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Il Piave del Senato
 
di Alessandro Risso
 

Nei prossimi giorni assisteremo alla decisiva battaglia per la riforma del Senato. Pare ormai una lotta tutta interna al PD, tra la maggioranza renziana e la minoranza forte di 26-27 senatori, i cui voti contrari, sommandosi a quelli delle opposizioni, potrebbero anche stoppare il controverso provvedimento. Che viceversa potrebbe venire approvato con il soccorso di Verdini e altri fuoriusciti di Forza Italia. Quotidianamente i vari Tg ci aggiornano sulla vicenda, intricata più di una telenovela. Ma preferiamo non perderci nei corridoi del Palazzo, dove la fanno da padrone valutazioni di convenienza partitica e personale: sappiamo bene che queste, purtroppo, hanno sempre un peso preponderante nelle scelte politiche, a destra, al centro e a sinistra. Infatti l’arma di ricatto più forte nelle mani di Renzi è lo spauracchio delle elezioni anticipate, che mettono in crisi la continuità di molti bonifici mensili e rappresentano una fortissima spinta per il disciplinato rientro nei ranghi…
Da osservatori disinteressati, esprimiamo qualche opinione sul merito della riforma, da un punto di vista politico e istituzionale.
Un anno fa, dopo il voto in prima lettura al Senato, avevamo molto apprezzato i motivi che avevano spinto una recluta di Palazzo Madama, la neo senatrice a vita Elena Cattaneo, ad astenersi (quindi ad esprimere voto contrario) sulla riforma. Per chi volesse rileggere tutto il suo intervento, lo alleghiamo in coda all’articolo. Ma ne evidenziamo qui alcuni spunti.
“Nel complesso prevale la delusione (…) per aver sprecato l’occasione per condividere e confrontarsi sulle visioni del Paese che vogliamo costruire ai nostri figli (…). Non ho visto il coraggio di volare alto (…) ma nella rincorsa al consenso elettorale la strategia comunicativa usata dal governo è fatta di pensieri mignon, di 140 caratteri, strutturalmente estranei alla competenza, all’esperienza e ai saperi specialistici. Mi pare che l’obiettivo della riforma (…) miri prevalentemente a consolidare una governabilità con tenui contrappesi a scapito della partecipazione diretta dei cittadini nella scelta dei loro rappresentanti. Perché ad oggi il risultato delle riforme costituzionali ed elettorali in cantiere è un Senato di cooptati dalle segreterie dei Partiti e di una Camera di nominati. Il cittadino non c’è più. (…) Quello in esame è un progetto pasticciato e frettoloso, decontestualizzato rispetto ad altre riforme. È un progetto che non è in grado ora di indicare l’esito, l’equilibrio, la visione del nuovo assetto costituzionale che stiamo costruendo.”
È una bocciatura senza sconti, quella della biologa affacciatasi alla politica dopo la nomina di Napolitano a senatrice per i grandi meriti acquisiti nella ricerca scientifica. Bocciatura significativa, perché del tutto scevra da interessi personali e di politica “politicante”. Una bocciatura dettata da fondate preoccupazioni sul futuro della democrazia e delle istituzioni.
Possiamo aggiungere qualche altra semplice considerazione.
La nostra Costituzione rimane un punto fermo. Se ha un limite, è quello di essere stata attuata solo in parte. Ma ammettiamo pure che, dopo quasi 70 anni di cambiamenti epocali, non debba essere vista come un tabù intoccabile. Il bicameralismo perfetto deciso dai Costituenti può essere superato, garantendo maggiore governabilità, e il numero dei parlamentari, vicino al migliaio, può venire ridotto come forte segnale per contenere i costi della politica. Si possono anche accettare questi due cambiamenti, tacendo qualche riserva sia sulla riduzione della rappresentanza (meno parlamentari devono rappresentare più elettori e aumenta la “distanza” tra loro) sia sulla ponderatezza legislativa (il rimbalzo tra i due rami del Parlamento ha permesso in molti casi di modificare leggi scritte in fretta e male, specie negli ultimi decenni).
Ma sulle modalità con cui verranno eletti i senatori, disciplinate nell’art. 2 del testo in discussione, si è creata una insormontabile questione di principio. La riforma voluta dal Presidente del Consiglio prevede una loro elezione di secondo grado da parte dei Consigli regionali. Si tratterebbe, insomma, di una scelta compiuta all’interno del ristretto mondo della politica. Dopo avere sottratto ai cittadini l’elezione degli amministratori di area vasta con la disastrosa riforma Del Rio sugli Enti locali, si replica togliendo il libero voto per la scelta dei senatori.
