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Il costo degli eletti
 
di Giorgio Merlo
 

Tutti conosciamo l’alto tasso di sfiducia dei cittadini italiani nei confronti delle istituzioni, dei politici e dei partiti. Tutto ciò che è riconducibile al “pubblico” gode di profonda disistima e, in particolare, tutto ciò che è riconducibile alla politica e ai suoi principali protagonisti, ovvero i partiti e i politici.
Ora, per non cadere nei soliti “luoghi comuni”, credo sia giunto anche il momento di distinguere il tradizionale, e abusato, “costo della politica” dal cosiddetto “costo degli eletti”. Perché in queste pieghe si nascondono contraddizioni e anomalie che è giunto il momento di denunciarli e porre in discussione.
Certo, tutti sappiamo che la credibilità della politica, dei partiti, dei politici e delle stesse istituzioni democratiche non dipendono solo e soltanto dagli “stipendi” degli eletti. Ma anche in questo campo si nascondono spinte demagogiche, ingiustizie e palesi anomalie che non possono più essere sottaciute. A cominciare proprio dagli stipendi.
Elenchiamo solo alcuni di questi casi singolari. Senza commentarli, per il momento.
I consiglieri della neo Città metropolitana non percepiscono, a tutt’oggi, alcun gettone. Salvo, forse, rimborsi spese per il futuro.
I consiglieri dei piccoli Comuni – almeno sino ai 5 mila abitanti, e cioè la stragrande maggioranza dei Comuni piemontesi e anche italiani – percepiscono gettoni ridicoli. Un po’ meglio, ma comunque con cifre pur sempre irrisorie, per i sindaci e i relativi assessori.
Discorso diverso per i sindaci, relativi assessori e consiglieri comunali delle grandi città, dove già sono previsti stipendi adeguati e pertinenti visti anche la mole di lavoro richiesta e il tempo da dedicare al governo della pubblica amministrazione. Praticamente tutto il giorno.
Il problema arriva dopo, cioè per gli altri livelli di governo. A partire dagli strapagati consiglieri regionali. È appena sufficiente osservare la “busta paga” degli eletti di questo livello di governo per rendersi conto che qui iniziano le vere anomalie. Certo, in campagna elettorale – in Piemonte come da altre parti d’Italia – si era detto che il consigliere regionale doveva percepire lo stesso stipendio del sindaco della città capoluogo. Altro discorso per gli assessori e i presidenti, com’è ovvio. Promessa ripetuta in tutte le piazze e puntualmente disattesa appena si è affrontata concretamente la questione nelle sedi istituzionali appropriate. Come sempre non mancano i cavilli giustificazionistici. L’ultimo della serie è che questo livellamento avverrà solo ed esclusivamente quando entrerà a regime la riforma costituzionale. Cioè, fra molti anni o mai ... Nel frattempo, per la Regione, come già deciso per il Parlamento, è stato abolito il vitalizio per gli eletti. Ma, sempre nel frattempo, la quota parte che ogni consigliere doveva devolvere al fondo per il vitalizio è stato inserito nella busta paga del consigliere, facendo lievitare lo stipendio mensile a livelli insperati…
Sullo stipendio dei parlamentari – deputati e senatori – è calato il silenzio. Boldrini e Grasso, al di là dei proclami e dei richiami moralistici, non si sono mai pronunciati in merito.
Per non parlare degli europarlamentari eletti in Italia dove gli stipendi sono semplicemente stellari.
Certo, poi c’è tutto il sottobosco della politica e gli incarichi di sottogoverno – migliaia e migliaia – dove si nascondono effettivamente le vere anomalie fatte di stipendi da favola, privilegi e benefit neanche immaginabili dai lavoratori “normali”.
Insomma, è venuto anche il momento, forse, di parlare del “costo degli eletti” e di tutto coloro che praticamente vivono grazie agli eletti. Confondere questo piano con il più generale “costo della politica” è semplicemente sbagliato.
Anche su questo versante vanno fatte distinzioni. Utili per la “salute” delle istituzioni e per la “qualità” della democrazia.