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Nel PD è morto il popolarismo
 
di Alessandro Risso
 

L’articolo di Sorice che abbiamo pubblicato tempo fa per suscitare dibattito tra i Popolari subalpini è stato molto letto, amaramente rimuginato, ma poco commentato. Forse perché da piemontesi siamo abituati a smaltire in silenzio le delusioni. Il tema merita tuttavia di essere ripreso e affrontato. Senza timori e ipocrisie, con l’onestà intellettuale e la chiarezza di linguaggio che ci sono abituali.
Nel PD avevamo creduto in tanti. Pochissimi Popolari non confluirono nella Margherita, insieme ai riformisti di area laica ed ecologista. E pochi altri non accettarono la successiva scommessa del Partito Democratico, pensato per dare una casa comune ai riformisti italiani, compresi quelli di provenienza socialista e post comunista. Certo è che il cammino del partito è sempre stato impervio, con divisioni prima culturali e politiche, poi correntizie, poi personalistiche, che lo hanno via via indebolito. La presenza dei leader di riferimento per i cattolici democratici si è rarefatta sempre più, non tanto per aver aderito al “meticciamento” interno, quanto per aver anteposto logiche di posizionamento personale – nei governi, nel partito o nelle istituzioni – al “fare politica”.
Il PD è poi uscito malissimo dalle elezioni di febbraio. Doveva vincere e non ha vinto, anche per gli errori di Bersani nella comunicazione e nell’arroccamento sull’identità della solita sinistra perdente. Il vano corteggiamento a Grillo per una intesa di governo, la guerra per bande nell’elezione del presidente della Repubblica, con il killeraggio a due fondatori del PD come Marini e Prodi da parte degli stessi compagni di partito, il governo – inevitabile ma indigesto – insieme a Berlusconi, sono state tappe di una via crucis che ha fiaccato il morale di militanti ed elettori democratici. Non ci sarebbe da stupirsi di una bassa affluenza ai seggi delle primarie dell’Immacolata. Dagli oltre tre milioni di votanti un anno fa, si potrebbe anche scendere sotto i due.
Ma le primarie, si dice, dovrebbero segnare una svolta per il PD, qualunque sia l’affluenza e chiunque vinca.
Dei tre candidati, Pippo Civati e Gianni Cuperlo non sembrano raccogliere un gran consenso tra i Popolari. Persone di valore, s’intende. Ma il primo – che pure è il più attento nel porre il tema della povertà e delle disuguaglianze – non può pensare di attrarre il voto dei cattolici democratici proponendo di rendere possibile l’adozione alle coppie omosessuali. Il secondo – che pure insiste sul modello di partito plurale e inclusivo – non riesce a scrollarsi di dosso il fantasma di D’Alema e del vecchio (e perdente) “partito della sinistra europea”: se il PD si riduce a questo, saremmo rimasti nella Margherita.
Ma i sondaggi indicano il vincitore annunciato in Matteo Renzi. Che oltretutto iniziò la sua carriera politica proprio nel PPI. Ma cosa ha il sindaco di Firenze in comune con il popolarismo?
Prendo spunto da “Noi Popolari”, il manifesto del nostro sito che spiega chi siamo.
Ci riconosciamo pienamente “nei valori espressi dalla Carta Costituzionale”, e crediamo che tanti problemi successivi siano dipesi non dai suoi contenuti, ma dalla loro cattiva o mancata applicazione. Siamo quindi per la democrazia parlamentare organizzata tramite i Partiti, capaci di dialogare tra loro. Renzi invece è presidenzialista e si è definito “baluardo del bipolarismo”, che nella versione italiana così estremista e “muscolare” favorisce il radicalizzarsi delle posizioni e ostacola “l’apertura al dialogo tra persone, classi sociali e generazioni” che auspichiamo nel manifesto.
Così come preferiamo il sistema proporzionale, mentre Renzi è per il maggioritario. Consideriamo le preferenze il metodo più democratico per scegliere gli eletti, invece Renzi le esclude e punta sui collegi uninominali.
Renzi aspira ad essere l’Obama o il Blair italiano, ma a noi non piace la società americana dai forti contrasti, rappresentata da un sistema politico in cui metà dell’elettorato non si riconosce e non partecipa al voto.
