Un bilancio degli ultimi tre anni, quelli iniziati con il ricambio generazionale al vertice dell'associazione, con il passo indietro di Guido Bodrato; uno sguardo sul prossimo triennio che porterà al 2019, centenario della nascita del Partito popolare di don Luigi Sturzo.
Questo lo spirito con cui l’Associazione I POPOLARI del Piemonte ha svolto la partecipata assemblea dei soci, nella sede dell'Educatorio della Provvidenza di corso Trento a Torino.
Qualche modifica allo Statuto, nell'ottica di rendere più snella la vita associativa, ha introdotto il vero e proprio dibattito, preceduto dalla relazione di Alessandro Risso, nella sua qualità di Presidente. Tre anni difficili quelli che ci lasciamo alle spalle, caratterizzati anche dal cambiamento di sede, avendo dovuto abbandonare i vecchi locali di via Stampatori che avevano visto nascere l'associazione. “Ma anni difficili – secondo Risso – soprattutto per i mutamenti intercorsi nella vita politica italiana, in cui pare sempre più ridotto lo spazio per il cattolicesimo democratico e per la stessa concezione culturale propria del popolarismo”.
Cosa sta accadendo? È sotto gli occhi di tutti la progressiva personalizzazione della politica, con l'emergere di leadership solitarie, a discapito della ricchezza del dibattito e della capacità di elaborare proposte politiche compiute e articolate. Troppo spesso le questioni vengono affrontate con superficialità. Basti pensare – tanto per restare alla stretta attualità – all'abolizione, per lo meno discutibile, delle Province, o alla riforma costituzionale, ove si ha un marcato squilibrio a favore dell’esecutivo e ancora non sono chiare le competenze del Senato.
Emerge una scarsa capacità di elaborazione politica cui, non a caso corrisponde un'irrilevanza dei partiti che lascia spazio, mai come oggi, all'“uomo solo al comando”. Una distorsione che impedisce la nascita di un'autentica classe dirigente, capace di autonoma progettualità. “Venti anni di berlusconismo – ha sottolineato Giorgio Merlo, in uno dei quindici interventi nel dibattito seguito alla relazione introduttiva – hanno distrutto l'idea della politica come partecipazione e confronto. Il metodo plebiscitario si è diffuso in tutte le aree politiche e le primarie hanno fatto il resto, immaginando che la politica possa essere confusa con l'adesione, quasi fideistica, a un candidato, recandosi a un gazebo ogni quattro anni”.
Da qui la preoccupazione, espressa da Bodrato, “di una politica non più vissuta come progetto, per risolvere i problemi dei cittadini, ma semplicemente come una corsa per il potere fine a se stesso. In questa logica, disporre di un programma ricco, articolato e dibattuto, diviene quasi un fastidio e non un elemento dirimente da proporre alla valutazione degli elettori”.
A fronte di questa situazione, l’Associazione e “Rinascita popolare”, la sua rivista on-line, intendono porsi come luogo di dibattito, “spazio – ha evidenziato Alessandro Bizjak – oggi precluso nei partiti, in un contesto ove i corpi intermedi risultano sempre più deboli”. “Il cattolicesimo democratico – è la tesi di Giuseppe Ladetto – si pone in dissonanza con i valori dominanti sia come contenuti, sia come metodo, aperto al confronto con tutti. Del resto, la discussione è l'essenza stessa della democrazia, forma più educativa di governo perché volta a promuovere la partecipazione di tutti alla cosa pubblica”.
In definitiva, ecco allora il possibile compito della nostra Associazione: alimentare il dibattito ed elaborare proposte, attraverso il confronto, concreto e puntuale su ogni tema. Un metodo che, forse, tornerà di moda. Le nostre radici, che affondano nel popolarismo sturziano, forniscono certamente il miglior patrimonio possibile per proporre questa cultura di dialogo, senza steccati di appartenenza politica.
Possiamo essere cioè una sorta di coscienza critica che al facile applauso preferisce un'analisi puntigliosa, che considera il dissenso come un arricchimento del dibattito, che si pone in antitesi a qualsiasi forma di cortigianeria verso padrini e padroni politici.
A muovere la nostra azione non ci sono interessi personali ed è questa, in fin dei conti, la nostra vera forza.
Parte da qui la capacità dei Popolari piemontesi di divenire un ambito ove discutere delle grandi questioni del nostro tempo. Parte da qui la nostra credibilità a farlo nel modo più aperto con tutti. |