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Il triangolo delle Bermude
 
di Stefano Lepri, senatore PD
 

Questi giorni, le due prossime settimane, saranno decisive per il futuro della legislatura e dell’Italia. Abbiamo di fronte tre sfide (legge elettorale, riforma costituzionale, elezione del Capo dello Stato) che, insieme, possono essere metaforicamente considerati come il triangolo delle Bermude, tristemente famoso come un tratto di mare in cui, tempi addietro, affondavano navi in abbondanza. Se sapremo superare i vortici, le sirene e i fulmini che in questi giorni non mancheranno, la navigazione sarà poi più tranquilla e, forse, con il vento in poppa.
La prima sfida è quasi superata dopo l’approvazione dell’“emendamento Esposito” che ha fatto decadere la massa degli emendamenti presentati delle opposizioni all'Italicum. Tra il testo approvato alla Camera e quello ora in votazione al Senato vi sono differenze e miglioramenti decisivi: soglia di sbarramento abbassata al 3%; ballottaggio se non si raggiunge il 40%; premio alla lista e non più alla coalizione; cento collegi con un solo capolista bloccato, così che la percentuali di eletti con le preferenze potrà attestarsi, alla fine, intorno al 60%.
In un dibattito svolto quasi un anno fa organizzato dall'Associazione I Popolari, Guido Bodrato avanzò critiche sia alla percentuale da cui scatta il premio, sia sullo sbarramento troppo alto, sia soprattutto sul combinato disposto. Accuse giuste, a cui infatti si è posto rimedio. Il risultato è che sarà chiaro subito chi dovrà governare, senza tuttavia aver esagerato nel premio di maggioranza; sono garantite le minoranze; ci sarà un buon equilibrio tra eletti e nominati; sarà garantita la parità di genere; il partito che vince avrà un ruolo decisivo, senza bisogno di alleanze.
Anche rispetto alla figura del Capo dello Stato, la riforma costituzionale conferma e rafforza il suo ruolo di equilibrio, garanzia e rappresentanza del popolo: una figura tutta italiana, che evita derive plebiscitarie e presidenzialismi. Ma che fustiga, come ha fatto Napolitano, anche i vizi di un parlamentarismo inconcludente, come quello che in dieci anni non è riuscito a cambiare una legge elettorale “porcata”. E che non si sottrae dal criticare – come ha fatto l’ex Presidente prima di Natale – un eccesso di inutile protagonismo di alcuni magistrati in cerca di visibilità.
Sulla strategia, il premier deve necessariamente giocare su più tavoli, incontrando tutti e tenendo inevitabilmente coperto il nome (o la rosa di nomi) su cui puntare per la Presidenza. Abbiamo a che fare con una minoranza del PD che, sulla legge elettorale, ha avanzato argomenti tali da non giustificare un voto di coscienza contrario. C’è una minoranza parlamentare solo attenta alla tattica: ad esempio, i 5Stelle volevano il premio di lista, Lega Nord e SEL la soglia di sbarramento al 3%. Ora che li hanno ottenuti (ed era giusto) chiedono altro, cioè le preferenze senza una quota di nominati, dimenticandosi che sono stati tutti eletti con il listino bloccato, che i candidati del Mattarellum erano comunque scelti dalla segreterie dei partiti e che il Porcellum l’ha proposto Calderoli e l’ha voluto soprattutto il centrodestra.
Infine l’accusa, più ripetuta: Renzi ha un asse di ferro con Berlusconi, siglato in piazza del Nazareno, presso la sede del PD. Di sicuro, alla luce del sole, c’è la volontà di fare insieme le regole del gioco, cosa sacrosanta perché la Costituzione e il voto sono questioni di tutti. Ma con la riforma elettorale approvata, PD e Forza Italia saranno tra di loro certamente alternativi, senza più tentazioni o necessità consociative. Se c’è dell’altro non so, non credo, mi spiacerebbe e non lo condividerei. Ma, di certo, nel 2014 il PD ha sfondato guadagnando consensi tra i ceti produttivi, le casalinghe, gli artigiani: tutti gruppi di elettori che avevano sempre votato il centrodestra. Insomma, non mi pare che si stia sbagliando a parlare con il Cavaliere. Cosa che peraltro facevano costantemente anche Bersani, D’Alema, Prodi, con i loro emissari o direttamente.
Renzi ha concluso gli incontri di questi giorni con il gruppo al Senato auspicando unità sulla legge elettorale, anche perché le differenze non sono così decisive da giustificare un voto negativo o di astensione in aula. Questa unità purtroppo non c’è stata. Anch'io ritengo sia stato autolesionista mettere in discussione una riforma elettorale certamente molto migliorata e da approvare convintamente. Cosa che cerchiamo di fare entro il 29, cioè prima di cominciare a votare per eleggere il Capo dello Stato.


Andrea Griseri - 2015-01-27
"ci sarà un buon equilibrio tra eletti e nominati..." l'unico buon equilibrio in una democrazia vera sarebbe... eletti 100 nominati 0. In ogni caso speriamo di andare a votare e di godere finalmente di un governo legittimato dal demos. Con la vecchia legge si andò all'impasse e alla grande coalizione senza sanare le ferite del "golpe" Monti (perché si trattò di un golpe, forse inevitabile ma di un golpe, eravamo così contenti del 25 luglio del cavaliere che non ce ne siamo dati pena e abbiamo subito la disastrosa pseudoriforma Fornero senza reagire).
Umberto Cogliati - 2015-01-25
A guardare all'indietro, gli anni del Porcellum, la soluzione attuale è magnifica. Semmai non si critica abbastanza l'inerzia (forse voluta) di chi il Porcellum lo odiava a parole (Bersani compreso). Ora che in pochi mesi si porta a casa una nuova legge elettorale è come vincere al lotto, e solo Renzi ci è riuscito (o ha voluto), e alla sinistra del PD che ha sempre dormito non le concediamo oggi di fare solamente le critiche. Poi, certo, assistiamo a un Renzi "pragmatico" che più non si può, e a chi ha vissuto l'era in cui si motivava la differenza tra destra e sinistra, Matteo appare assai sbrigativo, forse troppo. Ma tutto non si può avere.
Michele Canavesio - 2015-01-24
Condivido pienamente le tue considerazioni: puro buonsenso teorico e pratico. In particolare, come già dici tu, non ci vengano a contare che a suo tempo i candidati venissero "spontaneamente" fuori dalla base e non dalle segreterie dei partiti: è un falso storico! Del resto, mi sembra che nemmeno i successivi tentativi di scelte dei "tecnici" abbiano dato chissà che risultati. Non avrei mai voluto che ci si accordasse con Berlusconi, ma se gli altri non ci stanno mai, non facciamo mai niente?! L'importante, come dici tu, è che poi si sia alternativi.
Gianfranco Guazzone - 2015-01-24
Sono convinto che quanto tu asserisci sia oggi condivisibile. Una sorta di "minimo sindacale" strategico e político che ci dovrebbe permettere di uscire da una situazione di elevato rischio sotto tanti punti di vista. E "la gente" l'ha perfino capito e sa perfettamente che in questo momento le alternative possibili sono solo di sfascio generale. Certo che alcuni passaggi sono indigesti anche per un ex democristiano (quella del 3 x mille, a parte la questio ad personam, e' proprio bruttina) pensa per un ex PD...!? Sulla Legge elettorale direi che al momento non si poteva proprio fare di piu' e comunque e' la migliore dell'ultimo ventennio. Forza Renzi, dunque, e speriamo di uscire indenni dal triangolo delle Bermude. Ciao, Gianfranco.