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I processi archiviano un’era
 
di Giorgio Merlo
 

La dura, durissima sentenza contro Silvio Berlusconi – seppur solo di primo grado – inflitta dal Tribunale di Milano sul caso Ruby non potrà non avere profonde e devastanti ripercussioni politiche. E il pensiero corre veloce al biennio ‘92-‘94 quando, e sempre ad opera della Magistratura milanese, con la lotta contro “tangentopoli” si chiuse una lunga fase storica e politica riconducibile alla cosiddetta prima Repubblica. E la recente sentenza rischia di mettere fine a un'altra fase storica, più breve ma altrettanto intensa, che ormai viene comunemente definita come la seconda Repubblica. Una distinzione superficiale e approssimativa perché, se dovessimo tracciare un bilancio anche rapido, non si sono registrate grandi discontinuità politiche e culturali tra questi due periodi, se non un progressivo decadimento del ruolo della politica e della credibilità delle istituzioni democratiche.
Ma è indubbio che questa decisione della Magistratura è destinata a segnare un punto fermo nella storia della democrazia italiana e per la stessa prospettiva del nostro sistema politico. Del resto, per lunghi venti anni tutta la politica italiana è ruotata attorno ad un perenne derby tra il berlusconismo e l’antiberlusconismo. Se lo schieramento creato dal nulla dal fondatore della Fininvest nel ‘94 si è imposto all’attenzione della pubblica opinione italiana ed europea all'insegna di una forte personalizzazione della politica accompagnata da una sapiente ed efficace spettacolarizzazione del messaggio politico, l'alternativa si è sempre basata su una opposizione politica e personale al leader milanese.
È inutile negarlo. L'unico collante politico, culturale, ideologico e programmatico dello schieramento alternativo a Berlusconi è sempre e solo stata la figura di Berlusconi. Non a caso, tutte le maggioranze, seppur variegate e articolate, che il centrosinistra ha messo in campo dal 1994 in poi si sono sempre caratterizzate dall'opposizione alla figura di Berlusconi. Con motivazioni del tutto legittime e fondate, com'è ovvio. Ma senza un collante politico e programmatico solido e duraturo. Non a caso, la varie alternative messe in piedi in questi lunghi vent’anni si sono dissolte regolarmente perché non rappresentavano un’efficace alternativa politica ma solo schieramenti e cartelli elettorali contro una persona e ciò che quella persona rappresentava in termini politici, culturali, sociali ed etici. E chi dice – e c'è ancora qualcuno che sostiene caparbiamente questa tesi – che l'alternativa alla persona di Berlusconi è un valido e solido e duraturo progetto politico, dice ovviamente una panzanata smentita dai fatti, dagli accadimenti e dalle stesse formule politiche che di volta in volta si sono formate e poi puntualmente dissolte.
Ora, credo, si potrà voltare definitivamente pagina. Certo, ancora una volta è stata la magistratura – piaccia o non piaccia questo è il risultato – ad accelerare questo esito e questa prospettiva nuova. È ovvio, lo ripeto a scanso di equivoci, che non ci sono collegamenti diretti tra le sentenze della Magistratura e le scelte della politica e dei partiti. Ma è altrettanto indubbio che l’offuscamento della figura di Berlusconi, cioè del leader incontrastato del centrodestra, innesca movimenti di difficile decifrazione ma di sicuro impatto nella cittadella politica italiana. E il Governo Letta, nell'immediato, rischia di farne direttamente le spese essendo il primo bersaglio di questo terremoto politico e giudiziario.
Anche qui è bene essere chiari e non crogiolarsi nell'ipocrisia. Limitarsi a ripetere la litania ormai un po’ stucchevole che il governo è una cosa e le sentenze che coinvolgono Berlusconi un'altra, è un esercizio sempre più ridicolo e sempre meno credibile agli occhi di quasi tutti gli Italiani. Tutti sanno che queste sentenze, e quelle che arriveranno nelle prossime settimane, sono destinate inesorabilmente a modificare, anche in profondità, il quadro politico del nostro Paese.
Occorre prendere atto che siamo ormai alla vigilia di un cambiamento radicale della politica italiana e della sua capacità, finalmente, di sapersi rinnovare e di spogliarsi di quel derby che ha bloccato per ben quattro lustri le dinamiche del nostro sistema politico. Occorre prenderne atto. E questo vale sia per il centrodestra sia per il centrosinistra. Per quest’ultimo c'è adesso la possibilità concreta di dispiegare sono in fondo la sua ricetta riformista e democratica senza essere frenato dai condizionamenti massimalisti e demagogici che sono sempre stati determinanti, perché richiesti dalla necessità di battere il “nemico” raffigurato nella persona di Silvio Berlusconi.
Ora che questa pagina si sta per chiudere – purtroppo, ancora una volta, non attraverso la politica ma con le scelte autonome ed esterne della Magistratura – deve ritornare protagonista la politica. E il centrosinistra, se non è sempre e solo un cartello elettorale contro “qualcuno” o “qualcosa”, adesso ha la possibilità concreta e il dovere di dire veramente che cos’è e che cosa vuole.
Non ci sono più attenuanti e non ci sono più pericoli minacciosi all'orizzonte. È solo una questione di volontà e di intelligenza politica.


