Il dibattito sul "Partito della Nazione", o come si vuole chiamare, destinato a sostituire nel tempo il Partito Democratico non è affatto una novità nel dibattito politico italiano. Se ne parla da oltre un anno ed è scontato, che faccia capolino anche nella futura competizione elettorale. A cominciare da Torino, da Milano o da Roma.
È bastata un'intervista alla “Stampa” di Michele Vietti, uomo intelligente e colto dell'area centrista italiana, dove si è detto che “Torino può diventare un laboratorio nazionale del Partito della Nazione” per gettare scompiglio e suscitare reazioni più o meno sdegnate.
Ora, per evitare di cadere nell’ipocrisia, credo che proprio attorno a questo tema importante e non rubricabile ad una polemichetta da bar sport, è necessario fissare alcuni paletti per evitare di fare di tutta l'erba un fascio.
Innanzitutto è del tutto naturale che anche esponenti estranei al PD e ai suoi alleati del governo cittadino diano un giudizio positivo sull’amministrazione guidata da Fassino. Ed è altrettanto positivo che uomini e donne elettori di centrodestra votino per il secondo mandato Fassino a sindaco di Torino in virtù delle scelte programmatiche perseguite in questi anni nel governo della città. È una considerazione ovvia che non merita alcun commento.
Altra cosa, invece, è il disegno politico che può decollare partendo da queste considerazioni. E, su questo versante, l'onestà intellettuale di Vietti non fa difetto. E cioè, sostiene l'ex vicepresidente del CSM ed ex esponente dell'UDC, è necessario dar vita a uno schieramento che non sia più condizionato dalla sinistra interna ed esterna al PD e che possa dispiegare sino in fondo una cultura di governo aperto a culture e filoni ideali che sono lontani dalle forze antisistema, populiste e demagogiche. E quindi, aggiungo io, tanti saluti al PD come forza di centrosinistra o di sinistra e alla coalizione di centrosinistra che abbiamo conosciuto sino a oggi. Credo sia lo stesso pensiero che ha portato l'ex presidente della Regione Piemonte di Forza Italia Enzo Ghigo a fare una scelta simile.
Sono posizioni, queste, che non possono essere banalmente snobbate o rispedite al mittente. Vanno discusse apertamente e senza pregiudiziali. Anche perché mettono in discussione proprio il profilo e la natura del PD come l'abbiamo conosciuto sino ad oggi, cioè un partito di centrosinistra, riformista e plurale. Ed è proprio su questo tema, l'identità politica e culturale del PD, che si scontrano due prospettive da discutere. Anche qui, senza pregiudiziali e senza ipocrisie.
Da un lato la tesi di chi persegue la costruzione di un grande partito di governo aperto a tutte le istanze politiche e culturali, dopo il bipolarismo che abbiamo conosciuto nel "ventennio berlusconiano" e che oggi si è sostanzialmente sciolto. Dall’altro la tesi di chi invece punta ancora a
costruire una coalizione di centrosinistra, riformista e plurale e con una marcata cultura di governo. Sono, queste, due prospettive politiche che nel PD si confrontano, seppur larvatamente, da molto tempo e che prima o poi diventeranno oggetto di aperta discussione politica, culturale e programmatica, probabilmente con l'avvicinarsi del prossimo dibattito congressuale.
Ecco, questo è il vero tema politico oggi sul tappeto. Almeno per il PD e per il futuro del centrosinistra. E grazie a interventi di esponenti come Vietti e Ghigo c'è oggi l’opportunità di affrontarli serenamente e al di fuori dei soliti anatemi.
Tutto ciò c’entra poco con le elezioni del Comune di Torino. Ma è indubbio che il "Partito della Nazione" è dietro l'angolo e a nulla valgono le rassicurazioni che di questo "oggetto misterioso" nessuno è al corrente. Perché, com’è evidente a tutti, sarà proprio questo il tema che dominerà il confronto politico all’interno del PD e nel centrosinistra nei prossimi mesi. |