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Lo Stato biscazziere
 
di Franco Maletti
 

In qualunque vero imbroglio i disonesti sono sempre due: quello che cerca di convincerti di un guadagno facile con poca fatica, e tu che accetti consapevole del fatto che una scorciatoia simile non può avvenire senza che un “qualcuno” finisca con l’essere danneggiato da quello che tu accetti di fare.
Nel gioco d’azzardo l’unico che non ci perde mai è il gestore del gioco. E diventa spesso molto difficile considerare “disonesto” qualunque gioco dove il gestore è lo Stato stesso: ovvero quella entità il cui unico scopo sarebbe di tutelare i suoi cittadini provvedendo a creare le migliori condizioni possibili per il loro benessere morale e materiale.
Oggi lo Stato italiano, con il nobile intento di “fare cassa”, oltre al monopolio del fumo (che uccide i suoi consumatori con il cancro), ha anche il monopolio legale e il controllo (diretto o indiretto) del gioco d’azzardo (che uccide i suoi consumatori privandoli del denaro).
Nello spendificio del gioco d’azzardo (ma come si fa a chiamare “gioco” una vera e propria malattia?) le proposte a disposizione del consumatore sono tantissime. E ogni giorno ne inventano di nuove e ancor più allettanti.
Ma il fine ultimo è sempre lo stesso: trasferire il più possibile soldi dalle tasche dei consumatori a quelle sempre più avide dello Stato. Magari attraverso l’utilizzo di intermediari con tanto di autorizzazione, al solo scopo di attenuare il giudizio morale da parte dei cittadini nei confronti di uno Stato biscazziere.
Del clamoroso dislivello esistente tra la vittima (il consumatore) e il carnefice (lo Stato) voglio fare un esempio prendendo come riferimento uno dei giochi più conosciuti e forse il più antico: il Lotto.
Nel gioco del Lotto ci sono novanta numeri che vengono estratti a sorte. Vince chi indovina uno o più dei cinque numeri estratti. Quindi si può tentare di indovinare un numero, oppure due (ambo), o tre (terno), o quattro (quaterna), o anche cinque (cinquina). Ovviamente, più numeri in sequenza si giocano e più alto è l’effetto moltiplicatore della somma puntata nel caso di vincita. Perfetto.
Ma quante sono le probabilità di vincere? Questa è una domanda che il giocatore non si pone quasi mai, mentre il gestore del gioco invece lo sa benissimo: il giocatore, giocando un numero secco, ha una probabilità su diciotto di vincere, mentre chi gestisce ha diciassette probabilità su diciotto di intascare i soldi giocati dall’incauto.
E allora, per chi non fosse ancora convinto, ecco il calcolo delle probabilità di vincita giocando i numeri secchi:
Ambo, una probabilità su 401.
Terno, una probabilità su 11.748.
Quaterna, una probabilità su 511.038.
Cinquina, una probabilità su 43.949.268.
Quindi, sulla vostra giocata per la cinquina, lo Stato ha 43 milioni e 949.267 probabilità (contro una sola!) di intascarsi i vostri soldi. Conviene ancora tentare la fortuna?
Sotto questo aspetto persino il calcio sarebbe più “onesto”: infatti le probabilità di fare tredici sono “soltanto” una su 1.594.923.
Ma, in conclusione, tentare la fortuna non è mai conveniente. Chi ci guadagna è soltanto chi propone il gioco e lo gestisce. I giocatori sono (sempre!) dei polli da spennare. E le clamorose quanto rare vincite favolose vengono pubblicizzate soltanto per aumentare il numero dei polli da spennare. Fatevi e facciamoci furbi: ogni volta che ci viene la tentazione di giocare mettiamo i soldi che avremmo voluto giocare in un cassetto. Più alta sarà la voglia di giocare più alto sarà il “gruzzolo” che troveremo in quel cassetto. Soldi sicuri. Vinti onestamente. Senza intermediari che ci lucrano su.


A. R. Labanca - 2013-08-19
Lo diffonderò fra i miei amici del quartiere, che affollano le tabaccherie versando l'obolo plurisettimanale: che siano pensionati con la minima o stranieri che si sono sbattuti a spostare cassette di frutta e verdura, mamme speranzose o figli dissipatori. Se fosse solo lo Stato (inteso come "cassa comune" che poi ridistribuisce con equità) a guadagnarci potrebbe ancora andare, tolto l'aspetto patologico: è che sono le società di gestione, e le mafie ad esso collegate, ad assicurarsi i lauti benefici.