Antonella Luchino - 2013-07-10
Buongiorno, quando la smettera' il PD di correre dietro ai capricci di Berlusconi? Arrivare addirittura a bloccare i lavori delle Camere. Ma se invece di Berlusconi ci fosse un cittadino qualunque ci sarebbe tutta questa mediaticita'? E la legge sul conflitto di interessi quando sara' finalmente messa in cantiere? Personalmente dubito che i processi archivino un'era.
Stefano Godizzi - 2013-07-04
L'accelerazione degli eventi imporrebbe una ripresa di sobrietà e di concretezza, preludio al fatto che il centrosinistra indichi la direzione dove vuole portare il paese. La girandola di sigle (Ulivo, Unione, centrosinistra senza trattino, federazione ulivista, ecc...)non ha prodotto stabilità ma un inseguire l'onda del momento. Servono riferimenti solidi e non intuizioni estemporanee. La seconda repubblica ha conservato tutti i difetti della prima (aggravandoli!) ma non ne ha conservato i molti pregi. Nella nostra situazione servirebbe veramente un antidoto "popolare".
Umberto Cogliati - 2013-07-01
Per non più parlare di Berlusconi si continua a parlarne. A mio parere si esce da questo tormentone solo rifacendoci e volendo nuove regole. In fondo la democrazia è anche forma e in questo caso la forma è molto sostanza. La prima di queste regole è la riforma della legge elettorale. Se fatta bene, con questa approderemmo a due risultati: cancellare le indecenze del porcellum e consentire l'ingresso nelle istituzioni che contano di persone e linfa nuova. La gente ci ha messo un po' ma ormai ha capito che il centro sinistra e il centro destra sono più simili di quanto non si pensi, e il collante, vedasi le elezioni di febbraio, è stato proprio l'invereconda legge elettorale, e meno male che non ha "premiato" abbastanza. Al momento la situazione appare la seguente, purtroppo: Berlusconi come una giaculatoria sostiene il governo Letta ma nel contempo mena il can per l'aia sulla legge elettorale, legandola al contesto delle riforme, vale a dire portarla avanti più che si può; per fare che? Vedere come vanno le sue cose con la giustizia e valutare il momento buono per staccare la spina al governo e presumere di andare alle elezioni anticipate ancora col porcellum, credendo, dai sondaggi, di arrivare lui premiato. E' un po' fantascienza ma non c'è altra spiegazione. Anche il ritorno a Forza Italia è per portare l'attenzione su un elemento esterno che distragga l'elettorato dai guai berlusconiani. In questo scenario Letta è una sorta di agnello sacrificale alle fantasie di Silvio. Purtroppo l'annunciato (?) congresso del PD non si sta mettendo gran bene; anche qui, a parte i litigi quotidiani, il dilemma sulla identificazione del segretario col candidato premier viene spesa più o meno non come una regola ragionata ma per favorire un candidato o un altro. Il PD deve tornare alla serietà delle buone regole e non modificarle a ogni convenienza. Poi, si dice, aria nuova significa che le segreterie che hanno cannato stiano un po' fuori. Stimo Bersani ma mi pare che stia rialzando la cresta, forse rispolverando una vera o presunta (spero presunta) solidarietà del gruppone ex PCI, PDS, DS. Sarebbe la rovina.
Andrea Griseri - 2013-06-27
Fino a poco tempo fa una pubblicità di non so più cosa recitava: ti piace vincere facile? A me personalmente no. Nulla di duraturo si conquista senza fatica ci ripeteva la nostra antica proffia di ginnasio e aveva ragione. Non è che i nostri errori, le nostre contraddizioni, l'incapacità di decifrare il quadro di riferimento globale, la mancanza di coraggio, la mancanza di leadership (prima ancora che di leaders) hanno spianato la strada a Berlusconi per 20 anni? Ora il deus ex machina in toga scende dal cielo a fare giustizia dell'eroe negativo come in uno spettacolo metastasiano di 3 secoli fa ma noi restiamo più che mai preda delle nostre insufficienze. Oh! Lo spettacolo di questo popolo! Anziché di fiscal compact, delocalizzazioni, governo dell'economia si concentra sulla fondamentale questione "ma quei due hanno guardato la luna oppure...?" Molte imprese non investono in Italia anche per la lentezza della giustizia... quanto ci sarà costato questo processo?
franco maletti - 2013-06-27
La base di partenza, per tutti, è quella di un ritorno al senso etico ed al rispetto delle regole. Con buona pace di chi considera il moralismo oppressore della libertà. La strada la conosciamo. Papa Francesco ce la ricorda tutti i giorni. E nelle sue parole ci si ritrovano con entusiasmo tutte le persone oneste a prescindere dal loro credo. Altrimenti è la dissoluzione. Insieme al destino di essere maledetti dalle future generazioni.