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Il loro Italicum
 
di Alessandro Risso
 

La nuova legge elettorale è stata approvata dal Senato. Ora il nuovo passaggio del testo alla Camera pare veramente una pura formalità. Possiamo dire che il Porcellum ha finalmente un erede: l’Italicum.
Non ci sono state correzioni in aula rispetto a quanto era trapelato dall’ultimo accordo tra Renzi e Berlusconi e dalle modifiche che ci ha anticipato Stefano Lepri con il suo ultimo articolo. Possiamo quindi fare il punto sulle modalità con cui andremo a votare nel prossimo futuro.
Che il Porcellum non piacesse a noi Popolari e alla maggioranza degli Italiani è evidente. Anche l’Italicum versione “patto del Nazareno Uno” – cioè il primo testo approvato alla Camera – non ci è piaciuto, e lo abbiamo scritto all’interno di un ampio documento sulla legge elettorale per l’Italia che forse ricorderete (per chi lo volesse rileggere, lo allego in fondo a questo articolo).
Giudicavamo l’Italicum “un Porcellum-bis più funzionale alla governabilità”, che manteneva “gli elementi negativi della vecchia legge evidenziati dalla Corte Costituzionale. La ‘ragionevole rappresentanza del voto’ viene mortificata dall’eccessivo premio di maggioranza, ancora più abnorme se si dovesse andare al ballottaggio, e dall’innalzamento delle soglie di sbarramento a un livello che non ha uguali in Europa, se non in paesi di democrazia fragile (…). Rischiamo di consegnare il 55% del Parlamento a chi rappresenta meno del 20% del corpo elettorale. E la scelta degli eletti rimarrà ai capi partito, in piena continuità con il Porcellum”.
Credo utile confrontare i punti critici allora evidenziati con il testo modificato in Senato.

La nuova versione cambia le soglie di sbarramento: ce n’è una sola al 3%, calcolata su base nazionale, che permetterà una rappresentanza più democratica evitando anche i fondati motivi di incostituzionalità che avevamo prospettato. Meglio quindi il nuovo testo.

L’eccessivo premio di maggioranza sembrerebbe in parte attenuato dall’innalzamento al 40% della soglia per ottenerlo (dal 37 precedente). Non ci pare influisca sul giudizio il passaggio da “premio di coalizione” e “premio alla lista”, vista la storia elettorale della Seconda Repubblica. Rimane invece il fatto che ottenendo il 40,01 dei voti si ottiene il 55% dei seggi, cioè 340. Il premio di maggioranza vale il 15%. Ma consideriamo anche un possibilissimo ballottaggio tra due liste equivalenti intorno al 30% dei consensi: in questo caso il premio di maggioranza garantirebbe “solo” il 53% dei seggi (327) ma peserebbe il 23%. Appunto, un premio abnorme, specie considerando l’astensionismo in rapida crescita: se votasse anche un buon 60% degli aventi diritto (alle ultime regionali in Emilia si è scesi al 37,7), considerando il calo statistico di un terzo dei votanti al ballottaggio, consegneremo il 53% del Parlamento a chi rappresenta meno del 20% del corpo elettorale.
Il nuovo testo non cambia la sostanza. La nostra critica rimane intatta.

Sulla scelta dei rappresentanti, il nuovo testo introduce le preferenze. Con esclusione però dei capilista, i primi ad essere eletti. E i capilista possono essere 100, tanti quanti i collegi elettorali.
Ho fatto qualche semplice calcolo, ipotizzando una lista al 38%, che vince al ballottaggio il premio di maggioranza (327 su 630), e altre 5 liste che si dividono i restanti seggi di minoranza (303 seggi). Ho dato a questi partiti percentuali del 20, 19, 12, 6, 5 per cento, che lascio a voi abbinare alle forze politiche oggi in campo. Ebbene, con questi numeri più che credibili, tutti i rappresentanti delle minoranze sarebbero i soli capilista, scelti dei vertici dei partiti. Se aggiungiamo i 100 capilista della lista vincente, arriviamo a 403 nominati su 630. Che fa una percentuale del 64%. Gli eletti con le preferenze saranno quindi espressi solo dal partito vincitore e dalle liste di minoranza che superano il 20%; rappresenteranno quindi da un minimo del 36% a un massimo ragionevole del 50%: considero il caso in cui il partito vincente utilizzi al massimo la possibilità di proporre lo stesso capolista in 10 collegi.
Certo, rispetto al primo accordo Renzi-Berlusconi che prevedeva di fatto solo nominati con le liste bloccate senza preferenze, si è fatto un passo avanti. Purtroppo però la penso come con chi ha detto che in una democrazia vera l’unico buon equilibrio tra eletti e nominati fa tendere a zero il numero dei nominati…

Tutto considerato, ribadite anche le riserve sul sistema maggioritario espresse nel documento dei Popolari di un anno fa, possiamo dire che l’Italicum uscito dal “patto del Nazareno Due” continua a non essere una legge elettorale che dà piena sovranità al cittadino elettore. Non è la legge che rispecchia i valori di riferimento dei democratici popolari di ispirazione cristiana. Non possiamo sentirla come una “nostra” legge. È ancora la “loro” legge. Dei partiti padronali, la cui storia è iniziata con la discesa in campo di Berlusconi e non è ancora finita.