Siamo per i partiti popolari e democratici organizzati dal basso, che partecipano all’elaborazione dei contenuti della linea politica. Renzi è per il partito “liquido” di veltroniana memoria, che serve come comitato elettorale e cassa di risonanza del leader.
Siamo per “la territorialità e la sussidiarietà, i cardini di una pubblica amministrazione incentrata sul federalismo e sul rispetto delle autonomie locali”. Renzi sa solo dire “aboliamo le Province” – un vuoto slogan qualunquista – senza declinare la sua idea sul “sistema delle autonomie”.
E siamo proprio noi Popolari ad aver scritto che vogliamo “contrastare con vigore la deriva populista”. Purtroppo Renzi, forse per meglio sintonizzarsi con l’opinione pubblica, scivola spesso nella demagogia.
Infine, “l’attenzione ai più umili e bisognosi” – e più in generale alla tutela del lavoro – non sempre si armonizza con alcune sue ricette neo-liberiste.
Sia chiaro che, avendo seguito con attenzione il percorso del sindaco di Firenze, potrei anche fare un elenco di sue proposte pienamente condivisibili. Ma i punti di divergenza non sono secondari e accantonabili.
Da Democratico potrei anche convincermi che Renzi sia un’opportunità per vincere le prossime elezioni e farmi così trangugiare anche quel suo modo di essere e le posizioni che non mi convincono. Sarebbe né più né meno che una concessione al “realismo” che sempre deve accompagnare chi vuole fare politica e non limitarsi a filosofeggiare. Non sarebbe tanto più indigesto che accettare il governo delle “larghe intese”, per intenderci.
Ma da Popolare il “partito del leader”, personalistico e mediatico, inevitabilmente populista e plebiscitario, centralista e diffidente verso le Autonomie locali, baluardo di un bipolarismo innaturale e deleterio, non riesco proprio ad accettarlo. Perché è altra cosa, diversa se non opposta, rispetto al modo di intendere la politica per cui i cattolici democratici si sono storicamente caratterizzati. E non si vede nel PD chi possa rifarsi a quella tradizione. Forse Enrico Letta, se sopravviverà politicamente all’ingrato compito di guidare uno strano governo che tutti tirano per la giacca ma in cui ben pochi si riconoscono.
O, forse, è il popolarismo a essere fuori tempo, e non ha torto chi lo ritiene un vecchio arnese da rottamare…
Lascerete almeno che il presidente dei Popolari piemontesi la possa pensare diversamente, e ritenga invece che vale ancora la pena di tenerne accesa la fiammella.
Ma sono rimasto l’unico a ritenere che la tradizione politica di Sturzo, De Gasperi, Dossetti, Moro, Donat-Cattin, Martinazzoli, Bodrato possa dare letture serie e ricette utili alla dura realtà del nostro Paese?


Andrea Griseri - 2013-12-16
Il bipolarismo non può per sua natura rappresentare la complessità del corpo sociale ma è la condizioone per la famosa "governabilità": questo è il dilemma in cui ci dibattiamo. Quale compromesso o quale sintesi fra queste due istanze apparentemente inconciliabili? Il bipolarismo"decisionista" potrebbe essere mitigato dalla presenza di partiti forti, radicati nel sociale, aperti alla partecipazione; il bipolarismo abbinato a un partito liquido (vd. osservazione pertinente di Risso!) è un rischio per la stessa democrazia ma se le decisioni sono cronologicamente e logicamente precedute da un processo di confronto (le correnti non come meri aggregati di interessi ma espressione di spinte ideali) e metabolizzazione si dovrebbe ricreare un equilibrio "imperfetto" fra le due esigenze contrapposte.
Giuseppe Ladetto - 2013-12-09
Caro Alessandro, pur non avendo alle spalle una storia di appartenenza a questo mondo al quale tuttavia guardo con attenzione, ho apprezzato il tuo articolo sulla condizione critica dei popolari entro il PD. Hai mostrato coraggio facendo una analisi lucida della situazione e rifiutando il percorso proposto da Renzi, sicuro vincitore della corsa alla segreteria. Temo che finirai in una posizione di isolamento in questo nostro paese dove i più sono lesti a correre sul carro dei vincitori.