“La sovranità appartiene al popolo” – recita la Costituzione – ma sempre un po’ di meno.
Sarebbero invece da ridimensionare i partiti autoreferenziali, con “cerchi magici”, nominati, cooptati e lacchè, che hanno caratterizzato questa lunga fase politica. Continuiamo a pensare che i rappresentanti del popolo debbano venire eletti direttamente dai cittadini. E non solo per una generica questione di principio democratico, che potrebbe risultare troppo accademica e lontana dalla percezione delle persone, che richiedono solo di essere governate con efficienza e onestà.
È proprio il superamento del bicameralismo perfetto che impone la libera elezione del Senato. Infatti, la Camera, in seguito all’Italicum voluto da Renzi e Berlusconi, sarà eletta con un sistema maggioritario assai sbilanciato, e avrà almeno la metà dei propri membri nominati dai capi partito: l’aula di Montecitorio avrà l’esclusiva della fiducia al Governo, della legislazione ordinaria e di spesa dello Stato. Ma per un evidente bilanciamento dei poteri, sarebbe fondamentale un Senato a cui spetta un ruolo di garanzia istituzionale, con competenze sulle leggi che riguardano le libertà, i diritti e i doveri degli individui e delle collettività. Ecco perché deve essere eletto a suffragio universale, con un sistema proporzionale per rappresentare al meglio la complessità politica e sociale del nostro Paese. Un Senato eletto in secondo grado, con i pochi poteri della Conferenza Stato-Regioni – di fatto un “senatucolo” o “un dopolavoro per sindaci in trasferta” (copyright Renato Brunetta) – non ha un ruolo istituzionale e non serve alla Repubblica. Entreremo veramente in una fase politica dominata dall’esecutivo, senza il necessario equilibrio di poteri.
E il taglio dei parlamentari? E i risparmi tanto invocati? Si possono ottenere con facilità senza declassare il Senato. Invece di avere 315 senatori con il doppio incarico di consiglieri regionali o sindaci, si potrebbe diminuire di 315 unità il numero dei parlamentari. Preferendo la drastica riduzione dei deputati, visto che la Camera ormai vota per lo più decreti legge e affida in serie deleghe legislative al governo. Per fare un numero, direi un taglio da 630 a 400. Mentre il Senato, rappresentativo della Nazione, dovrebbe mantenere almeno 230 membri dei 315 attuali.
Se la riforma si indirizzasse sulle linee sopra esposte, il Senato manterrebbe un ruolo istituzionale e potrebbe recuperare un prestigio ai minimi storici: basti sapere che il senatore più noto alle folle è Antonio Razzi...
Ma soprattutto il nostro sistema istituzionale conserverebbe una forma di equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo che è un connotato essenziale di ogni democrazia. E della nostra Costituzione.
Lo scontro politico in atto a Palazzo Madama su come eleggere i senatori acquista dunque un alto significato politico. Potrebbe essere un po’ la battaglia del Piave del nostro futuro democratico. Seguiamone l’esito, consapevoli della posta in palio.

Documento

Alessandro Risso - 2015-10-12
Ho già espresso in modo ampio e, spero, chiaro il mio pensiero: non mi pare il caso di approfondire alcuni passaggi alla luce dei commenti esposti. Mi limito ad una osservazione forse banale ma che vedo utile per alcuni amici interlocutori: tra il "non fare" e il "fare male", c'è anche una terza e auspicabile opzione, il "fare bene"!
Valeria Astegiano - 2015-09-23
Conosciamo tutti bene le idee dell'autore dell'articolo. Sono tante le persone, amministratori, politici di vocazione o di mestiere che non sopportano Renzi, che non vogliono cambiamenti, che..le riforme sì, però!!! Le riforme andavano fatte e il bicamerismo perfetto andava superato solo a condizione che se ne parlasse solamente e non si facesse proprio niente!!! Dopo 30 anni di questa solfa non se ne può proprio più.. . .Possiamo parlare di atteggiamento rancoroso!!!??
