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La superiorità dell’Occidente
 
di Alessandro Risso
 

Il terrorismo islamico che ha colpito la Francia interroga la coscienza di ognuno di noi.
Monica Canalis ha scritto sul non semplice compito di crescere nella coesione nazionale e contemporaneamente nel dialogo fraterno con gli altri popoli. Condivido le sue osservazioni, e vorrei aggiungere qualche riflessione complementare incentrata sul rapporto tra Occidente e Islam. Non garantisco che i miei pensieri siano tutti politically correct.

La prima riflessione riguarda i cosiddetti Paesi arabi moderati. Molti commentatori ripetono di non fare un tutt’uno del fondamentalismo assassino con il resto del mondo arabo, estremamente variegato nelle sue forme religiose e politiche. Questa varietà è un dato di fatto, e pare naturale avere una politica estera che privilegia i rapporti con regni e repubbliche “moderate”. Non più tardi di qualche giorno fa il nostro premier Renzi si è recato ad Abu Dhabi per procacciare affari alle grandi aziende italiane dopo aver già favorito e sancito l’ingresso degli Emirati in Alitalia. Per carità, niente da eccepire. Ma come dimenticare che nell’affidabilissima Arabia Saudita due donne sono state arrestate e verranno processate da una corte speciale a Riyad istituita per occuparsi di terrorismo con l’accusa di… aver guidato un’auto! Un abisso separa Occidente e Islam sulla visione della società, e la considerazione del ruolo della donna ne è l’esempio eclatante.
Anche nei Paesi in cui la laicità ha faticosamente fatto passi avanti e permesso l’affermarsi di forze politiche e governi più rispettosi delle libertà individuali e collettive, il fondamentalismo resta una ricorrente spada di Damocle. Pensiamo all’Egitto e alla Turchia: nazioni in cui i partiti islamici hanno conquistato la maggioranza e il potere in libere elezioni, per venire poi sostituiti in modi del tutto antidemocratici da governi autoritari espressione diretta o indiretta delle forze armate. Noi occidentali paladini della democrazia dobbiamo ridurci a fare il tifo per dittature che arginano il fondamentalismo? Arriveremo a rimpiangere Gheddafi e Saddam Hussein?

La seconda riflessione riguarda invece il rapporto che nei nostri Paesi occidentali dobbiamo avere con la sempre più numerosa comunità islamica. Anche qui si tratta di presenze le più variegate. Andiamo dall’immigrato che parla in piemontese e attivo nella Pro Loco alla donna che non smette mai il burqa e rivolge parola solo al marito. Come rapportarsi con questa realtà, accomunata da un forte credo religioso? Trattandosi di civile convivenza all’interno della comunità nazionale, le regole rimangono quelle del rispetto delle libertà individuali e collettive sancite dalla Costituzione. E come cattolici democratici dobbiamo aggiungere un doveroso sentimento di accoglienza e solidarietà. Penso però che il senso di accoglienza debba avere dei limiti. Pur prendendo atto della globalizzazione che ci rende tutti “cittadini del mondo”, ritengo che non sia possibile mettere sullo stesso piano la vita in Occidente e la vita nei Paesi arabi. Un conto è convivere qui in Europa con le diverse culture che vi arrivano. Diverso sarebbe trasferirsi in Marocco, in Arabia, in Afghanistan.
L’ospite dovrebbe adeguarsi agli usi di chi lo accoglie. Oppure, se per cultura e cortesia si adegua il padrone di casa, questi si aspetta che vi sia la stessa apertura invertendo i ruoli. Comunque la si guardi, nei rapporti di convivenza è fondamentale la reciprocità.
Il problema è proprio nel fatto che tra Islam e Occidente non c’è reciprocità nel rapporto. Non c’è lo stesso rispetto, lo stesso atteggiamento di accettazione di chi è diverso da sé.
Il Cristianesimo, di cui sono permeate la storia e la cultura europee, ha saputo confrontarsi e contaminarsi con i valori dell’Illuminismo, uscendo da quel lunghissimo Medioevo culturale che ha condannato Galileo e difeso il potere temporale del papato fino al Novecento. Ed è uscito rafforzato da questo secolare confronto (il rapporto fede/ragione calato negli aspetti della convivenza sociale), che lo ha reso capace di parlare all’uomo moderno.