Giorgio Pollini - 2013-12-07
Non credo proprio che Risso sia rimasto l'unico. Facciamolo sapere anche agli altri che non è l'unico. Domani andrò a votare, ma voterò scheda bianca
Pier Luigi Tolardo - 2013-12-07
La Corte Costituzionale ha giustamente deciso che il Porcellum non è compatibile con la Costituzione democratica del nostro Paese: l'impossibilità radicale per l'elettore di scegliere i propri rappresentanti che ha indebolito il rapporto popolo-istituzioni e abbassato notevolmente la qualità della rappresentanza parlamentare e un premio di maggioranza inaccettabile anche per i più radicale dei maggioritari, non potevano essere accettati dalla Corte di garanzia del nostro ordinamento. Ed è bello che un cittadino dal nome che richiama un'antica tradizione laica e liberale abbia potuto dove gli apparati facevano un'incredibile resistenza... questo ci tranquillizza sul fatto che se anche i partiti sembrano allontanarsi troppo dai cittadini i cittadini possono anche, fuori dai pariti ma non necessariamente contro di essi, dare un contributo determinante alla vita democratica, anche, perchè no, quelli costituiti in associazioni come la nostra... Mi ha indignato un po' che Renzi sia risentito alquanto della sentenza della Corte, che abbia palesato un forte fastidio per quella che definisce un'ingerenza ed è invece è una reazione alla prepotenza della legge voluta dalla destra berlusconiana e leghista, davanti ad una politica indifferente e opportunista. Certo, la Corte può solo garantire mentre la politica deve gestire e regolare innanzitutto la democrazia... Qui, sembrano allora vere le ricostruzioni dietrologiche: Renzi voleva andare a votare a marzo con il Porcellum, dopo una battaglia solo formale pro-maggioritario, certo che il grande seguito popolare gli avrebbe fatto guadagnare il premio e che grazie a liste nominate di parlamentari piddini, grazie al recente controllo del Partito ottenuto con le Primarie si sarebbe blindato anche un consenso duraturo e docile... Mi pare in ciò che Renzi sia veramente un politico post-dc, spregiudicato, laico, pragmatico all'ennesima potenza, per questo non voterò per lui alle Primarie, né per Cuperlo, onesto erede di una tradizione politica non mia o per Civati, bravo ma inguaribilmente laicista. Salto il turno non senza qualche inquietudine per il futuro della nostra Patria...
franco maletti - 2013-12-06
A questo punto mi chiedo quello che in verità mi sto chiedendo da tanti e tanti anni: che cosa ci impedisce un riavvicinamento ed un confronto sui valori che sono sempre stati patrimonio comune? Il personalismo e la voglia di protagonismo di alcuni? Io ho sempre immaginato che quando sarebbe esploso quello che per semplificazione chiamo il berlusconismo sarebbe iniziato un lento ma inarrestabile processo di implosione che ci avrebbe riportati alla riaggregazione in un Partito Popolare: i valori del quale rimangono intatti e più urgente che mai dovrebbe esserci una loro applicazione. Sotto questi aspetti papa Francesco è una guida sicura anche per tanti non credenti. Sarebbe dunque il nostro momento. Ma come la mettiamo con i personalismi? L'unico modo, a mio parere, è quello di un confronto aperto con tutti quei sedicenti "popolari" per motivi di blasone, ma egoisti ed opportunisti nei fatti. Vogliamo provarci? Augurandomi piacevoli sorprese io ci sto.
Giancalo Tarella - 2013-12-06
Le distanze fondate sui principi, che sono la base del "popolarismo", che ci separano da Renzi, così ben esposte da te, sono le stesse, dalla sponda opposta, che separano i "Cuperliani" seguaci di D'Alema. Se volevamo rimanere ancorati ai nostri principi era meglio federarsi anziché fondare un "partito nuovo", che è stato regolarmente abbattuto nel suo percorso dai reduci dei DS, forse avremmo avuto pù voti nell'immediato ma non in futuro. Ora dobbiamo difendere i nostri valori nel partito contribuendo a non far tornare i massimalismi antichi. Per questo non capii il nostro appoggio a Bersani ed oggi dobbiamo appoggiare Renzi.