Documento

giuseppe cicoria - 2015-02-02
Concordo pienamente con te. La legge è chiaramente anticostituzionale ma è stata articolata in modo furbesco per abbindolare gli italiani. Renzi continua a fare il furbo ma ci può lasciare le penne (perdendo) ma danneggiando, però, anche tutti gli italiani. Speriamo che il nuovo Presidente Mattarella lo stoppi prima facendolo ragionare in maniera più consona alla nostra Costituzione!
Alessandro Risso - 2015-01-29
Cerco di spiegare meglio i passaggi ripresi da Stefano Lepri. “Al ballottaggio chi vince prende più del 50% ed è investito direttamente dall'elettore, senza premio”, scrive Stefano. Poniamo il caso che voti il 57% degli aventi diritto. È una percentuale credibile, visto il 37% alle regionali in Emilia e prima il 48% in Basilicata. Poniamo che la lista più votata con il 33% dei voti validi – cioè il 19% degli aventi diritto – vada al ballottaggio contro la seconda lista più votata al 22% - cioè il 12,3% degli aventi diritto –. Ai ballottaggi in Italia si perde in media un terzo del corpo elettorale. Quindi l’affluenza alle urne calerebbe al 38%. In caso di ballottaggio combattuto, il vincitore potrebbe contare su un consenso reale nel Paese intorno al 20%, ma su una maggioranza assoluta del 53% in Parlamento. Per questo ritengo che il premio di maggioranza continui ad essere abnorme e crei qualche preoccupazione per la democrazia. Ho scoperto che lo stesso timore è stato espresso dal costituzionalista Marco Cucchini su www.lavoce.info, e al suo autorevole intervento rimando per un approfondimento. Sono poi lusingato dal fatto di aver fatto una previsione che collima con quella del professor D’Alimonte, dato che, dopo aver scritto che il numero massimo di eletti arriva al 36%, ho parlato di “un massimo ragionevole (aggettivo eloquente) del 50%”. Che il 50% di nominati sia meglio del 100% è ovvio. Ma continuo a pensare, come ho scritto, che in una democrazia sana il numero di nominati deve tendere a zero. Quindi non mi toccano i paragoni dell’Italicum con Mattarellum e Porcellum, avendo sempre e coerentemente criticato entrambi. Sui partiti padronali, le nostre sensibilità sono diverse, e sarebbe lungo confrontarle. Mi limito ad osservare che il PD con Renzi è molto più un partito leaderistico rispetto alle segreterie precedenti. Ora questo leader ha vinto le elezioni, comanda e tanti lo applaudono. Prima comandava Berlusconi e criticavamo tutti il suo modello di partito. Se la coerenza riprendesse ad essere un valore applicato, forse riusciremo a porre un argine alla crisi della politica e al preoccupante aumento dell’astensionismo.
marco verga - 2015-01-29
E' una legge di compromesso, ma comunque in questo momento rappresenta un passo avanti rispetto alla situazione precedente e quindi è un dato positivo. Certo se il M5S che adesso propone Bersani come possibile Presidente della Repubblica lo avesse appoggiato al governo avremmo potuto evitare il patto del Nazzareno e leggi come quella elettorale e il Jobs Act sarebbero state comunque diverse.
stefano lepri - 2015-01-29
Apprezzo lo sforzo di Alessandro Risso di trovare miglioramenti, che infatti riconosce, nella legge elettorale approvata ieri al Senato. Tuttavia non concordo laddove si dice che il premio sia eccessivo qualora non si raggiunga il 40%: al ballottaggio chi vince prende più del 50% ed è investito direttamente dall'elettore,senza premio. Certo, una parte di chi vota quel partito al ballottaggio lo fa come seconda scelta, ma ciò non toglie che lo scelga. D'altronde questo è il modello dei Comuni sopra i quindicimila abitanti, mentre in Regione Piemonte si può vincere (e avere il premio) anche con percentuali ben più basse del 40%. E allora perché prendersela solo con la legge elettorale nazionale? Quanto al rapporto tra nominati ed eletti, rimando all'articolo sul Sole 24ore del 20 gennaio scritto dal Prof. D'Alimonte, il massimo esperto in materia, il quale stima che alla fine i candidati "bloccati" saranno più o meno uguali agli eletti: cinquanta per cento entrambi. Molto meglio del Porcellum, dove tutti sono paracadutati, ma anche del Mattarellum, dove il 75% dei posti era definito dalle segreterie dei partiti, che sceglievano i collegi migliori dove piazzare chi doveva uscire di certo. Infine, un pensiero ai partiti padronali: Forza Italia lo è, mentre starei attento a definire in tal modo anche il PD, dove alcuni milioni di cittadini con le primarie hanno eletto un loro segretario e scelto la gran parte dei parlamentari. Dove il dissenso è tollerato al punto che venti senatori possono non partecipare al voto senza essere cacciati né "processati". Io non ho nostalgia di ex segretari o responsabili organizzativi del PPI o della Margherita che decidevano (da soli o intorno a un tavolo con altri pochi) tutti (o quasi) quelli che sarebbero andati in parlamento. Un parlamento che è stato per troppo tempo ostaggio delle sue degenerazioni e che ora deve scontare il ritardo di troppe indecisioni e ritardi. Stefano Lepri