Giorgio merlo - 2015-09-20
Non entro nel merito dell'articolo di Alessandro Risso. L'ho fatto troppe volte. Mi limito ad una sola considerazione. Nell'arco di poco tempo sono scomparse tutte le categorie che hanno dominato il confronto politico di questi ultimi 20 anni. Destra e sinistra; centro destra e centro sinistra; berlusconismo e antiberlusconismo e via discorrendo. Persino i "valori non negoziabili" non sono piu' di moda.... Detto questo, e' difficile tracciare un punto di coerenza - in questo caso la riforma istituzionale e la trasformazione del Senato - in un contesto dove sono saltate tutte le categorie, lo ripeto ancira una volta, a cui ci siamo abituati in questo ultimo ventennio. L'unica certezza valoriale e l'unico anciraggio culturale lo possiamo trarre solo dalle nostre fondamenta culturali. Cioe' dal nostro passato....
Mimo Folli - 2015-09-19
I poteri " forti" in Italia (Banche, imprese, giornali) vogliono una dittatura pseudo-democratica, e la stanno ottenendo, grazie alle cretinate fatte dalle opposizioni e ai Porcellum sfruttati da partiti storicamente molto più rappresentativi del popolo che dei "premi legislativi". In Grecia andranno a votare in pochi domani, perché hanno capito che nessun politico fa (o non può fare) quello che promette in campagna elettorale. Se avessi vent'anni sarei già andato all'estero come "migrante politico"!!!!
Stefano Lepri - 2015-09-19
Alessandro Risso ripete stancamente la sua opinione, con citazioni ridicole (la collega Cattaneo sarà ottimo scienziato ma di riforme costituzionali non sa nulla e peraltro non viene mai!) e un argomento costante: non sopporta Renzi. Non ho voglia di rispondergli e preferisco rimandare al bell'intervento del collega vicecapogruppo Maran, che suggerisco venga pubblicato per fare in modo di avere almeno una voce a favore. Uno dei tanti colleghi (ce ne sono molti!!) per bene e capaci. Meno noti forse di Razzi, ma che con il loro lavoro stanno cambiando in meglio un paese fermo da vent'anni.
Umberto Cogliati - 2015-09-18
Quello che scrive Alessandro Risso è condivisibile, ma, c'è un ma. La sua è l'analisi di un "arrabbiato", come lo siamo in tanti, perchè le cose, le riforme in questo caso, non vanno come buon senso vorrebbe. E Risso li elenca:incongruenze, distorsioni, guasti, tutto c'è nel percorso della riforma del Senato.D'altra parte è, si può dire, quasi normale che ci sia il pasticcio che lamentiamo: parlamentari non eletti ma "nominati" (Porcellum), un quarto del Parlamento eletto online, il Capo del Governo extraparlamentare, ecc., ecc. E, diciamolo, qui si è arrivati perchè la classe dirigente di prima (destra e sinistra non conta, ma che sta ancora in Parlamento), le riforme le ha sempre solo promesse e basta.E' così che accertiamo come ogni guaio nasconda, ma neanche tanto, il vero motivo che lo crea; è chiarissimo ad esempio come chi in Senato ora ci sta, tema un sommovimento che li lasci a casa, ed allora anche un semplice punto di vista differente dalla "imposizione" renziana è il pretesto per coagulare una opposizione che, nei fatti, tende a far naufragare la riforma. Questo aspetto produce anche l'incaglio che blocca la diminuzione del numero dei parlamentari. Per contro Renzi, quasi legittimato a fare il braccio di ferro, sapra di rischiare? Perchè vincere è possibile, ma stravincere è molto rischioso. Gli consigliamo molta attenzione. Nel merito: la Costituzione, i pesi e i contrappesi. Giusto l'auspicio, ed è vero che fin qui le due Camere sono state utili per correggere gli sgorbi l'una dell'altra. Però vediamo anche che nell'Europa dei 28 ben 15 Paesi hanno una Camera sola (e qualcuno da noi l'ha detto: aboliamolo il Senato), altri 8 Paesi eleggono la Camera "alta" con voto indiretto e solo 5 votano il Senato direttamente (Tra cui l'Italia). Non inventiamo niente. D'istinto, e in teoria, tutti saremmo portati a preferire l'elezione diretta di tutto, anche se, non dimentichiamolo, da anni metà della politica e dell'amministrazione pubblica che muove montagne di risorse nel Paese è in mano a soggetti eletti di secondo grado o nominati che è ancora peggio: le Comunità Montane, le Municipalizzate,, i Consorzi, molti, la Sanità, ecc. Ora si sono aggiunte le Province col delirio della legge Delrio. Non considero le tesi dell'"allegato" di Elena Cattaneo, senatrice a vita, che dice cose molto critiche ma fondate e sensate, come le diremmo in tanti; sono la voce di una Senatrice che si è trovata di colpo a fare i conti con tutti i difetti del nostro sistema politico, ma la sua è solo una analisi di una "nominata speciale". Renzi, lo vediamo, ogni giorno ne combina una ma forse, spiace dirlo, le alternative dove sono?