giuseppe cicoria - 2013-12-06
Le Tue osservazioni io le ho già da tempo recepite e, per questo, non ho rinnovato la tessera al PD. Con la loro politica non concordo quasi niente. Sulle autonomie locali anche io ero in passato un convinto sostenitore. Nel corso degli anni mi sono,però, ricreduto avendo fatto il pieno di delusioni! Il decentramento ha causato un enorme aggravio di costi della gestione della cosa pubblica, una inestricabile sequela di norme contraditorie e diverse addirittura da paese a paese, un abnorme potere di interdizione da parte dei diversi organi di comando che hanno purtroppo distrutto l'Italia con una soffocante burocrazia, una arlecchinata situazione di imposizioni fiscali con inaccettabili disparità di trattamento dei cittadini da Comune a Comune, una anticostituzionale diversità di trattamento sanitario da Regione a Regione e, poi, una polverizzazione diffusa di corruzione e ladrocini sulla collettività. Anche considerando l'enorme sviluppo delle comunicazioni sia terrestri che telematiche ritengo che il problema vada affrontato e si debba avere il coraggio di fare molti passi indietro su questo tanto amato "decentramento"! Cari saluti e buon Natale a tutti.
beppe mila - 2013-12-06
Alessandro il tuo pezzo è lucidissimo, direi un po' amaro ma anche caustico e sono straordinari tutti gli interventi qui sotto, dei quali per ognuno andrebbe fatto tesoro il suggerimento riportato in essi (salvo i velati inviti all'astensionismo ed al ritirarsi sull' Aventino). Però permettimi: una frase stona ed è fuori tempo nel tuo pezzo, quella dell'accenno alle coppie omosessuali. Io, a costo di apparire politicamente scorretto non condivido nulla della moda del momento di vezzeggiarli, però... però: di ritorno dal viaggio in Brasile, papa Francesco a specifica domanda rispose: "Chi sono io per giudicare se è o non è un buon cattolico una persona solo perchè omosessuale?". Per cui basta sacrificare tutto sull'altare di questi vecchi dogmi che ci imprigionano, saran ben meno pericolosi alla società le coppie omosessuali di tante coppie etero con lui yuppie rampante impegnato a fregare gli altri con la finanza creativa e lei vanitosa ed egocentrica che spinge lui ad avere sempre di più (a danno degli altri). Non è ora di fare una riflessione su questi falsi fantasmi?
Luchino Antonella - 2013-12-06
Buongiorno, oggi su La Stampa, ho visto l'articolo dal titolo "Renzi in rotta di collisione con il tandem Letta_Alfano e il sottotitolo "Strategie contrapposte, sul maggioritario all'orizzonte un asse Pd-Berlusconi". Confesso che mi e' venuto il voltastomaco nell'apprendere che sarebbe possibile un asse con Berlusconi!!!! Il signor Berlusconi ha impoverito l'Italia, ha trasformato l'illegalita' nella legalita', ha fatto di tutto e di piu' e adesso il PD starebbe pensando di riallearsi con questo signore? In politica tutto e' possibile, ma arrivare a tanto............... Io comunque in qualita' di simpatizzante andro' a votare domenica 8, nella speranza che finalmente ci sia una svolta e un rinnovamento. Soprattutto auspico che ritornino ad avere un peso i politici provenienti dall'ex Partito Popolare. Grazie dell'attenzione.
Monica Canalis - 2013-12-05
Nella lucida analisi di Alessandro Risso mancano due punti: l'intenzione di Renzi di aderire al PSE (già ricordata da Franco Campia) e quella di cancellare del tutto il finanziamento pubblico ai partiti. Anche con Renzi segretario, tuttavia, continuo ad essere dell'idea che si possa incidere e "servire" meglio stando dentro il PD piuttosto che fuori.
