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Il silenzio dei cattolici
 
di Aldo Novellini
 

Il mondo cattolico, per lunghi decenni protagonista della politica italiana, da tempo pare essersi rinchiuso in un reiterato silenzio, facendo mancare il proprio apporto dinanzi alle grandi questioni che affollano la nostra attualità. Un fenomeno evidenziato già qualche anno fa dal politologo Ernesto Galli della Loggia che in un editoriale parlò di irrilevanza dei cattolici, spiegando che se nella società di oggi risulta superata l'esigenza di un partito dichiaratamente cattolico, certo vi sarebbe ancora bisogno di una ritrovata vitalità di un'ispirazione cristiana in politica per contribuire alla costruzione di una cultura civica orientata al bene comune.
Il tema è stato recentemente al centro di un confronto, moderato dal direttore de “Il Nostro Tempo” Paolo Girola, che ha riunito attorno allo stesso tavolo Giorgio Merlo Michele Paolino, Mauro Carmagnola e Giampiero Leo. Storie politiche diverse che forse oggi convergono almeno su un punto: la divisione dei cattolici rende irrilevante la loro presenza politica.
Il declino di questa presenza sulla scena pubblica inizia con la fine della DC e dell'unità politica. Il resto è vicenda di questi due decenni, ossia il conclamato fallimento sia dell'Ulivo, nel centrosinistra, sia dell'UDC, nel centrodestra, nel fornire un adeguato spazio alla cultura del cattolicesimo democratico nei due schieramenti. Di certo, venendo meno il partito che assicurava una certa unità politica (forse con troppa fretta archiviata come frutto del passato), è anche venuta meno quella trama che teneva insieme le molteplici realtà del mondo cattolico: dalle banche popolari alla scuola paritaria, dal sindacato all'associazionismo. Articolazioni cui, a un certo punto, è mancata un'adeguata rappresentanza politica.
Il problema più serio – in fondo il vero nodo della questione – è però il disimpegno dei cattolici riguardo alla politica. Essa non è più sentita, per usare le parole di Paolo VI, come “la forma più alta di carità”, ma come qualcosa da cui tenersi alla larga. Meglio immergersi in una fede avulsa dal mondo, piuttosto che divenire lievito di una nuova stagione politica. Il paradosso – invero quasi una beffa della storia – è che la tradizione cattolico-democratica scompare proprio quando le sue idee risultano vincenti e condivise praticamente da tutti.
Si tratta allora – compito arduo, ma non impossibile – di invertire questa deriva rovinosa, tornando innanzi tutto a essere un punto di riferimento per le sfere ecclesiastiche, per evitare che la Chiesa debba scendere direttamente in campo, facendo un'impropria opera di supplenza al vuoto creato dal laicato cattolico. Occorre una presenza capace di puntare sulla competenza politica, sulla capacità di mediazione, sulla volontà di non piegarsi a leadership personalistiche, da qualsiasi parte provengano. Per cominciare, si potrebbe far nascere una Consulta a livello regionale, e poi su scala nazionale, che tenga dentro tutte le diverse e variegate anime del cattolicesimo politico. Poi si deve tornare a parlare di programmi, di linee generali cui orientare l'azione politica, partendo dalla promozione delle fasce più deboli, perché proprio l'attenzione agli ultimi deve essere il segno distintivo della presenza politica dei cattolici. A questo va aggiunto, a livello di futura classe dirigente, uno stile di vita sobrio e semplice, che ne sostenga la credibilità. Ricordando infine che statisti come Fanfani, Moro o De Gasperi contavano non perché cattolici in quanto tali ma perché cattolici che avevano idee e progetti per il Paese.


antonio r. labanca - 2015-10-15
Domande: la Chiesa (intesa come gerarchia italiana) sta facendo supplenza, o piuttosto non ha effettiva consapevolezza del ruolo tipico dei laici? ha proposto percorsi formativi adeguati (non sequenze di lezioni sui principi e neppure vane simulazioni), ha curato la vocazione di chi ha visto sul proprio orizzonte esistenziale il servizio al "bene comune" (un sostegno anche economico per scelte onerose e controcorrente), ha accolto e non estromesso chi si addentrava con purezza di spirito nei meandri dei partiti?
giuseppe cicoria - 2015-10-05
Ho partecipato all'incontro ma ne sono uscito senza idee e sinceramente confuso. Da una parte mi sembrava giusto che gli ideali del cristianesimo fossero adeguatamente rappresentati nella politica e difesi da uomini che si professano cattolici. Poi mi è venuto un dubbio: non è che si vuole scimiottare il deleterio credo degli islamici che ritengono il corano quale fonte primaria delle loro leggi? I cristiani dovrebbero imporre leggi che si ispirano alla bibbia o al vangelo (e quale?). Ho concluso che è meglio di no. In passato i cosiddetti cristiani hanno commesso gli stessi orribili crimini che oggi perpretano i musulmani fanatici. Forse è meglio che non si formi alcun partito religioso e che i bravi "cristiani" si comportino come si deve, onorevolmente, nella gestione della cosa pubblica senza per forza dichiarare il loro credo religioso.
Aldo Cantoni - 2015-10-05
Niente da eccepire su quanto scrive l' omonimo amico, però, perchè una qualunque iniziativa sia credibile, dovrebbe essere guidata da nuove persone. L' età anagrafica non c' entra, ma non devono essere persone che negli anni passati, magari in buona fede, hanno collezionato gli errori che hanno prodotto l' irrilevanza in esame. I protagonisti della politica del recente passato dovrebbero accettare il ruolo di consulenti, ma lo stile della presenza dei nuovi o cambia o non se ne farà ancora nulla.