giuseppe cicoria - 2015-09-18
Le cose che una volta erano considerate normali ora, purtroppo non si usano più. Risso dice cose sacrosante e quasi ovvie. Ora che Renzi non nasconda mire assolutistiche portando nel baratro l'Italia , gli italiani ed il glorioso partito di sinistra può stare nelle cose. Egli vede vicino l'obbiettivo di un solo uomo al comando e ce la mette tutta. Non mi sta bene, però, che tanti amici o pseudo tali lo seguano , votando addirittura, questa idea scellerata. Essi pensano che in futuro saranno eletti ancora una volta in qualche incarico perchè fedeli al "capo" e non avranno più la necessità di essere scelti dal popolo. Loro, però non potranno non darne conto alla loro coscenza ed il tempo, che è signore,prima o poi presenterà il conto che dovrà essere pagato. Questo è un triste momento ed io sono "triste".
Paolo Biavati - 2015-09-18
Credo che le preoccupazioni espresse nell'intervento di Risso siano in linea con la mentalità tutta italiana per cui, in qualunque ambito della vita pubblica, la costruzione di un sistema di articolati controlli, contrappesi e relativo ipertrofico apparato burocratico sia necessario per controbilanciare l'atavica mancanza di senso civico degli italiani e costringerli in qualche modo a non praticare (o a praticare in dosi accettabili) lo sport nazionale di fare i "furbetti" a spese della collettività. I risultati dell'applicazione di questo sistema credo siano stati finora piuttosto deludenti (per usare un eufemismo) e hanno determinato anni di immobilismo senza evitare minimamente che si ripetessero situazioni di malaffare e di corruzione. Non ho l'abitudine di "portare il cervello all'ammasso" e penso che, come tutte le umane cose, anche le riforme proposte dal governo siano perfettibili. Credo però che il tempo per discutere all'infinito di commi e di virgole sia terminato. L'immobilismo e l'incapacità di governare dimostrato dalla nostra classe politica ha determinato il convincimento in larghi strati dell'opinione pubblica, complice la crisi economica (a pancia vuota è difficile ragionare), che i politici siano inutili, in quanto rappresentano unicamente un costo che non porta benefici, e che sia più efficace ed economico un uomo solo al comando. La storia insegna che non è così e che certe scelte si pagano a caro prezzo, ma, purtroppo, la voce dei pochi testimoni ancora in vita che hanno vissuto le conseguenze di un certo modo di pensare faticano a raggiungere l'opinione pubblica. Queste riforme rappresentano l'ultimo appello, un tentativo di arginare questo sentimento diffuso. Sono convinto che i danni derivanti da un'evenutale mancata approvazione sarebbero enormemente più alti. Infine vorrei segnalare questo articolo, pubblicato su "il Sole24ore" del 20 luglio 2014 di Roberto D'Alimonte, docente della Luiss, su cui mi trovo pienamente d'accordo. http://cise.luiss.it/cise/2014/07/22/bicameralismo-perfetto- anomalia-italiana/
franco fornara - 2015-09-18
sono passati inutilmente 40 anni di bicameralismo perfetto e adesso che si tenta di introdurre la modifica (già passata due volte alle camere) si spara a zero chiedendo praticamente di ripartire da zero. E anche il nostro documento difende questa linea. Quanto c'é di strumentale in questa richiesta? Io non sono renziano ma questo atteggiamento non rende nè al partito nè è capito dalla gente. Vedete voi, ma non é utile per niente.
Giancarlo Tarella - 2015-09-18
Ma se i senatori Regionali vengono eletti direttamente dai cittadini con apposita lista contemporaneamente alle elezioni regionali, dov'è il problema? Forse che molti perderanno la poltrona con relativo stipendio?
Andrea Griseri - 2015-09-18
Mi chiedo come si è giunti a questi esiti, da dove nasce la fase storico-istituzionale che stiamo attraversando. Che tutto questo accada non per mano di un invasore straniero, o di un gruppo di golpisti ma scaturisca da un partito che dovrebbe essere l'erede delle migliori culture politiche del secolo breve. Non avrei mai voluto scrivere queste considerazioni amare