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Il coraggio europeista di Renzi
 
di Giuseppe Davicino
 

Nel contesto attuale dell'Europa, caratterizzato dagli effetti sociali devastanti delle politiche di austerità, dalla strategia della tensione attuata dai burattinai del terrorismo internazionale, dai conflitti che ormai circondano da ogni lato il Vecchio continente, dall'Ucraina alla Libia, con un'ondata montante di malcontento, come dimostra anche l'esito delle regionali francesi, si pone per la cultura cattolico democratica la necessità di una profonda riflessione. Di fronte allo scenario attuale non è sufficiente il riferimento ai padri dell'Europa che diedero delle grandi risposte ai problemi del loro tempo. Questo filone culturale e politico è chiamato a decifrare il presente, a mettersi in gioco, pena la sua irrilevanza e la sua scomparsa.
Il primo passo da compiere allora è avere una idea delle nuove sfide. Un compito nel quale i politici di ispirazione cristiana in Italia e in Europa appaiono preceduti dal magistero di papa Francesco che indica con coraggio i due fuochi della crisi della nostra epoca: l'economia “che uccide”, non ponendo come prioritaria la persona, bensì il denaro, e la terza guerra mondiale, combattuta – per ora – a pezzi.
In particolare sulle grandi questioni della politica internazionale non si può più procedere con il pilota automatico, facendo finta che nulla sia cambiato dalla caduta del muro di Berlino avvenuta più di un quarto di secolo fa. Oggi la questione da cui dipende il futuro dell'Europa è la scelta della modalità della governance mondiale. Non gli Stati Uniti, in quanto nazione, ma i poteri che davvero comandano in Occidente (la finanza speculativa, l'industria delle armi, le grandi multinazionali specie quelle petrolifere) perseguono il disegno di governance unipolare. Un unico centro di potere globale al quale con le buone o con le cattive tutti i popoli della terra dovranno prepararsi a sottostare. Un disegno di dominio antiumano e anticristico, che mira a fare in modo che «nessuno possa comprare o vendere» senza il marchio della bestia, come descritto nell'immagine apocalittica al capitolo 13,17.
L'alternativa a questo schema unipolare è quello multipolare. Ed è la ragione geopolitica dell'aspro confronto che sta dilaniando la Siria, dove le potenze euroasiatiche hanno posto una linea invalicabile, se non a prezzo di un nuova guerra mondiale, all'espansionismo occidentale, di cui il terrorismo jihadista è alla fine uno strumento. In mezzo ci siamo noi, c'è l'Europa, ancora incapace di marcare una autonomia dall'alleato statunitense i cui piani appaiono sempre più incompatibili con gli interessi economici e di sicurezza dell'Europa. Non è solo a causa del TTIP, il trattato commerciale che priverebbe l'Europa della sua sovranità giuridica, e che va respinto con decisione, ma a causa degli obiettivi di destabilizzazione e di creazione di caos che i poteri globalisti hanno perseguito sfruttando la potenza militare americana nell'ultimo quarto di secolo, e che hanno creato macerie ovunque attorno all'Europa, dai Balcani all'Ucraina, al Caucaso, al Medio Oriente e al Nord Africa. Sui reali obiettivi della NATO, ormai divenuta il braccio armato dei poteri mondialisti, ha scritto degli articoli memorabili il vice direttore di Famiglia Cristiana Fulvio Scaglione. Segno che il mondo cattolico è in fermento, anche se sui temi internazionali non trova ancora una adeguata rappresentazione politica. Agire per una Europa più autonoma, mettere il peso dell'Italia e dell'Unione Europea sulla parte della bilancia favorevole a relazioni internazionali fondate sul multipolarismo, sul riconoscimento che più attori, e con pari dignità, concorrono alla definizione della politica mondiale, appare un obiettivo irrinunciabile per il nostro Paese e per l'Europa.
Ma in questa direzione si è costretti a registrare la sostanziale e clamorosa assenza dal dibattito sia della minoranza PD, sia di quel coacervo di forze che sta cercando di riunirsi alla sinistra del PD. E invece va riconosciuta la determinazione con la quale Matteo Renzi, pur nel momento di sua maggiore difficoltà politica sul piano interno, sta perseguendo il disegno di un nuovo europeismo. All'ultimo vertice europeo l'Italia non ha recitato il ruolo di comprimario, né per quel che riguarda la strategia di stabilizzazione delle aree di crisi a noi vicine e la gestione dei profughi di guerra, né per quel che riguarda l'avvio di un dibattito circa il superamento delle sanzioni alla Russia, una vicenda dalla quale si misura quale sia in concreto il grado di autonomia dell'UE dai poteri reali che comandano in Occidente. In tal modo il Presidente del Consiglio ha sfidato la grande stampa, quasi tutta allineata sulle posizioni belliciste dei poteri transnazionali, ma si sta guadagnando la sintonia con il sentire popolare, con i mobilieri, i frutticoltori, gli imprenditori che non capiscono le ragioni per cui, per obbedire a un ordine di guerra, dobbiamo precluderci un consistente giro di affari nell'interscambio commerciale con la Russia.
Il coraggio che il premier sta mostrando sulla scena internazionale oltre ad accrescere il ruolo del nostro Paese, aiuta a dare nuovo vigore al progetto europeista e in qualche modo suona la sveglia anche alle varie componenti che fanno riferimento al popolarismo di ispirazione cristiana per una nuova iniziativa sui temi europei e internazionali.


giorgio merlo - 2015-12-30
l'analisi di Giuseppe, purtroppo aggiungo io, coglie nel segno. E' un invito rivolto innanzitutto a ciò che resta del cattolicesimo democratico e del popolarismo di ispirazione cristiana ad uscire dal letargo sul capitolo decisivo ed essenziale della politica internazionale e, nello specifico, nella riscoperta di un "progetto europeista". Come, del resto, ci insegnavano ai corsi di formazione quando frequentavamo il movimento giovanile della Dc e non ci limitavamo ad applaudire e ad osannare il "capo" di turno.