L’Islam invece è rimasto impermeabile ai diritti fondamentali “dell’uomo e del cittadino”, al confronto con la ragione, alla tolleranza invocata da Voltaire. “Non sono d’accordo con le vignette che pubblichi, ma sono disposto a dare la vita perché tu abbia la possibilità di disegnarle”, potrebbe parafrasare un cittadino occidentale a un fumettista di “Charlie Hebdo”. Al di là della vicinanza umana alle vittime, in ogni “Je suis Charlie” si rispecchia il profondo senso di rispetto dei diritti individuali e collettivi che appartengono alle pubbliche opinioni della Vecchia Europa e dei Paesi che da essa sono stati popolati negli altri continenti.
Ecco perché – senza avere paura delle parole – ritengo che l’Occidente possa vantare una superiorità culturale nei confronti dell’Islam, che non ha saputo fare i conti con i principi di libertà ed eguaglianza che stanno alla base di ogni convivenza che definiamo “civile” e “democratica”. Dobbiamo esserne consapevoli e conseguenti, senza fare passi indietro per paura, convenienza o ignavia.
A questo proposito non si può tuttavia tacere una constatazione amara.
Nella Costituzione europea, lo ricorderete, non si volle inserire alcun riferimento “alle comuni radici cristiane” dell’Europa. Sarebbe come negare che il mare è fatto d’acqua. Eppure prevalsero allora i punti di vista laicisti – liberalmassoni, socialisti o radicali che fossero – e la preoccupazione di non urtare sensibilità interne e internazionali. Sarebbe interessante riproporre la questione dopo la straordinaria mobilitazione francese in difesa di quelle libertà che identificano le società occidentali. L’Occidente non deve aver paura di affermare il suo patrimonio ideale, sintesi di valori evangelici e illuministi, incentrato sulla libertà e sul rispetto dell’altro. Valori che sono la vera forza dell’Occidente. E l’unico baluardo contro ogni forma di integralismo e totalitarismo.


Carlo Baviera - 2015-01-22
Non posso che sottoscrivere quanto già sottolineato in modo egregio e completo dagli interventi precedenti (in particolare Ladetto, Policante, e Bassi). Aggiungo solo la necessità di riconfemare TUTTI i principi della nostra Costituzione (quella che di tanto in tanto si vorrebbe modificare) perchè è su quella che in Italia dobbiamo convivere ed è quella che dobbiamo rispettare: ovviamnete in modo evolutivo e non come farisei solo formalmente. Voglio dire che, anche se domani la maggioranza degli italiani fosse di fede musulmana e di cultura islamica e araba, le regole devono restare quelle LAICHE che ci siamo dati e non trasformare le nostre abitudini, norme, e quant'altro. Così come si chiede, giustamente, che la legislazione sia sganciata dalla religione (in questo caso cattolica), questo deve avvenire per tutte le comunità immigrate; non ci può essere normativa separata per qualce singola comunità (religiosa, etnica, ecc.). Ovviamente nel rispetto e nel cercare di far sì che tutti si sentano liberi e indipendenti; perchè quando la legge diventa culturalmente oppressiva per qualcuno (le forzature che a volte si tentano rispetto al temine o al ad esempio) non è più pluralista. Questo ovviamente vale anche a favore degli immigrati. E vale, spostando il discorso, anche per la lingua: che il piemontese non venga riconosciuto come lingua minoritaria è negativo!
Beppe Mila - 2015-01-18
Arrivo sempre dopo i commenti di Giusepep Ladetto, e questo è già impattante per chi scrive dopo, ma stavolta si è aggiunto Pietro Policante con un commento altrettanto lucido ed analitico, non posso quindi che , come spesso mi capita prendere l'accetta e esprimere il sentire comune: come possiamo pensare di affermare il nostro patrimonio ideale di valori evangelici ed illuministi quando, e cito un esempio solo: armiamo e finanziamo i terroristi dell'Isis in nome del bel gesto di combattere il dittatore Assad e due nostre giovani fanciulle di buona famiglia, acculturate, se ne vanno a far le buone samaritane... ai combattenti contro Assad! E quando tornano una delle due continua a indossare la kefia come una bandiera. Se la gioventù non sente minimamente il bisogno di operare nel proprio Paese, e tutti sappiamo quando ve ne è bisogno, come possiamo affermare i nostri valori?
