Popolari nella corrente di Area democratica e Popolari battitori liberi. Cioè, un autentico pluralismo di scelte e di orientamenti. E, quindi, è naturale arrivare alla conclusione che nessuno, oggi, può rivendicare il monopolio politico esclusivo dell'area popolare e cattolico democratica. Sono lontani i tempi – e forse archiviati per sempre – in cui questo filone culturale si riconosceva quasi esclusivamente nella DC e in una sola corrente, quella della sinistra interna. Sono lontani i tempi in cui gli stessi Popolari avevano dato vita addirittura ad un partito, il PPI. Ma sono lontani anche i tempi in cui i Popolari rappresentavano una salda ed organizzata corrente nel PD, quello delle origini, però. Una corrente, o un'area per usare un termine più appropriato, guidata in quel momento da Franco Marini. Insomma, si deve prendere atto che una stagione si è definitivamente chiusa e il pensiero e la cultura popolare e cattolico democratica restano attuali, moderni e importanti per la qualità della nostra democrazia ma che non determinano più automaticamente la confluenza in uno stesso partito né in una medesima corrente di partito. Innescano scelte politiche pluralistiche e variegate. E forse è anche un bene.
Ecco perché il compito, oggi, dei cattolici democratici e dei Popolari, come diceva recentemente e giustamente Guido Bodrato, resta quello di alimentare un dibattito e di risvegliare le coscienze attraverso un'iniziativa culturale costante e una qualificata riflessione politica. Senza pretendere di orientarla lungo i binari di una scelta politica e partitica netta e senza che nessuno pensi di rappresentarla in modo esclusivo e definitivo.


giorgio merlo - 2016-03-16
caro Beppe, è un rapido articolo che vuol dire una cosa sola: nessuno, oggi, può rivendicare in modo esclusivo di rappresentare il popolarismo di ispirazione cristiana in politica. Piaccia o non piaccia è così. E questo perchè i Popolari sono presenti in tutte le correnti del Pd - e sono parecchie, come Tu sai - e anche in partiti di centro e di centro destra. In Piemonte come a Roma. Un caro saluto
Beppe Mila - 2016-03-15
Giorgio...., ma che stai a ddi, non ho capito nulla del tuo intervento, per davvero. Scusami ma non è più tempo di questi ghirigori verbali. Tu stesso sai bene come è la realtà... e poi una foto con il tesseramento al PD??? Ma quando mai!