Carlo Baviera - 2013-12-05
Bravo Risso. Aggiungo solo poche domande. Poichè non sono pochi coloro che, da qualche tempo, ripetono che è finito il popolarismo, che il PD non ha risposto pienamente alle esigenze, che altri tentativi (Rosa per l'Italia, Scelta Civica, ...) non hanno funzionato, perchè nessuno prende l'iniziativa di contattare gli altri spezzoni per tentare di costruire un primo momento unitario? E'possibile tornare a ragionare insieme tra ex popolari (con riferimento a Marini/Fioroni), franceschiniani, lettiani, Bindiani, Pezzotta, personalità che si erano rifugiate con Monti, rete c3dem (associazioni cattolico-democratiche), Tabacci, ... almeno su alcuni aspetti di programma e di linea politica (potrebbe farlo l'Associazione)? Come conciliare le preferenze per il proporzionale e quelle per un tendenziale bipolarismo che eviti ai piccoli partitini diritto di interdizione e porti alla vittoria di maggioranze certe? E' possibile che, nonostante la delusione del presente, si riaffermi da parte di tutti i succitati che si opererà sempre nell'ambito del riformismo e solidarismo di centro-sinistra, senza cedere a tentazioni di altro genere, compresi tentativi centristi e moderati? Dichiarandosi per il superamento di questo sistema economico e per una visione nuova della finanza, dei parametri europei che abbiano aspetti sociali e non solo monetari? E poichè, anche nel caso di una ripresa significativa del popolarismo, oggi chi vuole operare politicamente non può restare in piccole formazioni ma far parte di movimenti che "pesino" non si dovrebbe ragionare su come tonare in massa nel PD per condizionarlo o cercare di dividerlo per far rinascere qualcosa che sia il nuovo Ulivo, o un Partito delle comunità, delle autonomie e della partecipazione? Renzi, presumibile vincitore delle Primarie, un modello e una visione la porta; molti anche ex popolari lo voteranno proprio in chiave anti PD di sinistra. Urge qualcuno che interpreti i contenuti che tu indicavi in dissenso rispetto al renzismo e abbia capacità comunicative per farle diventare progetto politico, candidandosi ad un ruolo di leader per le prossime occasioni. Oggi, piaccia o meno, è l'ora del Sindaco di Firenze. Dobbiamo aspettare il prossimo giro.
Sergio Gaiotti - 2013-12-05
Alessandro, carissima persona, nel PD il Popolarismo è mai nato. Quindi non puo' essere morto ora. Ti saluto con tantissimo affetto. Sergio P.S. Finito il Partito Popolare di Martinazzoli - Gerardo Bianco io da allora non ho piu' preso tessere. Nelle ultime elezioni non sono nenache piu' andato a votare! E sono felice lo stesso!
Franco Campia - 2013-12-05
Non so se faccia piacere a Risso che il primo - o uno dei primi - ad intervenire sia chi tra i Popolari torinesi è stato tra quei "pochi altri (che) non accettarono la successiva scommessa del Partito Democratico" e proprio nel suo scritto ha trovato una solida conferma nella bontà della propria scelta. Volendo maramaldeggiare potrei anche aggiungere che tra i Popolari era ferma convinzione che il PD avrebbe dovuto connotarsi come un partito di centrosinistra e non confluente in sede europea nel PSE. Renzi ha dichiarato che il suo PD sarà un partito di sinistra ed aderirà al PSE. Parole vuote? Riferimenti ideologici superati dalla storia? Espediente elettorale per non risultare troppo scoperto "a sinistra" ? Valuti ciascuno. Mi sembra che gli amici popolari aderenti al PD dovranno digerire molti rospi, e quelli enumerati da Risso sono di proporzioni ragguardevoli. Non scrivo comunque con intento polemico o saccente perchè è impossibile ignorare che, nelle condizioni attuali, anche per coloro che sono rimasti estranei a quella scelta le prospettive appaiono fosche ed inconcludenti. Vedremo cosa ci riserverà il futuro.
giorgio merlo - 2013-12-05
Alessandro ha scritto un pezzo semplicemente "straordinario". Straordinario perchè coincide largamente con ciò che personalmente penso. Ma non solo. Tocca alcuni punti programmatici decisivi e costitutivi per chi continua a credere nei valori e nella cultura del cattolicesimo democratico e del popolarismo di ispirazione cristiana. Ritengo però opportuno riprendere la Sua riflessione e mi auguro che su questo tema si sviluppi un confronto leale, sincero ma appassionato tra di noi.
Aldo Cantoni - 2013-12-05
Caro Alessandro, certo non ti stupisci se dico di condividere totalmente le tue riflessioni, anzi da qualche tempo sono giunto, come sai, alle stesse conclusioni. Ma mi permetto di aggiungere una domanda: se le cose stanno cosi, qual' è il medico che ordina di rimanere nel PD? Ammetto di poter obiettare a me stesso: non aderendo al PD (come ho fatto) c' è forse il rischio di cadere dalla padella nella brace? La risposta porterebbe lontano.....
Mario Chiesa - 2013-12-05
Leggo, guardo la data e chiedo: E' un invito all'astensione?