Pietro Policante - 2015-01-15
Sulla fotografia scattata da Alessandro Risso non si può che concordare. Ma la fotografia è statica, ferma un momento, non un processo. La chiave di volta sta nelle stesse parole dell'autore " ... uscendo da quel lunghissimo medioevo culturale che ha condannato Galileo e difeso il potere temporale del papato fino al novecento". Non è da dimenticare (e io non smetto di ricordarlo a coloro che di fronte alle difficoltà odierne hanno nostalgie per un passato inesistente) che le civilissime e cristianissime nazioni europee si sono sbranate come bestie feroci in ben due occasioni, a distanza di vent'anni, solo nel secolo passato, mostrando ciò che di peggio può fare l'uomo contro l'uomo. Poi, finalmente, qualcuno (e qui l'ideale politico cristiano, espresso dai suoi migliori uomini del tempo, può rivendicare un ruolo determinante e da protagonista) ha capito che se si voleva veramente realizzare la pace e con essa il progresso ed il benessere dei popoli (non tanto delle nazioni) bisognava superare le anticaglie ideologiche del passato, quali il nazionalismo e tutto il suo corollario di egoismi a tutto tondo. Ma per arrivare a questo (e non ci siamo ancora arrivati del tutto) sono passati secoli di contrasti, guerre, carestie, bestialità di ogni genere. Ogni evoluzione ha bisogno dei suoi tempi. Non c'è solo l'Islam - anche se è vero che in questo momento ci sentiamo minacciati più da quell'area che da altre. C'è la Russia, la Cina, con il loro turbo capitalismo che non ci può farci rimanere indifferenti; ma ben vediamo la rivoluzione, pur piena di contraddizioni, in atto. Voglio dire, in sintesi, che la Storia tocca tutti e niente e nessuno ne resta immutato. Per esempio: è vero che due donne in Arabia Saudita sono finite in carcere per avere voluto guidare l'auto. Ma è altrettanto vero che nemmeno dieci anni nessuna donna avrebbe nemmeno pensato di infrangere tale norma. E potrei citare altri esempi, in Cina e altrove. Nel mondo non girano solo le merci ma anche le idee. E in epoca dalle contaminazioni così globalizzate, le idee -come le merci - girano sempre più in fretta e sono sempre meno censurabili e oscurabili. In questo contesto, l'occidente cristiano può avere un ruolo determinante, essere un acceleratore forte di questa inarrestabile evoluzione. Deve però dismettere l'abito da non sempre credibile censore, e rimettere ordine al proprio interno, dare e pretendere correttezza. Un ruolo difficile, complesso, dai risultati contrastanti e contraddittori. Ma è l'unico possibile, l'unico in grado di garantire, nel tempo, la pace ed il progresso mondiale che tutti auspichiamo. Le alternative, lo dice la storia, portano solo a grandi disastri.
Giuseppe Ladetto - 2015-01-15
Caro Alessandro, se ritieni di aver detto cose politicamente scorrette, trovi tutta la mia vicinanza in questi tempi di conformismo. Il tema che affronti è attraversato da una molteplicità di questioni alle quali non so dare risposte coerenti o comunque non contraddittorie. Mi fermo pertanto solo su alcuni punti. 1) L’Occidente è superiore all’Islam. Claude Lévi-Strauss, il grande antropologo ed etnologo, riteneva inaccettabile la pretesa degli occidentali di possedere valori “universali” e pertanto superiori a quelli di altre culture. Non ci sono culture inferiori. Il cardinale Ratzinger (Europa: i suoi fondamenti oggi e domani – Edizione San Paolo) definisce rozza la contrapposizione tra un Occidente inteso come regno della razionalità e un Islam presentato come ricettacolo di fanatismo, che serve solo a chi, per interesse, tende ad approfondire il contrasto. Ratzinger ritiene che la dimensione interculturale sia indispensabile per impostare la discussione delle questioni fondamentali sull’uomo e sulla società, una discussione che non può essere svolta puramente e semplicemente fra cristiani e neppure all’interno della sola tradizione occidentale della ragione. Entrambe le prospettive considerano come universale la loro autocomprensione, mentre sono comprensibili soltanto in determinati settori dell’umanità. Nella società odierna, occorre la disponibilità di tutte le parti ad imparare e ad autolimitarsi. 