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Popolari dispersi
 
di Giorgio Merlo
 

Il tema non è affatto nuovo,tuttavia mantiene la sua attualità. E non solo per chi si riconosce in quel filone culturale ma anche per il ruolo che proprio quella cultura ha giocato sino ad oggi nella politica nazionale e locale. Mi riferisco ovviamente alla presenza dei “Popolari”.
Per fermarsi al livello regionale, oggi i protagonisti di quel filone culturale e politico – compreso chi scrive – sono disseminati un po’ dappertutto e sono, di conseguenza, sostanzialmente ininfluenti dappertutto.
Del resto, se dovessimo definire le varie “categorie” dei Popolari ci vorrebbe un corso accelerato per comprenderne la galassia: ci sono, infatti, se ci fermiamo solo al PD, i Popolari rottamatori doc, quelli quasi rottamatori, quelli non rottamatori ma cuperliani, i nostalgici della DC, quelli che sono rimasti sempre equidistanti, quelli ancora che non sono né rottamatori né anti rottamatori ma semplicemente altro. Per non parlare dei Popolari che, legittimamente, si riconoscono nell’UDC, o in Scelta Civica. E c’è persino chi si ritiene popolare nel Nuovo centrodestra o in Forza Italia.
Ora, per non farci venire il mal di testa, una cosa è ovvia. La tradizione politica e culturale del popolarismo di ispirazione cristiana è sempre stata nel nostro Paese una componente essenziale nel panorama pubblico, culturale e programmatico. E lo sarà ancora perché i grandi filoni culturali non tramontano di fronte agli slogan del momento o “all'uomo della provvidenza” di turno. Un tempo Craxi, ieri Berlusconi e oggi Renzi. Ma è altrettanto indubbio, ed evidente, che quando un grande e nobile patrimonio culturale si divide in mille rivoli, uno diverso dall’altro e persino antagonista rispetto all’altro, a pagarne le conseguenze è proprio il profilo e la concreta praticabilità politica di quella proposta. Come, del resto, puntualmente avviene oggi a Torino, in Piemonte e a livello nazionale. Certo, se uno si ferma ad osservare oggi cosa succede su questo versante nel PD prova imbarazzo, vista la babele delle lingue e la radicale frantumazione dell’area popolare.
Uno si chiederà: qual è allora la strada per ridare un minimo di credibilità a un filone culturale che, lo ripeto, continua ad essere importante e di qualità anche se diviso e perennemente subalterno?
La strada non può che essere duplice: o c’è una ricomposizione la più ampia possibile in uno stesso partito oggi sulla scena oppure, ipotesi più difficile, decolla un progetto politico – cioè un movimento/partito – capace di ricondurre a sé la stragrande maggioranza, se non la totalità, di chi continua a riconoscersi in quest’area politica e culturale.
L’alternativa a questo doppio scenario non può che essere l’attuale dispersione. E, di conseguenza, una sostanziale irrilevanza politica nelle variegate e molteplici correnti del PD o nei diversi partiti di appartenenza.


Stefano Godizzi - 2014-03-06
Come al solito l'analisi dell'on.Merlo è lucidissima. In tanti evocano una eredità ma il popolarismo è un lascito impegnativo, esigente. Non è una questione di etichette. I tanti che dichiarano una ispirazione pur stando su fronti diversi descrivono quanto sia cangiante e mutevole la politica oggi, basata su dogmi mediatici e su convenienze del momento. Servirebbe un po' di coraggio ed una presa di coscienza. Partendo da fatto che non esiste un dogma dell'unità politica dei cattolici ma nemmeno un dogma della disunità. Oggi siamo all'esaltazione dell'effimero, dell'apparenza più sfacciata. Ci sono trasmissioni interamente dedicate ai sondaggi, alle sciocchezze, alle battute da cabaret. Sono lo specchio di un'Italia avvitata su se stessa e compiaciuta dei suoi limiti e delle sue degenerazioni. Occorrerebbe la pazienza e l'anticonformismo per riannodare i fili di una politica raggomitolata nelle chiacchiere più volubili. Come sarebbe utile una presenza "popolare" forte dentro le istituzioni. Non si tratta di nostalgia: al contrario. Si tratta di un giudizio sulla nostra sconfortante attualità. E sono convinto che le energie ci sarebbero...
Carlo Baviera - 2014-03-06
Azzardo un'utopia, una terza possibilità, ancora più in salita. Poichè il PD di oggi è socialdemocratico europeo (e quindi è difficile che comprenda sostanziosamente la cultura politica "popolare sturziana" e cattolico democratica dei Moro-Granelli-Zaccagnini, ecc.) e un nuovo soggetto politico che raggruppi centristi e moderati (termini che non mi affascinano!!!) rischia di essere equivoco nelle scelte programmatiche e nelle alleanze, cedevole verso la destra, raccattatore di scontenti di ogni parte politica, ben che vada nell'ALDE in Europa, io sogno un partito chiaramente collocato nel centrosinistra in quanto basato su idee e progetti derivanti dalla traduzione delle indicazioni della Caritas in Veritate e delle parti sociali della Evangelii Gaudium. Un partito non confessionale, ma dalla parte dell'uguaglianza, della giustizia sociale, della nonviolenza, della pace, dei diritti di chi lavora e di chi fa impresa producendo con la visione olivettiana; un partito che valorizza le autonomie, che promuove l'economia civile e il Terzo Settore, che mette la famiglia alla base delle decisioni. E che anche in Europa sappia aggregare sulla stessa visione, scompaginando i vecchi contenitori.