2) L’Islam è rimasto al Medio Evo perché non ha conosciuto l’illuminismo. Nel Medio Evo, il mondo musulmano ha salvato e ci ha trasmesso i testi della filosofia greca altrimenti perduti; ci ha fornito i primi fondamenti della scienza (matematica, fisica, chimica e medicina); ha accolto gli ebrei sefarditi che fuggivano dalla penisola iberica (e non solo) per le persecuzioni attuate dai re cristiani. Il fondamentalismo islamico non ci viene dal Medio Evo, ma dal contatto dell’Islam con l’Occidente moderno. Quest’ultimo ha umiliato il mondo islamico in lunghi anni di dominazione coloniale; ha combattuto ogni forza politica tesa a riconquistare indipendenza e dignità nazionale (Mossadeq, Nasser, Arafat, ecc.) contrapponendo ad esse l’Islam più arretrato (dalle monarchie del Golfo ai fondamentalisti antisovietici in Afghanistan ), ed oggi destabilizza l’intera area con guerre dettate da miopi obbiettivi di predominio. 3) L’Occidente grazie all’illuminismo ha elaborato valori di libertà e tolleranza di carattere universale. Franco Cardini, storico medievalista, in una lettera aperta sui fatti di questi giorni, a proposito dell’Occidente figlio dell’illuminismo, patria della libertà e della tolleranza, chiede dove fosse finito quando i nazisti eliminavano con il gas gli ebrei, o quando Stalin uccideva milioni di persone. Non basta dire che il nazismo è stato un tuffo nel passato e lo stalinismo una utopia sanguinosa. C’è stato altro: lo schiavismo (abolito negli Usa solo nel 1863) e la tratta connessa (condotta in prevalenza dagli inglesi), il genocidio degli indiani d’America (non solo ad opera dei conquistadores, ma ancora nel XIX secolo nel Nord America e in Argentina); il colonialismo (con episodi terribili quali lo sterminio di milioni di africani in Congo all’inizio del XX secolo), e via dicendo. Quanto ai principi illuministici, aggiungo, chi ricorda che Voltaire era azionista di una società che operava nella tratta dei negri? chi ricorda che i padri della costituzione americana (che esalta libertà e diritti) erano in buona parte proprietari di schiavi? I principi dell’illuminismo rimanevano, e in parte rimangono, confinati in una ristretta area del pianeta e non riguardano gli appartenenti a quelle che venivano e talora vengono ancora definite “culture inferiori”.
A.Bassi - 2015-01-15
Molte considerazioni sono condivisibili, altre meno; soprattutto non lo sono le conclusioni circa la "superiorità culturale" dell'Occidente rispetto all'Islam, che non tengono sufficientemente conto dei diversi contesti storici, politici, religiosi e geo-economici. Proseguendo col medesimo criterio qualcuno potrebbe affermare la "superiorità culturale" dei Paesi Scandinavi nei confronti dell'Europa mediterranea perchè in quei Paesi le donne sono più emancipate di quelle italiane, o magari la "superiorità culturale" della società spagnola rispetto a quella nostra perchè là si possono celebrare matrimoni gay, mentre da noi no (...che non corrisponde certo al sentimento nè al pensiero di Alessandro Risso)
Aldo Cantoni - 2015-01-15
Caro Alessandro, sono (direi ovviamente) in sintonia con il tuo articolo, ma mi permetto una osservazione provocatoria e paradossale. Quando si disputa se i terroristi fanno o non fanno una forzatura del sacro Corano, mi viene voglia di dire che non lo so, ma certamente so che essi sono coerenti con la mentalità dei Potenti (politicamente, culturalmente ed economicamente) dell' Occidente..... Infatti (Chiesa a parte) chi se non l'Occidente ha promosso l' idea che non esiste una verità oggettiva, nè una morale naturale, ma l'una e l'altra sono l' espressione dell' opinione prevalente in un dato ambito storico e/o geografico? Senza andare troppo indietro nel tempo in Europa si tagliava la testa a chi non ossequiava la dea Ragione, negli USA si sterminavano i pellerossa, in Germania si mandavano a morte gli Ebrei e si ritenevano "patrioti" chi li denunciava, in Urss ogni obiettore andava in vacanza in Siberia e tutte queste cose erano conformi alla Legge dello Stato. Il Relativismo di cui l'Occidente si gloria evolve tragicamente nello Stato Etico. Allora il Califfo Al Baghdadi potrebbe dirci che lui in breve tempo ha percorso per volere di Allah ciò che l' Occidente ha periodicamente sempre fatto. Intelligenti pauca....